Reportage

Cosa chiedono oggi i “Connected Customer” e come le aziende rispondono nell’era del digital first

Il cliente connesso è protagonista di esperienze d’acquisto personalizzate, omnicanali e fluide, le aziende devono costruire un rapporto basato su fiducia e gratitudine. I punti chiave del report Salesforce State of the Connected Customer e le esperienze di Safilo, Fater, Twin-Set, Miroglio e D&G

Pubblicato il 28 Giu 2022

Salesforce

Di cosa hanno bisogno e soprattutto cosa si aspettano oggi i consumatori dalle aziende? In che modo i brand possono conquistare, mantenere e costruire un rapporto di fiducia nei loro confronti? Il report State of the Connected Customer – presentato in occasione del Salesforce Live Milano 2022 -, mira a comprendere il livello di engagement dei consumatori, divenuti appunto Connected Customers, clienti connessi, nel nuovo mondo digital first che ha cambiato le norme del commercio, del lavoro e della vita quotidiana, spingendo consumatori e brand a ridisegnare i confini di nuove relazioni.

Il report State of the Connected Customer

Sono stati oltre 17.000 i consumatori e manager aziendali intervistati in 29 paesi, – di cui 650 in Italia –  con l’obiettivo di individuare i trend di mercato, per supportare e accompagnare le aziende nell’implementazione di strategie e soluzioni più idonee ed efficienti.

Non solo la pandemia, ma in generale il cambiamento delle necessità dei consumatori e le nuove generazioni dalla mentalità completamente nuova portano le aziende a compiere una totale revisione delle operations in tutti gli ambiti: dal marketing al sales, dalla Customer Experience al servizi di post-vendita. Lo shopping journey diventa, infatti, sempre più complesso; sono ben 9 i touchpoint che creano engagement durante percorso di acquisto a cui i buyer si sottopongono oggi: E-mail; Chat online; Sms; Agenti digitali; App da mobile; Social media; Commessi fisici; App di messaggistica; Video Chat.

Le tendenze principali

Il report ha messo in luce alcune tendenze che disegnano l’era del digital first, dei punti saldi per costruire una Customer Experience ideale che le aziende indipendentemente dal settore in cui operano non possono ignorare.

I brand di fiducia conquistano il cuore dei consumatori

Fiducia, valori e integrità del brand incidono sempre più sulle relazioni tra consumatori e aziende. L’87% degli intervistati in Italia sostiene che in tempi di cambiamento il valore della fiducia sia diventato ancora più importante. Naturalmente, i valori non sono l’unico fattore quando si decide se acquistare o meno da un’azienda.

La fiducia dei consumatori viene valutata sempre di più anche in base alla qualità delle loro interazioni con l’azienda. Tutti hanno avuto esperienze positive con il negoziante di fiducia, e la sfida delle aziende è replicare questo rapporto anche nel mercato digitale. Il consumatore ha bisogno di capire che il brand lo conosce e che lo indirizza nelle scelte personalizzate.

«Alcuni dei dati di ricerca li ritroviamo nel nostro lavoro. La qualità del prodotto rimane imprescindibile ma non è più sufficiente. È fondamentale costruire un rapporto di fiducia, una relazione duratura con il cliente – ha dichiarato Carlo Miotto, Chief Marketing Officer di Fater -. Non si tratta di un percorso facile perché richiede competenze specifiche. Bisogna trovare il giusto compromesso tra business sostenibile a livello di budget, ed efficace per poter ottenere fiducia».

Anche Dragana Andjic, Chief Digital Officer di Twin-Set ha espresso il suo punto di vista, sottolineando quanto valori come fiducia e fedeltà siano centrali nel mondo del fashion retail. «Quello della fedeltà è un tema importantissimo nella moda, nell’affordable luxury in particolare. La fedeltà si trova radicata in tre fattori chiave: la capacità di un brand di proporre un capo attuale ma fedele al DNA del brand e attento alla qualità; la creazione di engagement attraverso uno storytelling autenticamente connesso alla clientela; il servire il cliente nel suo percorso di acquisto. Sono sfide che tuttavia non riguardano solo il digitale. Lo shopping tradizionale occupa sempre un gran pezzo di cuore della clientela nonostante i momenti critici vissuti dal settore tra il 2000/2001; è insito nella natura dello shopping di abbigliamento entrare in un negozio fisico, toccare, farsi sconsigliare. Nel nuovo mondo è assolutamente fondamentale essere disponibili e farsi trovare dal cliente in ogni momento. La pandemia ha cambiato il modo di comprare, in questo senso ha fatto di necessità un’opportunità che al cliente piace».

