Anche se l’experience economy (economia dell’esperienza) non è un concetto nuovo per i marketer, negli ultimi anni ha acquistato sempre maggior popolarità. In un’epoca in cui vivere e condividere le proprie esperienze via social con amici e parenti è considerato più appagante che possedere un oggetto, va da sé che i brand debbano lavorare sodo per trasformare tutto il customer journey in un percorso esperienziale, lavorando sulla connessione più intima ed emozionale con il consumatore. Ecco perchè si parla tanto di customer experience. Alcuni brand, come Nespresso, fondano la propria fortuna proprio sulla capacità che hanno avuto di lavorare sulle esperienze, coccolando e viziando il cliente, trasformando un momento come la pausa caffè in un rito.
Ma perché oggi tutti i marketer non possono più ignorare il fenomeno dell’experience economy? E come questo influenza il loro lavoro?
Cos’è l’economia dell’esperienza (experience economy)
L’economia dell’esperienza (experience economy) è un paradigma che si fonda su quattro pilastri fondamentali: la scoperta (discovery) dei prodotti/servizi; il coinvolgimento (customer engagement) del cliente attraverso tutte le interazioni che ha con il brand; il consumo vero e proprio dei prodotti (consume) e i servizi (service) a corredo dell’offerta principale. In tutti questi momenti, sfruttando l’intelligenza delle nuove tecnologie digitali, il marketing è finalmente in grado di garantire una Customer Experience più moderna, coinvolgente, interattiva e partecipativa in cui il cliente è ingaggiato non solo su bisogni e preferenze espresse ma anche rispetto a desideri ed esigenze più intime e nascoste che sono, poi, in definitiva quelle che lo indirizzano all’acquisto.
Le (enormi) potenzialità dell’economia dell’esperienza
Per i brand che saranno in grado di offrire esperienze ad alto valore aggiunto si aprono prospettive decisamente interessanti: una ricerca di Euromonitor stima che gli acquisti legati alla componente esperienziale saliranno dai 5.800 miliardi di dollari del 2016 agli 8mila miliardi da qui a un decennio. Lo stesso studio indica che nelle economie emergenti i consumatori spendono già oggi il 10% del proprio reddito in esperienze. Cifre da capogiro, che rendono bene l’idea degli effetti sul CLV (Customer Lifetime Value) che questi approcci di marketing producono, specie se nel mirino c’è il target dei Millennials. Uno studio di PWC , infatti, evidenzia come questa classe di consumatori dirotti ben il 52% del proprio budget di spesa verso gli acquisti esperienziali.
Diversi sono i fattori che concorrono alla diffusione del modello della experience economy. Sicuramente pesa l’evoluzione del consumatore, sempre più esigente e assetato di informazioni, digitale e omnichannel, alla ricerca di esperienze d’acquisto sempre più ricche e interattive. Ma un ulteriore slancio lo danno i nuovi modelli di utilizzo dei beni e dei prodotti. La fine della proprietà come valore in sé, cui ci siamo abituati con l’avvento della sharing economy, lascia oggi spazio a nuovi modelli d’uso ancora più evoluti, improntati ai principi della servitization. Qualsiasi prodotto anche molto complesso, come i macchinari industriali, è ormai disponibile in modalità on demand e pay per use, con tariffazioni flessibili basate sulle abitudini d’uso e sulle necessità del momento del consumatore.
Un esempio di economia dell’esperienza per il cliente sempre connesso
Nell’economia dell’esperienza al cliente è affidato un ruolo centrale nell’indirizzare l’innovazione dei processi di marketing e le strategie del brand. Oggi questo è ancor più vero visto che gli oggetti connessi in ottica IoT e gli assistenti vocali affollano il nostro quotidiano, cambiando in modo sostanziale l’erogazione dei servizi, anche quelli pubblici: ad esempio i cittadini possono richiedere un certificato oppure prendere un appuntamento con l’ufficio del catasto semplicemente impartendo un comando vocale. IoT, Machine Learning, Artificial Intelligence e Big Data Analytics contribuiscono, oggi più che mai, ad affinare le strategie di ingaggio del cliente, garantendogli una Customer Experience unica, creata su misura per lui come un abito sartoriale, ma soprattutto stimolante, coinvolgente, appagante.
Il ruolo del marketing nell’experience economy
Nell’experience economy il marketing avrà un ruolo sempre più importante. Le aspettative del consumatore sono cambiate per sempre. Per ingaggiarlo e fidelizzarlo serve un approccio personalizzato, serve velocità, servono i dati, bisogna rompere i silos aziendali. L’obiettivo è riconoscere il cliente in ogni micromomento del suo percorso d’acquisto, indipendentemente dal touchpoint utilizzato, interpretare in tempo reale i suoi bisogni e, sempre più spesso, anticiparli. Le tecnologie odierne permettono di farlo e di farlo in un modo economicamente sostenibile agevolando i percorsi esperienziali: il cloud, le applicazioni CRM, l’intelligenza artificiale e il machine learning, le Big Data Analytics, le Customer Data Platform…
Connettendo dati, intelligenza ed esperienze attraverso percorsi non più lineari ma creativi, queste piattaforme permettono di aumentare le vendite lavorando sulle interazioni personalizzate, migliorando la soddisfazione dei consumatori e incrementando il CLV, il valore che il cliente può generare nel tempo attraverso un engagement più efficace e fidelizzante.