Content Marketing

Copywriting perno del marketing online: dà le “parole giuste” alla brand experience

Curare i contenuti è imprescindibile per le strategie di comunicazione col pubblico in ogni fase della pianificazione del marketing e su ogni canale, dal sito web al social network. Sì alla SEO, purché il cliente rimanga al centro: la scelta dei termini e del tone of voice è fondamentale

Pubblicato il 06 Nov 2020

Benedetta Gargiulo

Copywriter, consulente di comunicazione e formatrice, Associata AISM

copywriting

L’esperienza del cliente con il brand, curata in ogni dettaglio da un marketing fatto bene, passa anche attraverso i contenuti della comunicazione. Un’esperienza positiva deve essere vissuta nel punto vendita sia online che offline e nel post vendita, ma ancora prima nella relazione che si instaura sui diversi canali di comunicazione.

Il cliente si deve sempre riconoscere in messaggi che parlano il suo linguaggio, che si sintonizzano con le sue emozioni rispondendo ai suoi bisogni consci e inconsci. Tutto deve funzionare in modo sincronizzato: il tono di voce deve essere coerente tra layout e parte verbale, sui social network, sul sito web, sui banner, sugli ADV online, sulle app, così come avviene offline tra TV, stampa, affissioni, radio.

Questa premessa spinge subito l’attenzione su un aspetto spesso poco valorizzato rispetto ad altri: la gran parte dei budget destinati al marketing online viene allocata su strategia, sviluppo, grafica, analisi dei dati; poco o niente rimane per il copywriting, costretto molte volte ad accodarsi a lavoro quasi finito.

Poco spazio al copywriting online? Il brand non “parla”

Il risultato di questo tipo di approccio si traduce in una presenza online che “parla poco” o “parla male”, mancando quindi l’obiettivo di creare la migliore esperienza possibile per il cliente. Capita più volte di sentir parlare di User Experience riferita solamente alla grafica, alla grandezza dei pulsanti e al flusso di navigazione, senza mai includere l’efficacia dei testi nel ragionamento. Prevedere una call to action “Scopri di più” non è una soluzione sufficiente a fare in modo che il cliente sia veramente portato a desiderare di scoprire di più. Ci dev’essere dell’altro.

Quando il copywriting diventa parte integrante del progetto di marketing online, si possono introdurre ragionamenti molto utili sul tema centrale della questione: come farsi conoscere, riconoscere e cercare dai propri clienti.

Copywriting e regole del SEO

Innanzitutto va fatta attenzione alla scelta delle parole chiave, un’attività che, contrariamente a ciò che si può pensare superficialmente, nasce ben prima delle operazioni di SEO. Le parole chiave vanno pensate e integrate a monte nel tono di voce che si vuole dare a qualsiasi messaggio di comunicazione del brand. Le aziende più attente si dotano di un brand manual in cui sono evidenziate le regole di utilizzo anche delle espressioni e delle parole, per la comunicazione online e offline, e prevedendo qualsiasi occasione di utilizzo. Per esempio, un brand premium che si posiziona come punto di riferimento alto per il suo settore, utilizzerà parole chiave che sottolineano l’esclusività dei suoi prodotti o dei suoi servizi. Di conseguenza, in caso di operazioni commerciali online, non dovrà cadere nella tentazione di utilizzare parole come “sconto” o “occasione”. Quando questo succede il cliente non ritroverà più in quella fase della comunicazione lo stesso tono a cui è abituato, e improvvisamente quel brand non gli sembrerà più così tanto premium.

Tutto ciò che ruota attorno al SEO (Search Engine Optimization) rappresenta una questione spinosa. Grandi alleate delle strategie di marketing online, le attività di SEO lavorano proprio sui contenuti della comunicazione, facendo in modo che rispondano ai requisiti richiesti dai motori di ricerca (leggi: Google), per essere visualizzati dal maggior numero possibile di persone. Spesso si parla direttamente di SEO copywriting, perché gran parte del lavoro riguarda l’organizzazione dei testi.

Perché parliamo di questione spinosa? Perché la maggior parte delle volte soddisfare alla lettera i parametri dettati da un algoritmo – per sua natura privo di qualsiasi componente umana – può portare a risultati catastrofici dal punto di vista dell’esperienza legata al brand.

Il cliente al centro di ogni scelta di comunicazione

Google ci chiede di rispettare un ordine gerarchico dei contenuti, suddividendoli nei cosiddetti H1, H2, H3: un incipit che racchiude il tema principale, un secondo paragrafo dove si approfondisce il tema, un terzo con i dettagli e così via, fino a raggiungere un numero ideale di battute. E fin qui potremmo dire di rispecchiare lo schema del comunicato stampa tipo, in cui si inizia sempre dalla notizia principale, per poi fornire tutti i dettagli secondari. Dal punto di vista creativo dovremo rinunciare a qualsiasi ipotesi di teasing, a un tipo di storytelling che punta a creare curiosità svelando le parole chiave solo alla fine del testo. È un sacrificio che possiamo sostenere, almeno per la gestione dei siti.

C’è poi la richiesta di inserire link interni ed esterni e di evidenziare le parole chiave mettendole in bold. E va bene. Un bravo copy può farcela. Ma poi arriva la questione della ripetizione strategica dei concetti chiave in più parti del testo. Questo aspetto in particolare fa sempre più la differenza tra un marketing online di qualità e uno asservito al marketing di Google, quest’ultimo anch’esso di qualità ma solo per quel brand. Spesso navighiamo su siti che rispettano perfettamente tutte le regole per essere indicizzati nelle posizioni più alte del ranking (e lo sono!), ma l’esperienza di lettura è pessima. Il cliente trova nominate le parole chiave proprie del brand, le trova ripetute con sinonimi artificiosi, trova concetti ridondanti, perché magari si è voluto a tutti i costi raggiungere il numero di 2000 battute quando per l’argomento trattato ne bastavano 500.

Un buon copywriting deve scendere a compromessi con tutto questo, mantenendo come prioritaria l’unica regola che conta veramente: il cliente deve essere sempre al centro di ogni scelta di comunicazione. Non Google, e nemmeno l’ansia da prima pagina. In fondo che senso ha rendere facilmente reperibili contenuti di scarsa qualità che sembrano scritti da un bot? Meglio scegliere contenuti testuali che, pur contenendo le parole chiave proprie del brand, riescano a mantenere con chi legge una piacevole relazione di comunicazione.

Copywriting e social network

Analoga importanza assume il copywriting nella pianificazione dei post sui social network, sia nel piano editoriale organico sia in quello a pagamento. Sì, vale anche su Instagram, dove non è vero che conta solamente l’immagine, perché anche nel contesto digital valgono le stesse regole della complementarietà tra art direction e copywriting: visual e testo devono lavorare insieme per il coinvolgimento del target.

Anche il community management si gioca tutto sull’articolazione del testo, che deve riproporre in modo coerente il tono di voce del brand, farsi customer caring e regalare al cliente un’esperienza sempre positiva.

In un momento di sovraccarico di conversazioni online, spesso l’unico modo per distinguersi è quello della cura delle parole, mai sciatte, mai polarizzanti e scritte sempre per il proprio target e mai autoreferenziali.

Insomma, un buon marketing online, per essere completo e concentrarsi sulla migliore esperienza da offrire al proprio pubblico, non può prescindere dall’utilizzo strategico del copywriting in ogni fase della pianificazione e su ogni canale. Iniziando da sito web e social network, passando per le app e tutti gli strumenti digitali di più recente diffusione.

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