Dici chatbot e pensi immediatamente a servizio clienti. Eppure, quella del customer care è solo una delle tante funzioni aziendali che gli assistenti virtuali in grado di comprendere il linguaggio naturale possono espletare con successo. Anzi, superando la logica della pura automazione – e quindi della riduzione dei costi – ed entrando nell’ottica dell’ottimizzazione dei processi interni, è forse mettendo il chatbot al servizio delle risorse umane che questo genere di soluzione riesce a sprigionare il maggior valore. Dallo snellimento della burocrazia organizzativa alla fluidificazione dei flussi informativi, passando per la semplificazione delle procedure di raccolta dati dal front-end, sono molteplici i casi d’uso possibili. E ruotano tutti intorno allo stesso concetto: user experience.
Lo spiega molto bene Claudio Masini, It Engineer and Owner di Quix, azienda specializzata nella fornitura di soluzioni per la digital transformation delle imprese.
Who's Who
Claudio Masini
“In generale, fin dalla sua nascita, una delle missioni di Quix è quella di aiutare le aziende a creare maggior valore migliorando la comunicazione tra i vari attori che compongono l’ecosistema: collaboratori, partner, clienti, fornitori”, dice Masini. “L’evoluzione tecnologica ha trasformato radicalmente i modi e gli strumenti attraverso cui avvengono gli scambi. Se prima questi erano appannaggio esclusivo di telefono, fax e mail, dopo l’era dei portali enterprise e della diffidenza con cui sono stati accolti assistiamo ora all’affermazione di un canale che è invece apprezzato da tutti, quello delle chat. Anzi, così come le persone usano la messaggistica istantanea per le comunicazioni private, ormai si aspettano la stessa modalità per le interazioni che riguardano il business”. In questo senso, l’implementazione di chatbot con funzionalità ad hoc – in grado cioè di ricoprire ruoli specifici lungo determinati snodi dell’organigramma aziendale – rappresenta, più che una scelta lungimirante, un passo naturale verso la creazione di un sistema di comunicazione basato su un’esperienza d’uso intuitiva e appagante.
“Il chatbot è molto più di un software con l’abilità di impersonare un operatore che dialoga con un essere umano: nella sua versione più semplice, può fornire risposte standard in base a comandi predefiniti, ma nel momento in cui lo si integra con un modulo di intelligenza artificiale, diventa non solo in grado di riconoscere le domande che gli vengono rivolte e orientare la conversazione alla risoluzione del problema, ma anche di inviare richieste ai sistemi per interrogare fonti informative come database e gestionali e fornire risposte accurate in tempo reale. Un lavoro molto complesso che avviene dietro le quinte di una user experience estremamente semplice: è questa la prerogativa di Qbot, la piattaforma chatbot proprietaria di Quix, che si sta rivelando strategica per molti dei nostri clienti”, dice Masini.
Migliorare i processi con i chatbot: esempi
Qbot è stato per esempio implementato per un produttore di ceramica che ha messo il chatbot al servizio dei propri agenti commerciali. Il sistema permette agli agenti di accedere rapidamente a tutte le informazioni relative al cliente che stanno per visitare. “Tramite la chat, il collaboratore può fare richieste specifiche e il sistema richiama in modo automatico schede, tabelle, grafici che sintetizzano la situazione della controparte: cosa ha comprato, quale è il budget medio, qual è il mercato di riferimento, eventuali lamentele o ticket aperti, pagamenti che non ha onorato e molto altro ancora”, spiega Masini. “Una vera e propria radiografia dell’azienda cliente, grazie alla quale l’agente può presentarsi al proprio interlocutore ben preparato e forte di dati verificati”. Allo stesso modo, dopo la visita, l’utente può aggiornare le schede con le informazioni ricavate dall’ultimo incontro, e popolare direttamente il Crm con i nuovi dati seguendo le istruzioni e le domande poste dal chatbot. Tutte operazioni”, precisa Masini, “che possono essere gestite anche nei tempi morti, per esempio in pausa pranzo, mentre si aspetta che arrivino le ordinazioni, o sulla strada del ritorno”.
