Guide e How-to

Influencer marketing: che cos’è e quali sono i vantaggi per i brand

Dalle celebrità ai micro-influencer sui social media, tante le opportunità per i brand di creare awareness e nuove vendite grazie ai trend-setter. Ma occorre una precisa strategia per scegliere testimonial, canali e obiettivi, e il rispetto delle regole della pubblicità. Con una parola d’ordine: fiducia

Aggiornato il 30 Giu 2023

Influencer Marketing

L’influencer marketing è un insieme di attività che prevedono il coinvolgimento di un testimonial, un blogger, un creator digitale o un social reviewer, che possano testare, validare e poi comunicare ai propri seguaci la bontà di un marchio, prodotto o servizio. Alcuni esperti lo definiscono ormai superato o lo considerano la “Cenerentola” delle attività di marketing. Tuttavia lo scouting delle giuste risorse, il contatto e la selezione, il briefing e la revisione dell’output e, infine, il monitoraggio dei risultati ottenuti ne fanno una leva di awareness e conversioni dalle potenzialità notevoli. Tra “creator economy” e attenzione a non sconfinare nella pubblicità occulta, ecco una guida per comprendere come fare influencer marketing oggi.

Che cos’è l’influencer marketing

La definizione di influencer marketing non è semplice da contenere in una sola frase. Volendo semplificare, l’influencer marketing è un tipo di strategia che utilizza sponsorizzazioni e menzioni da parte di influencer, ossia individui che hanno un seguito social ampio e sono visti come esperti nella loro particolare nicchia.

Che sia food, tech, travel, business, fashion o beauty, Do It Yourself (DIY), automotive o lo stesso digital marketing, ogni settore ha i propri influencer, opinion leader, guru e trend setter, che testano novità, parlano di nuovi prodotti, diffondono notizie e recensioni sui propri canali.

Se fino a qualche anno fa gran parte di questa disciplina aveva come canale privilegiato i blog e i siti proprietari degli influencer stessi, oggi si utilizzano maggiormente i canali social più adatti al topic stesso.

Nel 2020 secondo lOsservatorio Multicanalità della School of Management del Politecnico di Milano e da Nielsen, il 65% degli utenti ha cercato online informazioni su prodotti e servizi da acquistare. Altroconsumo ha rilevato con una survey che nella fascia tra i 18 ed i 34 anni circa il 22% degli utenti ha deciso un acquisto seguendo il consiglio di un influencer.

Cosa si intende per influencer marketing? Non solo recensioni di prodotto, oggi “guidano” i creator

Attenzione a chiamarli influencer, testimonial o ambassador, il rischio di fare un effetto un po’ “boomer” è alto: oggi preferiscono essere chiamati creator digitali.
Dopo la fase pionieristica che ha visto nascere vere celebrities come la Ferragni o Clio MakeUp, ci troviamo a vivere un’era in cui il ruolo di influencer è stato democratizzato, anche grazie all’avvento di Instagram e soprattutto TikTok. La creatività è davvero al centro ma anche la capacità di realizzare dei “corti” (per non dire “cortissimi”) tecnicamente perfetti per ritmo, location e struttura narrativa, cavalcando trend e costruendo empatia con la propria community.

I detrattori possono pensare sia un lavoro semplice, o che non sia affatto un lavoro, ma la verità è che – al netto di fenomeni momentanei e meteore – i professionisti della creatività digitale fanno un lavoro a tempo pieno che mescola copywriting, fotografia, video-making e PR.

Secondo la ricerca “Future of Creativity” rilasciata da Adobe nella seconda metà del 2022, la cosiddetta creator economy sta consentendo a sempre più persone di monetizzare i propri contenuti, beni e servizi online facendo leva su creatività e passione. Negli ultimi due anni, quindi dalla pandemia in avanti, il mercato globale ha visto l’ingresso di oltre 165 milioni di nuovi creator, per un totale di 303 milioni di creator digitali a livello mondo. Lo studio dimostra anche che la Creator Economy sta ridefinendo diversi aspetti della cultura e della società, dal futuro del lavoro al modo di fare pubblicità delle aziende, fino ad arrivare alla promozione di cause sociali e temi importanti come ambiente, inclusività e salute mentale.

