Data-driven marketing

Diventare una data-driven company: vantaggi, obiettivi e sfide

L’84% delle organizzazioni ha già implementato progetti data-driven o li ha inseriti nella propria roadmap. Gli obiettivi sono molteplici e vanno dal voler migliorare o automatizzare i processi interni sino alla volontà di conoscere i propri clienti nel dettaglio per offrire loro esperienze coinvolgenti. Impegnandosi a superare gli ostacoli, in primis la mancanza di competenze digitali adeguate, ecco come un approccio basato sui dati può aiutare a disegnare strategie di marketing efficaci

Pubblicato il 29 Set 2022

Se i vantaggi di un approccio data-driven, ossia “guidato dai dati” più che dall’esperienza storica, erano già noti prima della pandemia, è con l’emergenza sanitaria che è emersa prepotentemente l’importanza per le aziende di possedere dati di qualità per prendere decisioni informate, attente e scrupolose.

Certo, tutto più facile a dirsi che a farsi, in considerazione del fatto che proprio negli ultimi anni le fonti capaci di generare dati utili a indirizzare l’attività sono aumentate esponenzialmente diversificandosi tra loro anche nella tipologia di output (immagini, testi, audio, segnali di geolocalizzazione e altro ancora). Fortunatamente, di pari passo, stanno evolvendo anche le tecnologie demandate a raccogliere e analizzare questi dati acquisendo una capacità di calcolo sempre più potente, tale da poter esaminare contemporaneamente immensi volumi di informazioni (da qui “Big Data”) e restituire risposte precise, pertinenti e in tempo reale. Consapevoli di quale grande opportunità sia diventare una data-driven company, oggi l’84% delle organizzazioni ha già implementato o ha progetti data-driven nella propria roadmap e il 63% afferma di aver introdotto nuove opportunità di guadagno e/o rami di attività negli ultimi tre anni grazie alla Data Analytics. Tuttavia ancora quasi una su 10 deve affrontare diversi ostacoli prima di vedere tali progetti andare a buon fine. A rivelarlo è una recente indagine realizzata da Foundry, consociata International Data Group già IDG Communication.

Il Data & Analytics Study 2022 di Foundry è stato realizzato intervistando 872 IT Decision Maker di grandi aziende operanti in vari settori, collocate in Usa, regione Asia-Pacifico ed Europa. Il 55% del campione manifesta l’intenzione di aumentare gli investimenti su iniziative data-driven nei prossimi 12-18 mesi, una percentuale in crescita rispetto allo scorso anno – quando si attestava al 44%.

Per diventare data-driven company queste aziende spenderanno una media di 12,3 milioni di dollari, con le imprese nell’ambito dei servizi finanziari che prevedono di toccare sino a 23 milioni di dollari di investimenti. Tutti i decisori IT sono d’accordo sul fatto che con ogni probabilità i budget verranno divisi tra la riqualificazione e assunzione di risorse con le competenze appropriate (46%) e l‘acquisto di nuovi strumenti e tecnologie (52%). I motivi che spingono le organizzazioni a implementare iniziative data-driven riguardano perlopiù la volontà di automatizzare i processi interni, migliorare la conoscenza e il coinvolgimento dei clienti (46%), il Customer Service/Support (43%), i prodotti esistenti (36%), l’Information Security/Cybersecurity (36%), automatizzare le operazioni IT (43%).

Gli ostacoli da superare per diventare una data-driven company

Un percorso certo non privo di difficoltà quello per diventare una data-driven company, le principali rilevate dalle aziende che già hanno intrapreso questa via riguardano in primo luogo la mancanza delle competenze digitali adeguate (44%), seguita dal bisogno di una data strategy chiaramente articolata (38%) e poi dalla mancanza di budget (34%).

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Il 31% degli intervistati afferma infatti che le soluzioni di Data Analytics sono disponibili per tutti o la maggior parte dei business user, ma richiedono competenze specializzate, come data science, Artificial Intelligence o Machine Learning. Circa il 41% afferma che le soluzioni di Data Analytics possono essere utilizzate solo da esperti, come i team di Analytics e i dipartimenti informatici. Solo una su cinque (21%) delle organizzazioni dispone di soluzioni di Data Analytics facili da sfruttare per tutti gli utenti. L’83% degli intervistati concorda sul fatto che fornire strumenti self-service per rendere i dati più accessibili ai business user è una priorità assoluta. Inoltre, le organizzazioni stanno cercando di assumere persone in grado di formare dipendenti non tecnici nell’utilizzare gli strumenti di Analytics (41%) e il 42% delle organizzazioni con più di mille dipendenti manifesta la necessità di avvalersi Data Architect. Data Management, Data Security e Data Integration sono le competenze più richieste (37% ciascuna).

