Reportage

Personalizzazione, engagement e loyalty, il “triangolo d’oro” del nuovo marketing

CRM e analisi dati, ma anche nuovi meccanismi di attrazione e fidelizzazione coerenti con le aspettative e i valori dei clienti. Come cambiano le strategie di engagement e loyalty nelle testimonianze dirette di Illycaffè, Barilla, Trussardi, Carpisa e Yamamay, Trenord e Gianvito Rossi, che hanno partecipato a un evento organizzato da Amplize e Kettydo+ in collaborazione con Salesforce

Pubblicato il 05 Dic 2022

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Personalizzazione dei prodotti e dei servizi ieri come chiave strategica per l’avanzamento del business. Oggi significa solo un lato della medaglia: l’altro lato della personalizzazione, infatti, è la capacità di creare nuove modalità di relazione e di comunicazione per capire sempre meglio i comportamenti, i desiderata, il percepito e i valori dei clienti, progettando modalità di ingaggio e di fidelizzazione contestuali, rilevanti e pertinenti.

La finalità dei brand è chiara: non soccombere all’omnicanalità, che porta le persone a essere sempre più veloci, volubili e volatili (il che significa meno fedeli) e incrementare le conversioni.

Quali sono, dunque, le opportunità ma anche le difficoltà che i brand incontrano nel formulare e declinare le loro strategie omnicanale? In che modo è possibile trasformare in meglio il proprio modo di interagire e comunicare con i clienti per non perdere il grip?

Se n’è parlato in occasione di un evento intitolato “L’era della personalizzazione”, organizzato da Amplize e Kettydo+ in collaborazione con Salesforce.

Nella prestigiosa Residenza Vignale, un cameo dello stile liberty nel cuore di Milano, i tre specialisti hanno invitato un parterre selezionato di manager del business e dell’IT, tra CIO, CDO, CMO, CRM Manager, eCommerce Manager e Marketing Specialist, stimolando un interessantissimo confronto.

Ingaggiare le persone significa costruire relazioni autentiche e continue

Ad aprire il dibattito, due ospiti d’eccezione: Arianna Talamona, 28 anni, campionessa paralimpica di nuoto (argento nel nuoto staffetta 4×50 nel 2021 alle Paralimpiadi di Tokyo 2020), intervistata da Andrea Vidotti, manager sportivo nonché esperto di Comunicazione, Eventi e Sport Marketing. Arianna e Andrea hanno condiviso come per raggiungere il successo non basta solo l’impegno e la dedizione nel seguire le proprie passioni: è importante anche lavorare sulla comunicazione e creare relazioni autentiche.

Positiva, sorridente, garbata e, allo stesso tempo, passionale, curiosa e versatile, Arianna è laureata in psicologia, Social Content Creator nonché divulgatrice sui temi dell’inclusione e della disabilità.

«Ogni atleta è un brand che, nel relazionarsi con la propria community, deve condividere una serie di valori che devono rispettare ciò che lui è – ha spiegato Talamona -. Per costruire un rapporto basato sulla fiducia bisogna essere trasparenti sin dall’inizio. Solo così si creano rapporti duraturi. Oggi si parla spesso di Personal Branding, che è un tema principalmente di comunicazione. Per farlo bene, bisogna prima di tutto porsi degli obiettivi. Cosa voglio dire? Cosa voglio cercare di cambiare? In che modo posso parlarne? Come posso essere originale e autentico? Io sono tante cose, tra cui un’atleta con una disabilità. Il che non significa che sono disabile. Anzi, per me la disabilità è stata uno stimolo che ho trasformato in tante opportunità. Rispetto al tema della Diversity Equity Inclusion (DEI – ndr), sono diventata una divulgatrice. La mia chiave? Empatizzare, essere vera ma anche un pochino ironica nel trasmettere i miei messaggi. Ingaggiare le persone significa costruire relazioni che hanno un’identità e una continuità. Per farlo bisogna creare un rapporto reale con gli altri, dimostrando un attaccamento».

Personalizzazione? Attenzione, perché un solo errore può essere fatale

L’intervento motivazionale della campionessa, caratterizzato da tantissime analogie con il commitment dei brand, ha offerto ai manager presenti in sala tantissimi spunti di ispirazione e di riflessione in merito ai valori dell’autenticità, della trasparenza, della coerenza ma anche delle modalità di comunicazione che oggi funzionano davvero.

Personalizzazione, engagement e loyalty, infatti, sono dei topic importanti che devono essere portati avanti in maniera continuativa, anche perché basta una sola interazione in cui il cliente non percepisce uno di questi valori a spingerlo a interrompere la relazione con una marca.

