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AD Tech: Programmatic e CTV, ovvero misurare di più e meglio per evitare gli sprechi del passato

Grazie al miglioramento della misurazione e dell’addressability, la TV connessa catalizza una quota crescente del budget destinato all’advertising. Questo vale soprattutto per i brand digital-first o per quelli minori, che fino a questo momento non potevano permettersi i costi della pubblicità tradizionale

Pubblicato il 20 Apr 2023

Antonella Bucci

Head of Strategic Marketing & Events Italia e Spagna di Samsung Ads Europe

AD tech

Sono trascorsi più di 50 anni tra la prima campagna televisiva del 1941 e il lancio del primo banner digitale del 1994, ma a separare queste due pietre miliari dell’advertising non è solo il tempo. Continuando a percorrere corsie parallele, la pubblicità in TV è rimasta pressoché invariata, mentre quella online si è incessantemente evoluta creando nuovi formati e definendo diverse modalità sia di misurazione che di attribuzione.

Tuttavia, negli ultimi anni, grazie ai progressi della tecnologia e ai cambiamenti nel modo in cui i televisori vengono fruiti, questi due mondi apparentemente lontani si sono sensibilmente avvicinati e uniti. Ed è qui che entra in gioco, assumendo un ruolo cruciale, il programmatic advertising.

Come approccio automatizzato all’acquisto e alla distribuzione di pubblicità televisiva mirata, il programmatic nella CTV fornisce la scalabilità e l’efficienza, che per natura lo contraddistinguono, in un ambiente completamente sicuro e premium. Memori, però, dei problemi legati allo spazio che hanno caratterizzato i primi anni di questa tecnologia applicata al display, e che in parte permangono tuttora, bisogna evitare di compiere gli stessi errori.

Inoltre, in un momento di forte crescita e grande evoluzione di tale strumento, è assolutamente necessario evitare di mettere a rischio la garanzia della protezione della privacy dei consumatori, favorendo trasparenza e misurazione dei risultati.

AD tech, i “dolori della crescita” del programmatic

Nelle precedenti ere del programmatic, l’obiettivo era offrire esperienze personalizzate ai consumatori e ottenere per gli inserzionisti elevati tassi di click. Ora, invece, i buyer che acquistano sulla CTV in programmatic sono alla ricerca sia di scalabilità che di tracciabilità, per dimostrare il ROI del piccolo schermo.

La grande sfida, però, sta nel trovare un giusto equilibrio con le crescenti richieste dei consumatori e degli enti del settore per un uso sensato e trasparente dei dati.

Pur presentandosi sul mercato come una soluzione senza cookie, un posizionamento perfetto considerata la ormai vicina eliminazione dei cookie di terze parti, la CTV deve, infatti, confrontarsi comunque con l’ampia mancanza di consenso da parte degli utenti.

Un problema, però, facilmente risolvibile se al centro degli sviluppi tecnologici in atto si introducessero anche degli standard per l’utente fin dalle prime fasi – sia dal punto di vista dell’esperienza che della sicurezza dei dati.

La misurazione è il fattore chiave

L’aspetto positivo di porre la privacy al centro di qualsiasi pubblicità in programmatic è che consente agli inserzionisti di accedere a metriche di misurazione migliori e più accurate tramite la raccolta di dati opt-in da parte degli utenti. La Customer Data Platform (CMP) utilizza da Samsung, ad esempio, permette loro di utilizzare fornitori approvati dal TCF (Transparency and Consent Framework) 2.0 per tracciare elementi quali viewability, ROI, verifica delle demo, incrementality e altro ancora. Dato che le domande sulla misurazione sono in costante aumento, dovremmo tutti continuare a collegarle alla certezza di metriche conformi.

AD tech, attirare altri investitori

Grazie all’ottimizzazione in termini di misurazioni che una CMP può fornire, la TV connessa può, di conseguenza, diventare un luogo più attraente per la spesa pubblicitaria, soprattutto per i brand digital-first o per quelli minori che storicamente sono sempre stati sopraffatti da player più grandi che potevano permettersi i costosi upfront degli acquisti televisivi tradizionali.

Si prendano come esempio i marchi Direct to Consumer che hanno costruito il loro successo da zero utilizzando solo la search e i social. Questi brand hanno compreso intrinsecamente la potenza del digitale e fondamentalmente sono spinti a dimostrare il ROI su ogni spesa mediatica. Per questi marketer “focalizzati sulla performance”, il CTV è, così, il posto ideale per esplorare nuove opportunità scalabili. Forte del miglioramento della misurazione e dell’addressability, l’industry sta, quindi, assistendo a una diversificazione dei brand che investono sulla Smart TV e a una nuova immagine del mezzo televisivo, che finalmente ha smesso di essere il “club” esclusivo di una volta.

Il “nuovo splendore” della TV

Con l’ingresso del programmatic, il mercato pubblicitario del piccolo schermo dispone, dunque, di una proposta rinnovata e vivace che, se sfruttata in modo efficiente e consensuale, è in grado di rispondere alle sfide di un ambiente in evoluzione.

Oggi il pubblico cerca e trova l’intrattenimento in un numero sempre maggiore di luoghi e gli inserzionisti devono acquisire l’abilità di coinvolgere questi nuovi telespettatori ovunque essi siano. Ed è in questo contesto che il programmatic riesce ad offrire agli advertiser una soluzione scalabile per raggiungere gli spettatori in un ambiente altamente premium.

Considerata, quindi, l’ascesa continua in termini di scalabilità di questa modalità automatizzata, sarà fondamentale garantire la piena comunicazione e la priorità ad iniziative che riflettano l’importanza dei dati che hanno ottenuto il consenso. Solo grazie all’adozione di questi standard, l’intero settore televisivo potrà anticipare il problema della privacy, agendo ora, e non essere costretto ad attivarsi a posteriori, come spesso è accaduto in altre epoche dell’AD Tech.

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