Come funziona l’influencer marketing

L’influencer marketing funziona grazie all’elevata fiducia che gli influencer hanno accumulato sui social da parte dei propri seguaci. I loro consigli vengono percepiti come una forma di potente social proof per i potenziali clienti di un brand.

Tornando alla questione degli ambiti e dei canali, è bene comprendere che ogni settore ha un proprio pubblico e dei social più adatti, ergo ogni settore avrà anche degli influencer più seguiti ed efficaci, attivi proprio su quelle specifiche piattaforme.

Per fare un esempio concreto Instagram – una delle piattaforme predilette per l’influencer marketing in generale – è molto versatile ma ha sicuramente un enorme seguito sui temi della moda, dei viaggi, del cibo in tutte le sue declinazioni con ricette e recensioni, del fitness e benessere, della bellezza, con un target quindi percentualmente più femminile, ma anche delle tematiche legate a psicologia e motivazione, digital marketing e innovazione.

YouTube, dal canto suo, è uno dei maggiori canali per tutto ciò che è automotive, DYI, tecnologia, con un target principalmente maschile in cerca di tutorial, video-recensioni e how-to informativi, che spesso precedono l’acquisto di un prodotto.

Strategie di influencer marketing

Concretamente, quindi, come fare influencer marketing?

Una buona strategia deve comprendere una serie di step e non può lasciarsi trasportare dal semplice “entusiasmo” di avere coinvolto il Vip più gettonato del momento o il guru del tema che stiamo trattando. Non è detto, infatti, che questo porti risultati reali. Ecco qualche suggerimento.

Scegliere un canale principale su cui fare scouting

Questo dovrà avvenire in base al proprio target di utenti, le proprie buyer personas, e alla tipologia di output che vogliamo ottenere. Se stiamo lanciando una nuova linea di cosmetici vegani 100% naturali, molto probabilmente Instagram sarà un ottimo canale per ottenere recensioni, stories, reel e dirette con le beauty-blogger più in voga. Se ci rivolgiamo a un pubblico estremamente giovane e vogliamo dare un taglio divertente, da valutare TikTok. Invece, se vogliamo mostrare dei veri tutorial di make-up professionali, molto estesi in formato video, la scelta più azzeccata sarà YouTube. Nulla esclude di ricorrere a un mix di canali diversi, ma tenendo presente che spesso gli influencer sono specializzati e molto seguiti su una sola piattaforma.

Settare un budget e capire come remunerare il lavoro degli influencer

Questo significa, in buona sostanza, fare outreach, ovvero ricercare e selezionare attivamente i profili in linea con il prodotto, servizio o marchio che vogliamo promuovere. Qui la domanda principale riguarda la “dimensione” dei profili stessi, che dipende molto anche dal budget a disposizione del brand. Pretendere di raggiungere e ingaggiare celebrities da svariate centinaia di migliaia di seguaci avendo a disposizione solo prodotti in cambio merce è, ovviamente, impossibile, ma potrebbe anche non essere il nostro obiettivo. Per prodotti molto di nicchia, ad esempio, possono essere più indicati i nano-influencer o i micro-influencer, cioè quegli account che hanno su IG dai 2.000 ai 10.000 follower, spesso molto specializzati e con un alto engagement rate sulla propria fanbase.

Fornire un brief chiaro sull’output desiderato

Linee guida di comunicazione da seguire, menzioni e hashtag da utilizzare. Non è una campagna digital automatizzata, non si tratta di fare pure advertising: gli influencer sono persone, con un proprio stile, e proprio per questo sono seguiti. È essenziale, quindi, fornire loro tutte le info per parlare del nostro brand in modo corretto, ma senza pretendere di imbeccarli su ogni dettaglio: non è solo per la loro fanbase, ma è proprio per la loro creatività e credibilità che li stiamo coinvolgendo. Le tipologie di collaborazione possibili sono molte: creare recensioni, dirette con altri soggetti coinvolti o con i portavoce dell’azienda stessa, video-tutorial, contenuti spiritosi e ingaggianti, sondaggi e give-away per i follower, ricette e contenuti più strutturati, come guide e approfondimenti a firma del testimonial, che diventano asset di qualità per il marchio.