Il motivo non è legato a particolari esigenze o stati mentali. È il nostro sistema nervoso a funzionare così: a un cliente è sufficiente un’esperienza negativa per portarlo a oscurare tutto il pregresso anche se costituito da tante esperienze bellissime e a interrompere la fiducia.

«Tutti i brand vogliono essere omnichannel, ampliare i propri canali di riferimento e fare personalizzazione – ha commentato Mattia Leopizzi, Marketing Engineering di Salesforce -. Per gestire la loyalty in modo impeccabile è necessario governare in tempo reale i dati che i clienti condividono in vario modo con il brand, per formulare esperienze realmente personalizzate e gratificanti al punto da spingerli a iscriversi a un loyalty program e a promuovere spontaneamente il brand tra conoscenti e parenti. Attenzione, però, questo approccio può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Perché è vero che può potenziare la fedeltà dei clienti ma, se usata male, può portare al risultato opposto, ovvero a una perdita della fedeltà. Il tema è che il non agire non è contemplato, in quanto quello spazio strategico della relazione può essere occupato da un competitor. Per evitare di fare errori servono giusta tecnologia di supporto e conoscenza adeguata».

L’omnicanalità avvicina i brand ai consumatori, potenziando la conoscenza reciproca

La sfida per le aziende è comprendere non solo il numero di transazioni dei propri clienti, ma anche i loro comportamenti, il loro percepito e i loro valori. Il che sposta il tema della personalizzazione sulle capacità dei brand di dimostrare un’affinità che apre una nuova dimensione della relazione.

La vera personalizzazione, infatti, consiste nel riuscire a progettare modalità di ingaggio e di connessione quanto più possibile pertinenti e rilevanti per ogni persona. Oltre a governare i dati in ingresso generati dal proliferare di touchpoint che permettono a un brand di intersecare i consumatori, il marketing deve potenziare le proprie capacità di analisi e di reazione. L’obiettivo? Progettare strategie di comunicazione fondate sulla conoscenza reciproca, abilitando una customer proximity data-driven.

«Triangolare personalizzazione, engagement e loyalty dipende da brand a brand – ha detto Marco Martinotti, CRM Manager di Yamamay e Carpisa -. Ma, mentre la grande distribuzione può contare su una frequenza di acquisto settimanale, molti altri settori devono lavorare su dinamiche diverse. In base alla gestione dei rapporti, al numero delle interazioni e alla redditività, come brand siamo consapevoli di dover costruire delle relazioni di qualità. Noi stiamo lavorando sulla parte di engagement, che è fondamentale per mantenere il rapporto con il cliente ed essere presenti quando serve. In questo senso stiamo facendo moltissime cose. A livello strategico-operativo, da un anno a questa parte abbiamo iniziato un processo di trasformazione importante non solo in ambito e-commerce e CRM. Abbiamo costruito una Customer Data Platform, iniziando a ragionare sul rinnovamento del programma di loyalty. Stiamo cercando di uscire da una logica transazionale, focalizzata solo sugli acquisti. Stiamo allargando la nostra strategia, partendo da ciò che abbiamo già a disposizione per definire le attività da sviluppare rispetto ai vari touchpoint che gestiamo e ai relativi contenuti, rivisti e riordinati per veicolarli nel momento più opportuno».

L’importanza della pulizia del dato

Nel regime degli Stop&Go degli ultimi tre anni i brand hanno avuto modo di riflettere di più e meglio sull’evoluzione digitale dei consumatori e sulle possibili nuove modalità di conversazione e di conversione.

Hanno raccolto più informazioni, hanno condotto varie sperimentazioni e oggi possono capitalizzare le esperienze fatte. Tuttavia, a fronte di una grande spinta all’innovazione, la gestione dei Big Data rimane uno zoccolo duro della governance. La consapevolezza dei rischi negativi associati a una targettizzazione sbagliata, che porta a promuovere a un pubblico femminile un prodotto tipicamente maschile o mandare l’invito a un evento per bambini a chi di figli non ne ha, sta portando i brand a reagire sempre più rapidamente.

