Management

Data-driven: cosa significa e perché un approccio basato sui dati è importante in azienda

Cos’è una Data-Driven company? Si tratta di un’azienda che è guidata dai dati ed è quindi in grado di prendere decisioni basate su fatti oggettivi, e non su sensazioni personali. La tecnologia digitale è fondamentale, ma si tratta di un passaggio strategico in grado di portare la cultura del dato a tutti i livelli aziendali. Il Marketing, in particolare, è ormai strettamente legato a Digital e Web Analytics

Pubblicato il 28 Ott 2021

Avere un approccio data-driven significa far fruttare il tesoro dei Big data nelle imprese e utilizzare in modo efficace i dati nel processo decisionale. Nel marketing, per esempio, l’analisi dei dati dei clienti (Customer Analytics) è ormai prassi comune per diverse organizzazioni perché permette alle attività di digital marketing di trainare la crescita dell’azienda, costruendo relazioni più significative e durature con i clienti.
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Cosa significa data-driven company: un approccio basato sui dati

Le aziende data-driven sono quelle che considerano la gestione dei dati (data management) non come un fattore tecnico, ma come un pilastro strategico del business. Essere data-driven significa farsi guidare dai numeri, avere un approccio basato sui dati, per prendere decisioni informate, basate su fatti oggettivi e non su sensazioni personali. La trasformazione in data-driven company non può dunque avvenire con la sola tecnologia, ma con un percorso di change management in grado di portare la cultura del dato a tutti i livelli aziendali. Oggi i CEO e i manager hanno bisogno di informazioni che li aiutino a capire cosa riserva loro il futuro. Avere a disposizione dati corretti, freschi e rilevati con frequenza è fondamentale. In un mondo così veloce, non basta rivolgere l’attenzione al passato, all’analisi di metriche e KPI basati su serie storiche, alla generazione di statistiche e report a consuntivo per effettuare analisi dei dati sui comportamenti degli utenti o per individuare problemi tecnici o eventi critici.

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Pensiamo ad esempio alla gestione in tempo reale di macchinari industriali connessi per la manutenzione predittiva, applicata nel caso dell’industria 4.0, o alle transazioni finanziarie e alle assicurazioni, dove l’analisi dei dati serve a individuare le frodi o, ancora, al marketing, dove è necessario ormai anticipare i comportamenti del consumatore conoscendo i suoi gusti.

Un esempio di eccellenza è Spotify, che, con il suo sistema di suggerimento dei brani basato sull’analisi delle preferenze, è una delle aziende più note per avere investito notevoli risorse nel data driven decision making. E’ un approccio che applica a tutta l’organizzazione, avendo creato al suo interno team di dipendenti completamente dedicati allo sviluppo di una piattaforma che raccoglie e analizza dati in modo automatico. Di recente, Spotify ha voluto seguire questa direzione anche dal punto di vista tecnico-infrastrutturale con l’obiettivo, da parte dei tecnici, di rispondere alle domande che i manager si pongono, assicurandosi che l’infrastruttura tecnica sia in grado di fornire i dati di base su cui poter ragionare. In questo modo, diventa chiaro capire qual è la prioritizzazione di intervento sul miglioramento tecnico.

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Cos’è e come adottare una strategia aziendale Data-Driven

Una volta compreso cos’è il modello Data-Driven, sorge spontanea una domanda: quali dati occorrono? Il lavoro preliminare da fare è osservare e comprendere processi e comportamenti e trovare il modo migliore di quantificarli e misurarli, individuando ciò che è realmente importante per ciascuno. Ad esempio: quanti clienti, quando comprano, quante transazioni, quanto spendono. Ma anche quanti anni hanno, quando è il loro compleanno, che personalità hanno.

Una volta individuati i dati significativi, le aziende devono raccogliere i dati, governarli, proteggerli e analizzarli, il che implica la comprensione del ruolo che giocano Intelligenza Artificiale e Machine Learning, IoT e Advanced Analytics nella gestione di grandi volumi di dati, i cosiddetti Big Data. Occorre dunque una Data strategy.