Una società di trasporti romagnola, invece, ha scelto Qbot per rendere più semplice l’uso dell’applicativo con cui gli autisti comunicano alla centrale i guasti degli autobus. “L’azienda aveva sviluppato un sistema di segnalazione precoce dei problemi sui mezzi in modo da attivare iniziative di manutenzione preventiva”, racconta Masini. “Ma è stato un grande fallimento, in quanto la compilazione della scheda risultava un’operazione lunga e macchinosa. Ora, grazie all’introduzione del chatbot, gli autisti inseriscono i dati semplicemente dialogando con la piattaforma, e lo fanno tipicamente mentre sono fermi al capolinea in attesa di ripartire. La piattaforma non si limita a registrare quanto descritto dagli utenti: in presenza di informazioni vaghe o incomplete è in grado di fare domande specifiche e risolvere dubbi. Se, per esempio, l’autista segnala un rumore anomalo della portiera, il chatbot può chiedere se si tratta di un suono costante o discontinuo, in modo da identificare con maggiore accuratezza il possibile problema”.
Il caso Credem e i benefici derivati dal potenziamento dell’help desk
Il caso più emblematico è forse però quello sviluppato insieme all’istituto bancario Credem, che ha addirittura personalizzato il chatbot – adottato per ottimizzare la gestione dell’help desk interno – chiamandolo Emilio. “L’helpdesk di Credem è composto da 50 persone estremamente qualificate che rispondono via telefono alle domande che gli operatori di sportello pongono rispetto a procedure specifiche. Emilio è nato nel momento in cui Credem ha deciso di ampliare il numero delle sedi senza aumentare contestualmente le risorse dell’help desk. L’azienda aveva notato che la maggior parte delle domande verteva quasi sempre sui medesimi temi, e ha per questo deciso di automatizzare parte del processo”, spiega il numero uno di Quix. “All’inizio Emilio gestiva circa il 30% delle chiamate, quelle che gli operatori non riuscivano a prendere subito perché impegnati in altre conversazioni. Poi è stata introdotta la possibilità per gli operatori di intervenire nelle chat: Qbot sfrutta la sentiment analysis per comprendere quando un utente non riceve la risposta che cerca e passare la pratica in attesa a un operatore del back office, che può così leggere la conversazione intercorsa e risalire velocemente al problema”. Questo meccanismo ha comportato per Credem tre benefici: da una parte gli operatori sono diventati più rapidi nel rispondere nelle chat, e hanno ottenuto la possibilità di inviare ai colleghi link a manuali e approfondimenti sulle procedure più ostiche. In seconda battuta, ciascun operatore ora può gestire più chat contemporaneamente, anche in virtù del fatto che la piattaforma è in grado di categorizzare il problema e instradare le chiamate verso operatori specializzati. “L’ultimo vantaggio riguarda un aspetto di marketing”, aggiunge Masini. “L’utilizzo dei chatbot comporta una certa differenza di percezione nei clienti in attesa allo sportello: un conto è sentire il consulente che chiama un collega per chiedere assistenza, altro conto è invece vederlo scrivere alla tastiera del computer. Nel secondo caso l’immagine della banca migliora sensibilmente. Per queste ragioni Credem ha molto apprezzato il progetto, tanto che ha deciso di dar vita a un altro chatbot, questa volta in chiave B2C: si chiama Emily ed è agganciato alla pagina Facebook dove per l’appunto si rivolge direttamente alla clientela e ai prospect”.
Tecnologia e consulenza: l’importanza di saper gestire i chatbot
La soluzione Qbot è in grado di veicolare messaggi su diverse piattaforme di instant messagging, da Hangout a Telegram passando per Whatsapp e arrivando naturalmente al sito web aziendale. “Questo comporta pro e contro: se si dialoga attraverso il nostro server, la security è garantita”, avverte Masini. “Nel momento in cui si passa da altri server, la data protection delle comunicazioni, per quanto criptate, non è garantita ai massimi livelli. E questo, comprensibilmente, alle aziende potrebbe non piacere. Ecco perché abbiamo pensato a un meccanismo peculiare di log-in a Qbot che innalza il livello di protezione a prescindere dal tipo di canale attivato. Il nostro compito non finisce qui. Lavorare come partner di aziende che vogliono installare un chatbot vuol dire anche aiutarle a comprendere la tecnica conversazionale che può garantire il successo in base al tipo di progetto avviato e al contesto all’interno del quale è sviluppato. È fondamentale condividere con i clienti le metodologie da utilizzare per alimentare correttamente il chatbot, in modo che possano poi farlo in totale autonomia, e soprattutto educarli all’uso della reportistica: con i chatbot tutto viene registrato e analizzato. Volendo, si ha davvero l’opportunità di capire come si sta evolvendo la situazione in qualsiasi ambito aziendale”.