Come un’azienda data-driven può far crescere il business

Rilevato, dunque, l’interesse diffuso all’interno delle organizzazioni, ecco una breve guida pratica realizzata da IDC su come usare i dati in azienda. IDC individua 5 fattori chiave all’interno dei quali l’utilizzo della Data Analytics contribuirà notevolmente a far crescere il business: valutazione delle opportunità; comprensione del cliente; posizionamento; rafforzamento delle strategie go-to-market; strategie di partnership. Entriamo dunque nel dettaglio di questi fattori, parte di quell’approccio che prende il nome di Data-driven Marketing nel quale l’analisi dei dati è il presupposto per sviluppare strategie di vendita più efficaci.

  • Valutazione delle opportunità. Disporre dei dati e delle ricerche giuste per valutare le opportunità sul mercato e posizionarsi strategicamente è oggi più importante che mai, in considerazione dell’aumento esponenziale della competitività generata da mercati sempre più connessi e complessi. Diventare un’azienda data-driven può essere molte utile per analizzare le dinamiche e le tendenze del mercato; fare previsione sui mercati; elaborare informazioni strategiche; elaborare modelli di prezzi; elaborare benchmark di performance; validare modelli finanziari; testare teorie; identificare acquirenti e rivenditori; comprendere le tendenze e le opportunità locali; sviluppare la roadmap aziendale.
  • Comprensione del cliente. La ricerca e i dati giusti possono fornire una migliore comprensione delle esperienze, delle aspettative, dei comportamenti, dei punti deboli e della motivazione dei clienti e garantiranno che le attività messe in campo nell’acquisizione e nel customer service siano adattate alle loro esigenze, dice IDC. Qui i dati possono essere utilizzati per: valutare le esigenze del cliente; segmentare, targettizzare e costruire la buyer persona; produrre contenuti ingaggianti a supporto di campagne e iniziative di marketing; supportare lo sviluppo e la convalida dei messaggi interni; elaborare materiali per la formazione strategica alle vendite.
  • Posizionamento. Una buona strategia di posizionamento considera tutti gli aspetti del proprio mercato di riferimento: dimensioni, caratteristiche, dati demografici, concorrenza, modelli di generazione del valore. In questo contesto, un approccio data-driven permette di sviluppare la business roadmap; valutare le esigenze dei clienti; creare input di dati per modelli, previsioni e ipotesi; qualificare la performance di crescita rispetto al mercato; acquisire tendenze specifiche del settore.
  • Rafforzamento delle strategie go-to-market. I dati consentono di creare una strategia per definire i clienti ideali, fornire garanzie basate sui fatti in linea con la proposta di valore; posizionare il prodotto per il lancio. Alcune attività che un’azienda data-driven può mettere in atto per rafforzare il go-to-market sono: comprendere il buyer journey; costruire o rafforzare la Brand Awareness; generare domanda; creare materiale strategico a supporto delle vendite; convalidare la roadmap quando si entra in nuovi mercati; creare contenuti mirati per la campagna di marketing.
  • Strategie di partnership. Solo attraverso l’analisi di dati indipendenti è possibile avere un’idea di chi possa essere il migliore partner per l’azienda. I dati aiuteranno a ricercare le competenze dei potenziali partener; discutere le opportunità di partnership; comprendere le tendenze locali; creare il messaggio giusto per approcciare il partner; ottimizzare le alleanze strategiche.
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Simona Politini

Giornalista specializzata nei temi della digital transformation e esperta di seo copywriting, accompagno le redazioni nella svolta al digitale convinta sostenitrice del “If it isn't on Google, it doesn't exist" (Jimmy Wales, co-fondatore di Wikipedia). Dal 2013 porto avanti il progetto online Archeologiaindustriale.net per la promozione del patrimonio industriale.

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