Una strategia data driven richiede di partire con la misurazione sin dalle battute iniziali di un progetto: recuperare i dati in un secondo momento non è la strada migliore.

I dati devono essere parte integrante della strategia competitiva, considerando quinti il contesto macroeconomico, i benchmarking con l’industria di riferimento, il modello di business aziendale. Partendo da qui, si possono implementare e misurare le azioni che permettono di comprendere la posizione competitiva aziendale ed i bisogni dei clienti. In altre parole, il focus su dati, numeri e misure quantitative non dovrebbe sostituire il valore della visione.

La cultura del dato passa anche attraverso la sicurezza. Alle aziende servono infrastrutture potenti e affidabili e che la gestione intelligente del dato non potrà trattare la Data Protection come un extra ma come un importante pilastro del business stesso.

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Le fonti di dati: quali prendere per fare analisi davvero utili

Escludendo la funzione Finance, che è da sempre la prima fonte di dati per la gestione aziendale, l’ambito dove la trasformazione data-driven è più rilevante oggi è il Marketing, con l’obiettivo di prevedere i comportamenti dei clienti e aumentare le vendite personalizzando le proposte sulle singole preferenze. Secondo uno studio Salesforce, nel Marketing continuano ad aumentare le fonti di dati: in media sono passate da 8 a 10 nel 2021, e tra queste le più comuni sono CRM, ERP, eCommerce, Contact center, sito Web e Mobile App. Si prevede che diventeranno 45 nel 2025.

Un altro ambito degli Analytics è quello dell’ascolto del cliente, ovvero l’analisi della VoC (Voice of the Customer), cioè delle opinioni lasciate dai clienti durante le molteplici interazioni con i brand, che viene effettuata in automatico scandagliando sistematicamente i loro feedback, sia quelli pubblici, per esempio i commenti sui social, le recensioni e le stellette (star rating), che quelli privati, come le survey o la soddisfazione del customer care. Tutti questi dati, ottenuti interpretando i testi con piattaforme intelligenti, permettono di comprendere cosa davvero pensano e disiderano i clienti.

Anche per la Direzione HR l’approccio data-driven sta diventando una priorità di innovazione. Gestire e analizzare dati relativi al personale aiuta a fornire un maggiore supporto decisionale e strategico in termini di acquisizione, gestione, sviluppo e retention delle persone. I dati da trasformare poi in informazioni utili per la Direzione HR sono ad esempio quelli di performance, tassi di retention e turnover, contributi social media, risultati delle survey di clima, leadership and competence assessment.

In ambito industriale, ovvero in Produzione e nella Supply Chain, l’Internet of Things, che rende ogni oggetto un dispositivo connesso e comunicante, ha creato innumerevoli opportunità legate all’accesso a nuove fonti di dati. I sensori sono in grado di inviare informazioni in tempo reale e i tag tengono traccia di ogni spostamento. Ciò sta determinando nuove esigenze sul piano della gestione dei dati stessi, sia in termini infrastrutturali che analitici.

Come anticipato, ogni azienda deve saper individuare i dati significativi per il proprio business in ogni ambito applicativo. Nel Marketing, i dati di prima parte, quelli raccolti direttamente a archiviati nel CRM, sono senza dubbio i più pregiati, e vengono poi integrati con i dati di terze parti, soprattutto quelli provenienti dai social, per generare profili utente ed erogare contenuti in maniera ottimizzata, migliorando così i risultati delle campagne.

Le aziende più avanzate sono oggi in grado di acquisire e analizzare i dati in tempo reale, nel momento stesso in cui si generano, per creare proiezioni e ipotesi che, grazie all’applicazione di algoritmi di Machine Learning, sono sempre più precise e veritiere. Si parla in questo caso di Advanced Analytics, tecnologie che permettono di utilizzare i dati non solo in modalità descrittiva, come avveniva nei tradizionali sistemi di Business Intelligence, ma anche in modalità predittiva e prescrittiva, anticipando problemi e comportamenti, bisogni e tendenze.

