Cloud ibrido, cloud pubblico o cloud privato, l’importante è che sia in cloud! Nonostante abbia una decina d’anni sulle spalle, il cloud resta anche quest’anno il grande protagonista della digital transformation. Trasformazione che sarà accelerata dagli avvenimenti di questi mesi. Cambia, evolve, si arricchisce di servizi, tecnologie e funzionalità, ma resta il perno su cui le aziende puntano per diventare agili, garantire la continuità dei processi di business in remoto, sfruttare nuove tecnologie, cambiare la propria offerta per affrontare al meglio un mercato che diventerà ancora più competitivo perché premierà chi prima degli altri saprà adattarsi al nuovo contesto. Gli ultimi dati disponibili fotografano un mercato in grande salute: citando l’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano, il comparto Public & Hybrid Cloud ha raggiunto nel 2020 i 2 miliardi di euro, con un fattore di crescita di +30% rispetto all’anno precedente; il tutto, all’interno di un mercato complessivo da 3,34 miliardi di euro (+21%).
Cloud Ibrido, il motore della trasformazione
Il trend del momento, nonché parte integrante dell’agenda di ogni CIO, è senza dubbio il cloud ibrido, meglio ancora se in variante multicloud. Se infatti il processo di migrazione dei workload aziendali su cloud pubblico è un fenomeno cui si assiste da tempo, i numeri dell’Enterprise Cloud Index sono piuttosto chiari in proposito: l’86% delle aziende continua a considerare l’hybrid cloud come modello operativo ideale di cloud computing, inoltre il 46% degli intervistati ha affermato di aver aumentato i propri investimenti ibridi come risultato diretto della pandemia..
A sostegno della sempre maggiore rilevanza del cloud ibrido, e con uno sguardo rivolto verso il futuro, si può anche citare la ricerca di Mordor Intelligence, secondo cui il mercato delle soluzioni Hybrid Cloud è stato valutato globalmente 52,16 miliardi di dollari nel 2020 e si prevede raggiungerà i 145 miliardi di dollari entro il 2026, con un CAGR del 18,73% nel periodo di previsione 2021-2026..
Insomma, il cloud ibrido corre a tutta velocità e non ha nessuna intenzione di rallentare; non stupisce per nulla, in questo stato di cose, che l’espressione hybrid cloud sia stata in assoluto la più usata su Twitter dagli esperti di cloud computing nel Q3/2019 (48%), con multicloud in seconda posizione al 36%. I motivi che spingono le aziende verso l’adozione del cloud ibrido sono peraltro gli stessi da quando ciò è concretamente implementabile: con un modello ibrido le aziende hanno più controllo sui costi e sui dati, scegliendo per essi l’ambiente maggiormente adatto ai singoli casi d’uso. Tutto ciò, mantenendo quella scalabilità, elasticità e accesso a tecnologie avanzate (AI, Big Data) che hanno reso celebre il cloud pubblico dei vari Amazon, Microsoft, Google, IBM e Oracle. Soprattutto in settori fortemente regolati, in cui compliance, data protection e il tema della sovranità dei dati sono fattori critici, la flessibilità di un modello che può essere plasmato a seconda delle esigenze del settore e dell’organizzazione lo rende certamente vincente. Non è un caso che, parlando di hybrid cloud, ci si riferisca ad esso come al meglio dei due mondi.
Hybrid Multicloud, il nuovo vincitore
Nel suo percorso evolutivo, il cloud ibrido sta diventando sempre più hybrid multicloud, un modello che si sostanzia nel combinare risorse di cloud privato con il cloud pubblico di diversi vendor. Sempre nell’ottica del meglio dei due mondi di cui sopra, questo modello somma ai benefici dell’ibrido ulteriori vantaggi: innanzitutto, la possibilità di combinare servizi di diversi vendor approfittando di applicazioni che, con l’andare del tempo, sono sempre più flessibili, e poi per evitare il vendor lock-in. Considerando che l’intento dell’IT si traduce (in questo ambito) nella libertà di implementare, gestire e spostare dati e applicazioni tra diverse piattaforme cloud pubbliche o private senza rischio di rimanere vincolati all’offerta di un solo fornitore, il modello multicloud ibrido rappresenta senz’altro il presente e il futuro dell’enterprise IT. Il tutto, chiaramente, favorito da piattaforme di management centralizzate che permettano la gestione dei workload in modo agile e – per quanto possibile – semplificato.
I numeri sono molto incoraggianti: secondo McKinsey & Company, Hybrid Multicloud rappresenta un’opportunità quantificabile, entro il 2022, in 1.200 miliardi di dollari, comprensivi di 150 miliardi di hardware, altrettanti per le infrastrutture cloud, 350 miliardi per il software e 550 miliardi in servizi di consulenza e gestione. Insomma, l’opportunità è enorme, tanto più che – secondo i dati IBM e Morning Consult, 8 su 10 CIO prevedono che la propria organizzazione possa passare in futuro a un modello di hybrid multicloud o di puro cloud privato, mentre quasi il 50% considera il multicloud ibrido come una perfetta soluzione di lungo periodo.
Il trend positivo nei confronti del cloud ibrido proseguirà senz’altro anche nel 2020, sulla spinta di nuovi servizi, opportunità e sulla sempre maggiore attività da parte di aziende appartenenti a settori fortemente regolati: il “limite”, se così lo si può definire, resta sempre la capacità di governare ambienti che, per forza di cose, risultano piuttosto complessi. Citando sempre i dati IBM, solo il 40% delle organizzazioni ha skill e strategia in grado di gestire appieno un ambiente multicloud, e questo comporta da un lato l’impiego crescente di tool di automazione, dall’altro l’esigenza, da parte di molte aziende, di affidarsi a partner capaci di governare complessi modelli ibridi con la massima efficienza.
Ma una certezza resta: il multicloud ibrido è qui per restare.
@RIPRODUZIONE RISERVATA