«Trussardi vive una fase di forte rebranding e di riposizionamento verso l’alto del prodotto – ha raccontato Marco Arnone, Head of CRM di Trussardi -. Trasformare la fedeltà precedentemente costruita sostanzialmente sulla scontistica in qualcosa d’altro richiede uno sforzo titanico. Stiamo lavorando con i direttori creativi per rifondare la nostra identità di marca su temi e valori diversi, tra i quali sostenibilità e inclusività. Il nostro obiettivo è di ottimizzare gli investimenti di marketing per farli fruttare al meglio. Ma serve una base dati granitica, perché è vero che la personalizzazione è la chiave del successo di un CRM, ma è importantissimo farla con precisione chirurgica. Se le informazioni che abbiamo relative al cliente e che si riversano su un progetto di marketing, di personalizzazione o quant’altro non sono corrette, diventano controproducenti. Ad oggi, ci stiamo concentrando sulla pulizia del dato, che può sembrare una questione basica ma, quando non è fatta nel modo opportuno può arrivare a far crollare qualsiasi strategia omnicanale. Affrontando una serie di problemi del database CRM esistente e approcciando il processo di segmentazione in una modalità più creativa, potremo iniziare a fare fruttare il nostro recente investimento nella nuova CDP».

Spostare il focus dalla loyalty razionale alla loyalty emozionale

Imitare le strategie della GDO, incentrate primariamente sulla guerra dei prezzi e sulla convenienza, non è e non può essere l’epicentro della loyalty.

Spostare la strategia motivazionale dal prezzo ad altri aspetti di engagement orientati a una serie di valori altrettanto importanti per i consumatori è la nuova mission del marketing. L’obiettivo? Abbandonare una strategia consumistica incentrata su una scontistica esasperata. Lavorare su una loyalty di tipo razionale (ti scelgo perché mi convieni) rischia di far perdere a un brand la sua vera identità. Focalizzarsi su una loyalty emozionale (mi piace quello che fai, ti seguo e, se posso scegliere, scelgo te) permette di lavorare su uno stato emotivo, più attrattivo e attivo ma anche più duraturo nel tempo.

«Il tema della convenienza e della leva del prezzo ci tocca in particolar modo – ha evidenziato Alessio Garbin, Digital Marketing Coordinator Region Italy di Barilla -. È vero che Barilla è sempre stata la pasta delle nostre mamme e che per molti è la pasta italiana per eccellenza, ma oggi la concorrenza sugli scaffali si è moltiplicata ed è agguerrita. La nostra strategia? Giocare al rialzo, anche con la proposta di una nuova linea di pasta premium, trafilata al bronzo. Concordo con quanto hanno detto dagli altri colleghi. Riportare in alto il posizionamento del proprio brand è davvero sfidante. Bisogna saper leggere e azionare le analisi adottando un approccio strategico, ma anche progettare tanta creatività branded che si dimostri efficace ed efficiente sia a livello fisico, tra gli scaffali e in TV, sia nel digitale, dove tutti cerchiamo idee e soluzioni con poco tempo e grande concretezza».

Personalizzazione, superare il mantra della convenienza

Superare il mantra della convenienza può sembrare paradossale in un momento così delicato. Dopo la pandemia, infatti, fronteggiare l’ennesima congiuntura economica sfavorevole, tra inflazione, caro energetico e destabilizzazione economico-politica che impatta sia sulle Supply Chain che sui consumatori non è facile. Ma, dalla crisi alla crisalide, il marketing sta costruendo una nuova cabina di regia per la gestione della Customer Experience, della Customer Satisfaction e della loyalty.

«È interessante come in questo momento molti brand stiano cercando il punto di convergenza tra loyalty by convenience, loyalty emozionale e loyalty valoriale – ha commentato Luca Lanza, Strategic Design Director di Kettydo+ -. Portare una relazione che si stacchi dalla convenienza per spostarla su un piano più valoriale, anche per spiegare cosa sta dietro al prezzo più alto, è un obiettivo ambizioso. In questo senso il Continuous Engagement è un abilitatore strategico perché, ingaggiando il consumatore attraverso livelli esperenziali più gratificanti, pertinenti e fidelizzanti, lo induce a mollare l’ancora della convenienza, pur sempre importante e rilevante, e avvicinarsi al brand attraverso relazioni più autentiche».

Customer Care e iper-personalizzazione: il lusso di poterselo permettere

La consapevolezza di avere dei dati insufficienti o poco strutturati sta portando molti brand ad ampliare il radar d’azione dal CRM alle Customer Data Platform, partendo dalle anagrafiche per lavorare su segmentazioni precise. Chi, tra le aziende, ha iniziato questo percorso partendo da situazioni tecnologicamente poco evolute si è trovata in vantaggio perché, dovendo partire da zero, ha potuto fare un salto diretto alla CDP.

Il tutto considerando specializzazioni diverse. È il caso di molti brand della moda che, avendo più marchi, hanno anche più regole di business rispetto alla condivisione delle informazioni relative ai clienti.