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Data-Driven Marketing: cos’è e perché è necessario

I sistemi di Marketing Analytics, ovvero tool e processi per l’analisi dei dati di Marketing, e in particolare i Web Analytics (o Digital Analytics), sono ormai parte integrante del lavoro dei marketing manager. Tutto accade velocemente, come mai fino ad ora. Dati e analytics sono ora così intrecciati con la strategia di marketing, che le aspettative sul lato marketing sono cambiate: le aziende richiedono familiarità con i dati come prerequisito per essere un buon professionista di marketing, competenze che vanno complementate con capacità creative.

Il Marketing Data Driven è diventato importante con l’avvento del digitale. Il customer journey è multicanale, si snoda fra negozi fisici e online, e senza i dati è difficile capire chi è e cosa il consumatore. Spesso le ipotesi si rivelano sbagliate: l’unico modo per cercare di sapere chi è e come si comporta ciascun individuo è affidarsi ai dati.

Naturalmente l’alta dirigenza non è interessata a conoscere il tasso di apertura dell’ultima campagna e-mail, o di quanti like riceva un post su Facebook, click-through rate, impression, e reach di un post. Ma il marketer sa che questi dati sono importanti nella misura in cui possano essere collegati a ricavi e profitti.

I vantaggi del data driven marketing sono evidenti: campagne effettuate con strumenti di marketing automation su segmenti di clienti profilati ottengono conversioni molto più elevate delle campagne generiche, effettuate su target poco conosciuti. Il risultato finale è dunque un incremento delle vendite. Il focus del marketing data driven è la Customer experience personalizzata: solo con esperienze personalizzate il Marketing può creare engagement e raggiungere l’obiettivo della fidelizzazione al brand.

La personalizzazione dell’esperienza d’acquisto ha però un’altra faccia della medaglia: si rischia di essere invadenti e fastidiosi. Occorre rispettare la privacy dei clienti. I dati personali vanno raccolti chiedendo il permesso, garantendo sicurezza e sempre ottenendo il consenso dai clienti stessi. Meglio essere trasparenti, ovvero spiegare quali dati vengono raccolti e come verranno utilizzati. Da ultimo, va ricordato che in cambio dei loro dati personali bisogna fornire un valore ai clienti, in termini di prodotti di qualità superiore ed esperienze migliori.

Come raccogliere i dati utili per conoscere il cliente

Il primo obiettivo di un brand è sempre arricchire il database clienti, il CRM, aumentando la quantità e migliorando la qualità delle informazioni raccolte, con lo scopo di rendere più efficaci le strategie di ingaggio e fidelizzazione attraverso la Marketing Automation. Si parla anche di dati di prima parte. Va dosato l’effort bilanciando quantità vs qualità dei contatti, privilegiando quei dati che ci permettono di conoscere i clienti, dati che dipendono dal tipo di business. Ad esempio, se si vendono prodotti per bambini sarà determinante sapere per tempo quando una mamma è incinta, se invece si vendono pneumatici è fondamentale conoscere il modello dell’auto acquistata. E così via.

Si creano così profili coerenti non solo con le caratteristiche socio-demografiche, ma anche con le reali abitudini ed esigenze dei clienti, sia che acquistino on line sia che visitino gli store fisici.

Queste informazioni vengono poi utilizzate per le attività di eMail Marketing, Mobile marketing, promozioni in store, proximity marketing e via dicendo.

Per arricchire il CRM si possono mettere in campo varie attività mirate a raccogliere dati forniti volontariamente in cambio di vantaggi come buoni sconti, premi e omaggi. Uno strumento chiave per conoscere i comportamenti d’acquisto e veicolare promozioni mirate sono le fidelity card.