Settare i propri goal in modo scientifico

Si tratta della solita, eterna questione dei vanity metrics: meglio avere un post con decine di like e commenti ma nessun ritorno reale oppure riuscire a generare conversioni dal lavoro dell’influencer? La risposta è: dipende. Se vogliamo fare awareness per un nuovo marchio o una nuovissima linea di prodotti la semplice diffusione di contenuto sarà il nostro goal principale, perché vorremo “far girare” il nuovo logo, pack o slogan. Se, invece, siamo una realtà consolidata che vuole potenziare la lead generation – far acquistare un articolo, far scaricare un’app, far compilare un form – allora attività più in ottica di affiliate marketing, cioè con una fee corrisposta all’influencer per ogni conversione ottenuta, saranno più utili. Anche secondo uno studio della piattaforma Talkwalker sono sempre più numerosi i brand che intraprendono campagne di influencer marketing orientate alla lead generation pura e non solo alla notorietà di marchio, come invece succedeva anni fa.

Raccogliere l’output

Tenere traccia delle pubblicazioni realizzate dagli influencer e analizzarle secondo gli obiettivi specifici di cui sopra. Si tratta di un’attività complessa, a metà tra le PR e il social media marketing, quindi spesso considerata non misurabile. Al contrario, è bene darsi dei numeri da poter analizzare: ad esempio, far veicolare ad ogni testimonial coinvolto un codice sconto personalizzato dedicato alla propria fanbase è un modo semplice e immediato, per un e-commerce, di misurare il ritorno dell’iniziativa, contando quante volte il codice è stato utilizzato e l’importo per ogni carrello.

Perché è importante per i brand: i vantaggi

I vantaggi di questo genere di attività per le aziende sono notevoli: in primis, si ha modo di mostrarsi attraverso la voce e il volto di un testimonial forte sulla propria customer base. Questo significa che il messaggio promozionale verrà veicolato in maniera meno smaccatamente pubblicitaria, ma secondo le logiche del content marketing, con uno stile e un tono di voce che la fanbase dell’influencer stesso ama e comprende. Il risultato? Maggiore efficacia e una percezione di fiducia, spontaneità e veridicità maggiori.

Ne ha parlato anche Massimiliano Dona di Unione Nazionale Consumatori nell’ultima edizione di Web Marketing Festival di novembre 2020. Nello speech “Influencer Marketing, mercato e consumatori”, questa disciplina viene definita attraverso 4 termini fondamentali, in ottica di percepito da parte dell’utente finale: autorevolezza, conoscenza della materia, posizionamento e relazione con la fanbase. In una sola parola: fiducia. I follower di un influencer lo considerano esperto e influente su un tema, ecco perché si fidano dei suoi consigli in merito a marchi, prodotti e servizi.

Se invece non si scelgono opinion leader e trend setter di altissimo profilo, ma si opta per un’accurata selezione di profili medi e micro-influencer, un vantaggio non di poco conto è la possibilità di contenere i costi.

Quanto costa fare influencer marketing?

Ma quanto costa ingaggiare un team di influencer per creare contenuti ad hoc al fine di promuovere un proprio servizio, un prodotto o un marchio?

La risposta, ovviamente, è “dipende”, in particolare dalla grandezza della community del creator e dalla sua notorietà. Non solo, bisogna tenere presente che, spesso, i creator che lavorano in modo indipendente sono più accessibili rispetto a quelli seguiti da agenzie di talent.

