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Lavorare nel digitale, un’opportunità per i giovani ancora poco conosciuta

Lavorare nel digitale, un’occasione per i giovani

Aiutare i ragazzi a costruirsi un futuro, formandoli per le professioni digitali più richieste, collaborando con le aziende per allineare i percorsi di studio alle esigenze. È la missione di Start2Impact, startup innovativa a vocazione sociale, che in pochi mesi ha creato più di 200 posti di lavoro. Ne parliamo con Virginia Tosti, co-founder

Pubblicato il 28 Gen 2021

Manuela Gianni

Direttrice, Digital4Executive

È possibile fare impresa con l’obiettivo di aiutare i giovani a inserirsi nel mondo del lavoro e a svolgere una professione qualificata e che li renda soddisfatti di quello che fanno ogni giorno? È possibile, e lo dimostrano i risultati di start2impact, Startup innovativa a vocazione sociale che offre corsi di formazione online per preparare i ragazzi ai lavori del futuro, quelli del digitale.

Negli ultimi mesi start2impact ha creato più di 200 posti di lavoro. In questo momento ha 2500 studenti e fino ad oggi tutte le persone che hanno concluso il percorso di formazione proposto hanno trovato occupazione, anche durante la pandemia. Start2impact fa anche da ponte con il mondo del lavoro e gestisce una community di giovani professionisti coinvolti in attività ed eventi per favorirne la crescita.

Quello del gap delle competenze digitali è un tema spinoso. Secondo il Digital Economy and Society Index (DESI) l’Italia è al quart’ultimo posto in Europa per livello di digitalizzazione, ed è nelle competenze digitali e nell’uso di internet che registriamo i peggiori posizionamenti.

Lavorare nel digitale è dunque possibile, eppure le aziende fanno molta fatica a colmare questo ritardo perché persone con competenze digitali sono difficilmente reperibili. C’è uno scollamento enorme tra domanda e offerta di posti di lavoro, in un Paese dove la disoccupazione giovanile è altissima.

Ne abbiamo parlato con Virginia Tosti, ingegnere, co-founder di start2impact insieme a Gherardo Liguori.

Come mai i ragazzi fanno fatica a cogliere l’opportunità di lavorare nel digitale?

Quello che vedo io è che nessuno dice ai ragazzi che queste opportunità esistono. Il digitale è ancora una cosa nuova, non è chiaro dove finisce il gioco -mi riferisco ai social network- e dove inizia la vita vera. Tutto ciò che è nuovo fa paura, quindi un genitore fa fatica a spingere un figlio a entrare in un mondo che non conosce, a dargli fiducia. Idem a scuola: è difficile che un professore indirizzi un ragazzo verso queste professioni. Perdonatemi se generalizzo, ci sono anche professori molto innovativi, ma abbiamo girato tante scuole in Italia e questo è quello che è emerso.

Start2impact propone 6 percorsi formativi su altrettante professioni digitali: digital marketing, UX/UI design, sviluppo web e app, data science, blockchain, startup. Sappiamo però che l’innovazione digitale è velocissima e le tecnologie evolvono costantemente. Perché avete scelto proprio queste e come fate a mantenere l’offerta in linea con le esigenze che emergeranno in futuro?

Il nostro grande punto di forza è che abbiamo un network di più di 200 aziende partner con cui siamo sempre in diretto contatto. Questo ci permette di capire se le competenze che servono alle aziende sono in linea con la nostra offerta: siamo un’azienda digitale, quindi siamo molto rapidi nel cambiare un percorso, integrarlo, aggiornarlo. La cosa un po’ più complessa è capire cosa fare studiare ai ragazzi oggi per prepararli a professioni che sappiamo saranno molto richieste in futuro, come lo sviluppo Blockchain. Ovviamente al momento non c’è lo stesso numero di richieste che abbiamo ad esempio per il digital marketing. Ma crediamo che sia giusto proporre sia percorsi che possano creare una carriera oggi, sia temi che portano un po’ avanti nel tempo i ragazzi.

Il vostro obiettivo dichiarato è di contribuire a risolvere le grandi sfide della nostra epoca formando e ispirando i giovani, mettendo le persone davanti al profitto. Con la vostra start up volete dunque dimostrare che si può avere un obiettivo sociale e allo stesso tempo fare impresa nel senso più tradizionale del termine, garantendo sostenibilità economica. Come lo spiegheresti agli scettici?

Non vogliamo essere l’azienda migliore del mondo, ma l’azienda migliore per il mondo. Ogni volta che prendiamo una decisione cerchiamo di mantenere l’ordine delle nostre priorità: persone, prodotto, profitto. Mettere il profitto in secondo piano non vuol dire che non arriverà, anzi. Chi compra un prodotto? Le persone. Se si rendono conto che il tuo obiettivo è il profitto, magari ti daranno i soldi una volta, ma poi perderanno la fiducia. Abbiamo preso decisioni che nel breve hanno ridotto il profitto, ma ci hanno ripagato nel lungo periodo. Negli ultimi 3 anni siamo cresciuti quattro volte ogni anno: numeri alla mano, forse potrei convincere anche uno scettico. Speriamo che altri ci seguano: l’economia che abbiamo creato oggi non è più sostenibile, nè da un punto di vista ambientale nè da un punto di vista umano.

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