Per il consumatore oggi è veramente importante vivere un’esperienza d’acquisto immersiva e compito delle aziende è di porlo al centro del journey, abilitando una personalizzazione dei prodotti e dei servizi. Non stupisce infatti sapere che in Italia l’89% dei consumatori afferma che l’esperienza fornita da un’azienda è importante tanto quanto i suoi prodotti o servizi (il dato global si attesta all’86%), una percentuale che arriva addirittura al 92% per la fascia generazionale dei Millennial.

«I genitori sono quasi esclusivamente Millennial, e due anni fa abbiamo deciso di diventare leader anche nella relazione: in Fater abbiamo cercato una relazione più diretta e confidenziale con loro. Il primo passo è stato un obiettivo sfidante, non di fatturato di vendite o volumi ma di gratitudine – ha aggiunto Miotto -. Da un lato abbiamo continuato a investire nei prodotti, dall’altro abbiamo contemporaneamente proseguito a studiare quelle che erano le esigenze e i dubbi delle mamme e dei papà, presentandole e integrandole nella comunicazione di tutti i giorni. Da lì abbiamo costruito il nostro nuovo ecosistema digitale. Il valore del trust – che si traduce in Customer Service, Innovation, Quality, Sustainability – è fondamentale».

Le interazioni tra brand e consumatori sono più importanti e più varie rispetto a prima

Il coinvolgimento dei clienti è decisamente digital-first, ma i brand sono oggi sotto pressione per integrare i dati delle interazioni online e offline in un’unica esperienza personalizzata, il che è ancora più vero da quando si sta tornando a un mondo più vicino a quello pre-covid. Il 59% degli italiani ha dichiarato che a partire dal 2020 ha fatto acquisti in modi nuovi (rispetto al 68% dei consumatori a livello globale).

Molti comportamenti inizialmente adottati come soluzioni rapide alle restrizioni imposte dalla quarantena sono ora abitudini destinate a durare. Nel dettaglio, nei prossimi tre anni il 59% degli italiani si aspetta di aumentare il ricorso ai metodi di pagamento contactless e il 52% di incrementare gli acquisti tramite social media, una percentuale ancora maggiore per Millennial (56%) e GenZ (61%).

Nuove realtà stanno testando la fedeltà al marchio

Man mano che le priorità e i comportamenti cambiano, la fedeltà consolidata nel tempo nei confronti di un brand viene sottoposta a nuove sfide: i dati del report di Salesforce indicano che l’83% dei consumatori italiani ha cambiato brand per i propri acquisti almeno una volta nell’ultimo anno (71% a livello global) e solo il 43% dichiara di fidarsi delle aziende da cui acquista.

Cresce la domanda di personalizzazione

Oggi il consumatore si aspetta due cose: un’esperienza personalizzata e una relazione fluida e connessa sia nel fisico che nel digitale.

L’ampiezza dei nuovi punti di contatto digitali fornisce ulteriori dati per creare esperienze personalizzate. Dopo anni di maggiore coinvolgimento digitale, la gran parte dei consumatori (il 73%) presume che le aziende comprendano le loro esigenze individuali, soprattutto data l’abbondanza di informazioni personalizzate raccolte dalle interazioni avute. Per soddisfare queste aspettative su larga scala, molte aziende stanno utilizzando soluzioni di intelligenza artificiale (AI). Affinché l’IA sia efficace bisogna alimentarla, il carburante in questo caso sono i dati. L’84% dei consumatori italiani dichiara di trovarsi a proprio agio con le aziende che utilizzano le informazioni personali rilevanti in modo trasparente e vantaggioso.

È il consumatore che oggi imposta l’asticella. Qualsiasi innovazione viene lanciata per riscontrare e soddisfare il bisogno dell’utente, ma in breve tempo diventa una commodity e questo crea pressione nelle aziende di essere sempre al passo, di fianco al consumatore che corre, studiarlo e non trovarsi impreparati.

Servire il Connected Customer: il punto di vista di Miroglio, Safilo e Dolce&Gabbana

«Il nostro modo di lavorare si contraddistingue per un aspetto che riteniamo fondamentale: cerchiamo sempre di imparare dal cliente e lo facciamo adottando un approccio di test, measure and learn – ha dichiarato Alberto Racca, CEO Gruppo Miroglio –. La moda è un business a metà tra arte e scienza. Vuol dire che bisogna riconoscere l’unicità, ma bisogna anche utilizzare tutti i dati per fare meglio la volta successiva e per fare sì che tutte le attività diventino un capitale che tende a crescere. Questo vale per tutto, dall’invio di una newsletter, al lancio di un prodotto.