Esiste una vera suddivisione di questi professionisti per fasce di pubblico appartenenti alla propria community:

  • I nano influencer, tra i 1.000 e i 10.000 follower, hanno il vantaggio di lavorare per cifre contenute o persino in cambio merce, con contenuti semplici come le recensioni di prodotto, ma sono in grado di intessere forti relazioni con i propri seguaci, che li considerano veri amici;
  • I micro influencer sono capaci di ispirare tra i 10.000 e 100.000 follower, spesso in nicchie di mercato molto specifiche, creando così community settoriali, su temi come viaggi, food, lavoro, make-up, moda e altro, molto reattive;
  • I macro influencer hanno bacini tra i 100.000 e i 500.000 follower e sono, spesso, coloro che sono diventati professionisti della creazione digitale – su Instagram, YouTube o con il proprio Blog – già dagli albori del fenomeno, con un pubblico fidelizzato e cresciuto in modo organico nel tempo;
  • I mega influencer sono le star, le vere celebrità dell’ambito come le già citate Chiara Ferragni, Estetista Cinica e Clio MakeUp, ormai diventate personaggi pubblici, oppure i personaggi pubblici – come atleti o persone del mondo dello spettacolo – che hanno fatto il percorso inverso e hanno sfruttato la propria notorietà per diventare dei trend setter.

Cosa fa un influencer marketing manager?

Un ruolo non semplice, quello dell’influencer marketing manager, che mescola capacità creative, di project management e di gestione delle relazioni.

Un influencer marketing manager deve essere, innanzitutto, capace di fare un’analisi delle esigenze del proprio marchio per poi definire quali siano i creator più adatti a veicolare i propri messaggi.

Se la scelta dei testimonial giusti è fondamentale, lo è altrettanto il brief creativo che bisogna stilare e consegnare loro. Lasciare completamente libera la creatività dell’influencer a volte può essere rischioso e fornire almeno delle linee guida su cosa dire, cosa non dire e quali aspetti mettere in luce è molto utile.

Tenere tempi e scadenze di pubblicazione, gestire la relazione con i creator e fornire feedback sulle preview dei materiali è un altro compito di grande responsabilità, insieme alla gestione dei costi dell’operazione. Possibile anche la necessità di organizzare attività speciali, come eventi e blogger tour.

Infine, essenziale la raccolta del materiale creato e l’analisi dei KPI, ossia il monitoraggio di tutti quei parametri – incremento di follower su una pagina social aziendale, incremento di acquisti diretti per un ecommerce, engagement rate etc. – che fanno comprendere la bontà del lavoro svolto.

Branded content e normativa

Ci possono essere anche dei “contro” all’influencer marketing? In linea di massima no, ma bisogna prestare attenzione a ciò che la normativa impone come esplicitazione del carattere “a pagamento” di queste collaborazioni.

Essenziale mettere in pratica tutte le necessarie accortezze dal punto di vista legal: una collaborazione di tipo promozionale va sempre indicata, onde evitare di incorrere in sanzioni, sia per l’azienda che per l’influencer. Sono le stesse piattaforme social, Instagram e Facebook per prime, a suggerire automaticamente di inserire la dicitura specifica di “branded content” quando l’algoritmo rileva un contenuto di natura promozionale.

La normativa prevede infatti che quando vengono menzionati, utilizzati o inquadrati prodotti o brand, in particolare nei video in streaming sui social network, la loro natura promozionale deve essere portata a conoscenza degli utenti attraverso appositi disclaimer. Questi possono essere pubblicati nelle inquadrature di inizio e di fine del video o attraverso le dichiarazioni dello stesso protagonista. “Per una comunicazione corretta ,chiediamo sempre agli influencer di dichiarare apertamente il loro legame con Coca‑Cola attraverso alcuni accorgimenti, o di aggiungere, nelle comunicazioni sui social network, gli hashtag #AD + #CocaCola ogni volta che sia previsto un compenso “, si legge nel sito della società.

Influencer marketing pubblicità occulta

Influencer marketing e CTA sui social: quando sono pubblicità occulta secondo l’AGCM. Clicca sull’immagine per approfondire

Attenzione alla pubblicità occulta

L’influencer marketing non sempre segue queste regole. Per gli utenti può nascondere insidie: post contenenti pubblicità e sponsorizzazioni molte volte non sono ben riconoscibili e correttamente indicati, ma trasformati in un consiglio innocente o in prodotti “utilizzati” dall’influencer di turno.