Un altro esempio sono le indagini. Un brand di gioielli, che punta molto sugli acquisti regalo e le ricorrenze, ha ad esempio chiesto con una survey online ai propri clienti dati essenziali come quelli sulla situazione sentimentale, per arrivare ad esempio a capire quando festeggia il suo anniversario di nozze o se ha figli in età da Battesimo o Comunione. L’esperienza ha confermato che il cliente è ben disposto a fornire queste informazioni se capisce che questo permette di migliorare la sua esperienza d’acquisto e se la sua pazienza nel compilare campi è premiata con il giusto incentivo.

Oggi l’obiettivo dei marketer è quello di integrare più fonti di acquisizione dati in un profilo unico: e-commerce, Pos, campaign management, customer database, carte loyalty, attività sui social. La tecnologia permette di tracciare in modo integrato non solo gli acquisti online ma anche le azioni social, come i like a un post e le condivisioni, che pur non traducendosi in fatturato sono indicative del grado di coinvolgimento del cliente.

Dal punta di vista tecnologico, tutti questi dati provenienti da varie sorgenti, strutturati e non, convergono in un datalake, il lago dei dati, un abilitatore importante in questo genere di progetti, in quanto tecnologia flessibile e aperta..

Un altro tassello tecnologico cruciale è la Customer Data Platform (CDP), un’evoluzione delle DMP, Data Management Platform. Si tratta di un data base unico, gestito dal marketing, accessibile da tutti i sistemi di Marketing Automation. La CDP ha quattro funzionalità chiave.

  • Raccoglie i dati, in real-time, relativi ai singoli individui e provenienti da fonti diverse, offline e online.
  • Consolida i singoli profili a livello individuale, collegando gli attributi alle identità da diversi device
  • Segmenta, ovvero gestisce segmenti in base a regole predefinite. Deve essere anche possibile importare e sviluppare modelli sui clienti creati in ambienti esterni, utilizzando advanced analytics o sistemi di data science
  • Attivare: alimenta campagne email, messaggi su smartphone e data-driven advertising.

L’intelligenza aziendale passa dai dati

Le imprese devono sviluppare una cultura aziendale centrata sull’utilizzo dei dati, sulla collaborazione con i dati e sull’innovazione con i dati, rendendo questa cultura una componente della propria identità. Ne è convinta anche società globale di ricerca IDC che conia anche il termine di “intelligenza aziendale” per definire la capacità di un’organizzazione di sintetizzare le informazioni di cui ha bisogno per apprendere, applicando la conoscenza risultante su larga scala. L’intelligenza aziendale si articola in tre aspetti: la capacità di sintetizzare le informazioni è il processo di conversione dei dati in informazioni e poi in conoscenza; la capacità di apprendere si riferisce alla consapevolezza e alla comprensione delle relazioni tra le varie informazioni e conoscenze precedentemente sviluppate, nonché la loro applicazione a un particolare problema; l’applicazione della conoscenza su larga scala è il supporto decisionale a tutti i livelli aziendali, dai dirigenti ai lavoratori, fino alle macchine attraverso strumenti di automazione. Tuttavia sebbene la spesa per servizi e soluzioni di analisi e gestione dei dati continuerà a crescere con un tasso a due cifre, IDC rivela che soltanto il 29% delle organizzazioni intervistate afferma di essere “molto preparata” ad affrontare le sfide sul fronte dei dati nel prossimo futuro. Il maggior freno alle iniziative aziendali sui dati è rappresentato da ostacoli a livello culturale, e non tecnologico, per il 90% delle imprese. Il rischio, conclude IDC è quello che se entro il 2024 le aziende non saranno in grado di controllare la crescita dei dati, la capacità di analisi e il proliferare di silos decisionali sperimenteranno un raddoppio della povertà d’attenzione con l’incapacità di separare i segnali dal rumore, ovvero di apprendere e trasformare la conoscenza in un vantaggio competitivo.