La matrice sartoriale del lusso, ad esempio, si estende a logiche di comunicazione e di servizio all’insegna dell’iper-personalizzazione. Il tutto, attivando nuove dinamiche di relazione, comunicazione e suggestione, con una rinnovata attenzione al tema della sostenibilità a cui i consumatori sono sempre più attenti.

Trasparenza e perfezione

«Nel nostro mondo la personalizzazione non solo deve essere fatta bene ma deve anche essere più rarefatta e intelligente – ha precisato Giada Gheno, CMO di Gianvito Rossi -. Per capirci, i clienti del luxury non vogliono essere chiamati al telefono la domenica perché è il loro compleanno e nemmeno vogliono essere vessati in negozio. In sintesi, possiamo permetterci davvero di iper-centellinare i contatti e di offrire servizi su misura. È chiaro che il nostro modello non è realistico e non è corretto per tutti i settori. Certo è che, vivendo un momento molto particolare condizionato dal bombardamento del mondo social e dall’iper-frammentazione della comunicazione, è bello permettersi il lusso di lavorare su una qualità più mirata dell’engagement e della loyalty, che devono essere impeccabili. Il nostro modo di fare la differenza sono la trasparenza, la perfezione e la personalizzazione. I clienti che scelgono un nostro modello di scarpe ci si affezionano, lo trovano comodo e lo vogliono usare per tanto tempo. In questo senso abbiamo diversificato le attività di supporto e manutenzione in modo da garantire un tempo di vita del prodotto quanto più lungo possibile, stagione dopo stagione. Questo è un modello di servizio che rende i clienti più contenti ed è legato a un concetto di sostenibilità importante, soprattutto pensando anche alle nuove generazioni, più consapevoli e attente a questo aspetto».

Oggi non esiste strategia che non richieda la dovuta tecnologia

Dal CRM alla Customer Experience, dal Customer Journey alla Customer Satisfaction, i brand devono necessariamente coniugare business e tecnologia per mettere a terra qualsiasi tipo di strategia. Servono le giuste infrastrutture, i dati, le analisi ma anche nuove meccaniche legate alla progettazione e all’attivazione dei trigger che innescano le dinamiche della personalizzazione, dell’engagement e della loyalty.

«C’è l’elemento di business, che è fondamentale per definire strategie di breve, medio e lungo termine allineate all’evoluzione del brand, dei consumatori e dei mercati – ha ribadito Marco Acca, Partner di Amplize -. E poi ci sono i CIO e tutti i team preposti a gestire tutte le componenti tecnologiche, che devono da un lato risolvere i limiti dei sistemi legacy e, dall’altro scegliere e integrare la migliore innovazione. Spingere sullo sconto o migliorare la percezione del valore sono aspetti strategici. Ma poi bisogna avere le tecnologie per azionare le idee e realizzare gli obiettivi prefissati».

Quello che è certo è che, senza una valida strategia, i dati non potranno mai diventare Smart Data, traducendosi in azioni a supporto del business, con risultati concreti e misurabili.

Nell’era omnicanale, tenere traccia delle informazioni in ingresso e in uscita in modo da poterle analizzare in tempo reale e massimizzare interventi di tipo proattivo impone un’integrazione che ieri non c’era, ma anche nuove capacità di visione ma anche di collaborazione con la rete dei partner.

L’importanza di lavorare anche con il canale diretto e indiretto, semplificando i loyalty program

Ma c’è un altro aspetto con cui i brand stanno considerando ed è gestire la nuova normalità. Grazie ai risultati delle campagne vaccinali, le persone stanno recuperando la loro socialità e sono pronte a rivivere le loro esperienze di consumo offline.

Per i brand della produzione e della distribuzione è importante rivedere i propri rapporti con gli operatori del canale, diretto o indiretto, che ogni giorno servono i consumatori.

«A fronte di una alta qualità di prodotto riconosciuta, il nostro cliente tipo cerca soprattutto la convenienza e trattenerlo è veramente una sfida – ha puntualizzato Stefania Miglioli, Global Head CRM B2C & Loyalty di Illycaffè –. La nostra strategia è sempre stata quella di condividere nel nostro storytelling dei valori importanti. Un esempio? Siamo stati precursori nel lavorare solo con una rosa di coltivatori orientati alla sostenibilità, condividendo con loro delle best practice in tal senso per massimizzare la collaborazione e la trasparenza del nostro ciclo produttivo. Un altro esempio? Da anni ci siamo aperti al mondo dell’arte e del design per parlare a un target anche di collezionisti. La realtà è che, pur riconoscendo la bontà e la qualità dei nostri prodotti, la maggior parte dei clienti, quelli da cui si genera una gran parte del nostro fatturato, non è fidelizzato e ci compra solo in determinate occasioni speciali, di festa, ad esempio per regalare una macchina da caffè, una collezione di tazzine o un set di barattoli iconici. La nostra sfida? Convertire i clienti occasionali in continuativi, cercando di aumentare il numero delle transazioni da una volta l’anno ad almeno due o tre volte l’anno».