Sebbene manchino delle norme specifiche, anche il sistema giuridico italiano si è dotato di alcuni strumenti per contrastare il fenomeno della pubblicità occulta nell’influencer marketing, che troviamo soprattutto nella cosiddetta Digital Chart adottata dall’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria  che fissa le regole per una pubblicità corretta a tutela dei consumatori, ma anche nel Codice del Consumo e nel Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale”, spiega l’avvocato Erika Stanca esperta in Diritto delle Nuove Tecnologie e Digitalizzazione delle Imprese.

Oltre al rispetto del principio di trasparenza e all’uso di diciture e ashtag specifici, come visto prima, l’influencer ha l’obbligo di segnalazione anche in caso di invio di materiale gratuito o di servizi gratuiti come ad esempio per una struttura alberghiera che ospita gratuitamente l’influencer per un soggiorno. Occorre inserire diciture quali “prodotto inviato da… brand”/ “gifted by”/ “supplied by”.

Una corretta gestione dei codici sconto

L’esperta spiega che è necessaria anche una corretta gestione dei codici sconto. In questo caso la gestione corretta della promozione varia.

  1. In assenza di accordo economico tra influencer e brand ed invio di prodotti omaggio con un codice sconto da offrire ai followers, l’influencer può limitarsi ad indicare la dicitura “supplied by”/”gifted by” potendo decidere autonomamente se “mostrare” tali omaggi o meno al proprio pubblico.
  2. Se esiste un contratto tra l’influencer ed il brand per mezzo del quale il primo oltre ad essere remunerato, riceve gratuitamente un prodotto ed un codice sconto da indicare ai propri followers. In questo caso, si esula dall’omaggio ed il post con il codice sconto deve essere accompagnato dalla dicitura “adv”.
  3. Se il prodotto fornito gratuitamente all’influencer ha un valore economico di pregio e rappresenta il corrispettivo della collaborazione con il brand, contrattualmente regolata. Il brand oltre al prodotto gratuito fornisce all’influencer anche un codice sconto per i suoi followers con obbligo imprescindibile di pubblicità e sponsorizzazione del prodotto sui social, da segnalare con la dicitura “adv”.
  4. L’influencer propone un codice sconto sull’acquisto di un prodotto ma viene remunerato per la promozione solo con il riconoscimento di una percentuale in caso di utilizzo del codice: in questo caso deve indicare la dicitura “link affiliato” all’interno del post promozionale, come nell’affiliate marketing.

Attenzione all’effetto boomerang

Il colosso cinese del Fast Fashion Shein è da annoverare tra i prionieri dell’Influencer Marketing. Soprattutto negli Stati Uniti, l’azienda si è costruita un seguito enorme lavorando sulle microinfluencer e chiedendo ai suoi clienti di postare foto degli outfit realizzati utilizzando l’ashtag #sheingal (ragazza Shein), a fronte della ripresa di queste immagini sul proprio canale ufficiale di eCommerce.

L’azienda è però da tempo nel mirino dei detrattori e dei media per il suo modello di produzione poco etico, superveloce e a prezzi stracciati associato, secondo quanto dimostrato da diverse inchieste (nota, in proposito, quella dell’emittente britannica Channel 4), a pratiche di sfruttamento del lavoro minorile, processi particolarmente inquinanti e utilizzo di materiali addirittura tossici.

Di recente, l’azienda ha tentato di ripulire la propria immagine compromessa invitando nelle sue fabbriche di Canton alcune delle principali influencer statunitensi del mondo della moda. La mossa però si è rivelata un boomerang per il brand, che ha ricevuto una pioggia di critiche.

Anche le influencer coinvolte sono state subissate di commenti negativi. Quelli più feroci hanno avuto come bersaglio la modella curvy Dani Carbonari, che sul suo account Instagram aveva postato un video (poi rimosso) del viaggio stampa commentando di sentirsi “emozionata e colpita” dalle condizioni di lavoro dei dipendenti Shein.

Dopo il vespaio che si è sollevato, quasi tutte le social icon coinvolte hanno fatto dietro front.

Articolo originariamente pubblicato il 23 Lug 2021

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