Le sfide del Data-Driven marketing

Come appare chiaro, la prima sfida del data-driven marketing è la data governance, fondamentale per venire a capo di volumi enormi di dati estratti da fonti molteplici, in formati diversi e a frequenze variabili.

Secondo problema: i dipartimenti di marketing spesso si trovano privi degli specialisti e dei processi necessari ad analizzare, capire e mettere a frutto i dati e ricorrono a un poco efficace reporting retroattivo. Per superare queste complessità Deloitte ha compilato un vademecum su come realizzare un marketing basato sui Big data capace di generare valore. Secondo un’analisi pubblicata sul Wall Street Journal, i marketers hanno difficoltà a gestire l’approccio basato sui dati: cercano di sfruttare i Big data per campagne mirate e personalizzate e per accrescere la visibilità, ma con risultati insoddisfacenti.

1 – Date un senso ai dati

I dati valgono poco se non sono in forma utilizzabile. Ci sono i dati dei propri clienti o utenti, e quelli di seconde o terze parti, e vanno messi in ordine di priorità. Siccome è improbabile che una sola tecnologia faccia questo, l’efficacia nasce dalla combinazione di più prodotti: online analytics, piattaforme di data management, CRM, piattaforme per la vendita e così via.

2 – Sperimentate

Oggi esistono il machine learning, l’intelligenza artificiale e il cognitive analytics, ma sono le persone a decidere come usare i dati: la scienza dei dati produce i risultati più soddisfacenti. Ai marketers il compito di sperimentare: fare ipotesi con singoli set di dati e approcci semi-manuali, appoggiandosi al data scientist per estrarre valore e analizzare i dati significativi. Gli approcci automatizzati e basati su algoritmi servono, ma il valore si crea con l’intervento della scienza dei dati e dell’esperienza. umana.

3 – Focalizzatevi

Sperimentare non basta: occorre focalizzarsi su specifiche opportunità, puntando a creare valore su specifici passaggi del customer’s journey. Attenzione: customer journey, non marketing, sales o service journey. Date priorità a segmenti, fasce di utenti e fasi del “viaggio” in base ai dati di conversione e all’analisi delle correlazioni. Definite gli obiettivi di business e partite mirando all’obiettivo che è più a portata di mano.

4 – Le opportunità del predictive learning

Tornando a machine learning, intelligenza artificiale e analisi cognitiva, quanto contano? “Importanti, necessarie, ma non pronte per sedere al posto di comando perché non sono tecnologie mature”, risponde Deloitte. Bisogna dunque capire che cosa è possibile ottenere oggi da questi strumenti e che cosa è solo sperimentazione e non dimenticare le piattaforme che si integrano subito con i sistemi di marketing esistenti (come rilevamento delle anomalie e individuazione di trend, segmenti e propensione), cercando anche di anticipare le evoluzioni in piattaforme di marketing in cui la vostra organizzazione ha già investito.

5 – La gestione dei dati deve essere integrata e rel time

Gestire le molteplici e disparate fonti di dati ha costi e tempi proibitivi se è un’operazione completamente manuale. L’uso dei dati richiede una combinazione di processi e policies che includono una chiara data governance e un approccio agile. Abbandonare il sistema della reportistica mensile e delle previsioni trimestrali, che generano conoscenza episodicamente e non in tempo reale, vuol dire mettersi sulla strada per il successo: dovete fondere insieme dati, analytics, strategie, persone, processi e tecnologie.

6 – L’uso etico dei dati deve essere la base

Usare i dati per prendere decisioni in tempo reale o quasi offre enormi opportunità ma col rischio di calpestare i diritti alla privacy e alla sicurezza. Sono questioni che non possono essere considerate a posteriori: la strategia del data-driven marketing deve includere all’origine la protezione dell’azienda e della sua audience dalle cyber-minacce e una solida difesa dei dati dei clienti. I dati sono la nuova forma di potere ma, come si suol dire, dal potere derivano anche le responsabilità.

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