Per farlo l’azienda ha lanciato 2 anni fa un nuovo programma di loyalty, Illy Lovers, attraverso il web e il lancio della App illy, attivo per il consumatore finale sia sul canale offline diretto (illy Caffè e illy Shop), sia su illy.com. L’iniziativa è stata promossa anche sui canali digitali in Italia, in Europa e in America. L’obbiettivo? Ingaggiare maggiormente il consumatore in ogni momento del suo journey, online e offline, e raggiungere un target più giovane con il modello del Gaming. Questo ha permesso a Illycaffé di aumentare il valore del cliente, grazie all’aumento della frequenza di acquisto annuale.

«Dobbiamo comunque ancora cercare un equilibrio tra il nostro piano fedeltà e il nostro piano promozionale – ha proseguito Miglioli -. Prima, ad esempio, per poter accedere a tutte le scontistiche bastava sottoscrivere la nostra newsletter il nostro loyalty program. Oggi, invece, puntiamo a semplificare ma in modo personalizzato la gestione della fedeltà, evitando di dare di tutto e di più. Il nostro obiettivo è migliorare la qualità delle relazioni, proponendo offerte taylor made in base al comportamento di acquisto del consumatore, con comunicazioni mirate. Il nostro è un prodotto di qualità e la qualità per essere apprezzata, va spiegata correttamente e in modo semplice, grazie anche al supporto del nostro Customer Care e dello staff in store. Gestire questo tipo di comunicazione non è facile, ma pian piano stiamo raccogliendo i risultati che volevamo».

Personalizzazione significa uscire dal perimetro del proprio brand

Accelerata dalla pandemia, l’onda montante del digitale ha cambiato il mindset non solo delle persone ma anche dei brand. Per non soccombere alla quantità di dati in ingresso, le aziende hanno imparato a lavorare di clusterizzazione ma anche di prioritizzazione rispetto ai bisogni e ai sogni delle persone. Già da tempo i loyalty program includono azioni di co-marketing rispetto alle ricompense. Ma ampliare la prospettiva della personalizzazione, rivedendo comunicazione e servizi, può portare i brand a fare molto di più.

«Lavoro per un marchio che ogni giorno entra in contatto con 700mila persone. Sono i passeggeri che viaggiano sulle nostre 2.180 corse giornaliere. È una clientela vasta, che per noi costituisce una grande opportunità da cogliere – ha spiegato Leonardo Cesarini, Chief Commercial Officer di Trenord -. I nostri clienti ci cercano per informazioni costantemente up-to-date e risposte personalizzate sulle proprie esigenze. Per questo, abbiamo introdotto un CRM con l’obiettivo di dare loro un volto, nelle interazioni che hanno con noi. Per acquisti, richieste di assistenza, segnalazioni. Il sistema ferroviario è complesso. Il cliente in un solo viaggio incontra diversi touchpoint come i canali di vendita, il personale in stazione e sul treno, i monitor luminosi, le applicazioni digitali… E non tutti sono sotto la nostra responsabilità. Per centralizzare e canalizzare le loro richieste, abbiamo avviato un investimento significativo sulla Customer Experience digitale, volto a rendere sempre più la nostra App un canale di dialogo diretto con il viaggiatore. Già oggi, la nostra applicazione fornisce informazioni personalizzabili sulla linea, la corsa o la stazione di interesse del viaggiatore. Oltre a questa, stiamo introducendo ulteriori funzioni per renderla sempre più il telecomando da cui il cliente può gestire il viaggio e personalizzare la propria esperienza, dai canali di pagamento agli itinerari alle notifiche desiderate. Vogliamo arrivare fino a fare un’informazione customizzata a seconda della posizione del cliente a bordo di una nostra corsa. È una bella sfida, ma siamo pronti ad affrontarla».

Il filo rosso di una buona strategia? Lavorare per obiettivi e avere bene in mente che cosa dire e in che modo dirlo, costruendo un’identità di marca coerente, autentica e quanto più possibile originale. Tutto questo seguendo un orientamento incentrato sui dati e sulle analisi per innovare le modalità di personalizzazione associate alle strategie di engagement e loyalty.

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