Un altro punto fermo è per noi mettere a terra, ovvero concretizzare quello che apprendiamo dai clienti. Serve un’organizzazione snella, con poche persone nella stanza delle decisioni. Per questo Miroglio ha compiuto una semplificazione dell’organizzazione, con una struttura decisionale più corta e con i talenti giusti».

Come fanno le aziende ad attirare e far crescere i talenti?

«Il primo modo è far sì che le persone con le idee migliori possano emergere, al di là della casellina che occupano nella gerarchia. Per fare questo abbiamo messo in pista una serie di iniziative per creare un ambiente in cui ciò che vince è la creatività e l’intelligenza delle persone. L’azienda non pone ostacoli di natura gerarchica o di natura politica – ha aggiunto Racca -. Un secondo aspetto che riguarda in particolare i manager sono le skill e la leadership vincendo quei cliché storici del “abbiamo sempre fatto così”, “dell’usato sicuro” che dà sempre una certa certezza. Questo è un concetto molto semplice, ma è una sfida grande».

 L’omnicanalità in Miroglio

«Dovendo distillarla in qualche concetto, ne evidenzierei tre – ha spiegato il CEO -. Il primo è mantenere la promessa verso il cliente; questo vuol dire che il cliente è omnicanale, al massimo sono le aziende che non sono. Omnicanalità, partendo dalle basi, vuol dire rendere l’esperienza cliente fluida, come fluido deve essere il suo Customer Journey. Secondo concetto, omnicanalità vuol dire allineare i canali tra di loro, ovvero rompere clichè e barriere, determinate asimmetrie di incentivi un po’ vintage. Terzo concetto, omincanalità vuol dire assegnare una missione differente ma sinergica ai canali. È importante avere canali allineati ma che giocano missioni diverse – che possono anche cambiare nel tempo –  seguendo il percorso di acquisto del cliente. Il punto di partenza è sempre l’osservazione del cliente».

La Digital Transformation in Safilo

«Il percorso è iniziato circa due anni fa, siamo riusciti a rivedere e ripensare i canali con un nuovo tipo di piattaforma B2b e un nuovo CRM per semplificare le attività e i processi – ha spiegato Marcella Manzoni, Global Head Digital Transformation & Customer Experience, Gruppo Safilo durante il suo intervento al Salesforce Live Milano 2022 -. Prima vedevano il percorso di trasformazione con un occhio un po’ “tradizionale” oggi invece lo percepiamo come un percorso di innovazione continua e non solo un progetto con obiettivi da raggiungere».

In che modo la trasformazione ha aiutato la relazione e il business con gli ottici indipendenti? «Abbiamo lavorato con loro per formarli su strumenti che stavamo preparando per appositamente per loro, per ascoltare i clienti, e loro ne sono riconoscenti – ha aggiunto la manager -. La prima attività si è basata su un momento di osservazione: volevano creare una piattaforma in modo che gli ottici potessero mettersi in contatto tra loro, nel post-vendita. Il cliente deve diventare ossessione, nel senso che è l’unica persona che può dire all’azienda che si sta muovendo nel modo giusto. Da circa un mese, a ogni ottico dopo che contata la struttura di Customer Care viene chiesto di valutare l’esperienza che ha avuto con il business partner. Questo è molto importante perché gli fa comprendere che l’azienda è vicina e lo ascolta».

Dolce&Gabbana, un approccio evolutivo 

«La tecnologia è un fattore abilitante per il business, tuttavia la tecnologia fine a sé stessa serve a poco. L’approccio migliore è evolutivo, non rivoluzionario. Quello del fashion è un settore che è nato con l’obiettivo di vendere un prodotto, ma nel tempo si è evoluto, prima sui mercati poi con la differenziazione della vendita di prodotti – ha spiegato il Chief Information Officer, Oscar Grignolio -. La tecnologia ha sempre supportato la crescita, e oggi il momento è sfidante perché alcune delle barriere che hanno contraddistinto la crescita sono in difficoltà. Il mercato con l’eCommerce diventa globale, viene meno la specializzazione del canale e ci sono stimoli tecnologici completamente diversi (gaming, Metaverso, NFT) che ampliano le caratteristiche di un prodotto ancora di più. Non esiste una tecnologia vincente o che predomina, serve piuttosto abilitare il business a evolversi sfruttando la lucidità e mettere insieme la parte innovativa con il presente per garantire la migliore efficacia».

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