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Verso la digital Supply Chain, come devono cambiare le competenze degli operatori

Secondo le rilevazioni di McKinsey, le skill richieste per gestire in maniera ottimale le catene di approvvigionamento scarseggiano. Sviluppare professionalità all’altezza della situazione vuol dire adottare strategie di lungo periodo e avviare programmi di formazione basati sull’apprendimento esperienziale

Pubblicato il 01 Set 2022

Nonostante gli innegabili progressi degli ultimi anni, è ancora lunga la strada che le aziende devono percorrere per sviluppare appieno le capacità e le competenze di cui necessitano le catene di approvvigionamento nel new normal. Ad affermarlo è uno studio McKinsey, sulla base di un’indagine condotta a livello globale su 71 aziende teso ad analizzare il rapporto tra capacità e performance delle Digital Supply Chain.

Che tipo di esperienza e professionalità richiederà la prossima generazione di responsabili della logistica? Dovranno sapersi occupare anche di programmazione, di analisi dei dati, di robotica avanzata? O forse occorreranno tutte queste expertise e molto altro ancora? Sono queste le domande a cui ha provato a dare risposta lo studio. In uno scenario post pandemico estremamente complesso e variegato, rimane un’unica certezza: occorrono più talenti interni per supportare gli investimenti di digitalizzazione pianificati. Ne è convinto il 99% del campione, un dato che risulta in aumento di dieci volte rispetto alle rilevazioni di McKinsey fatte durante l’anno scorso. Questa urgenza sta spingendo molte organizzazioni a tentare di riqualificare e ridistribuire la forza lavoro per raggiungere i livelli di competenza richiesti, ma naturalmente ciascuna impresa deve fare i conti con le capacità odierne sia sul piano delle risorse umane, sia su quello dell’effettiva capacità della Supply Chain.

L’evoluzione della Digital Supply Chain: eppur si muove

Nel 2017, per esempio, McKinsey aveva riscontrato che la maggior parte delle aziende necessitava di un numero più elevato di professionisti a tutto tondo, che possedessero tutte le competenze fondamentali per gestire le catene di fornitura in modo end-to-end. Ma anche riuscire a superare questo scoglio rappresenterebbe solo un prerequisito per la transizione verso la creazione di Digital Supply Chain propriamente dette, all’interno delle quali i profili professionali andranno comunque ridefiniti con maggiore enfasi sull’alfabetizzazione algoritmica, sulla competenza nella gestione delle eccezioni e sulla capacità di prendere decisioni aziendali solide e integrate attraverso l’approccio data-driven .

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Del resto, gli insight emersi dalla ricerca McKinsey risultano piuttosto simili a quello ottenuti dalle analisi precedenti. Nel complesso, i punteggi medi di capacità della catena di approvvigionamento delle aziende sono ancora al livello del 2017, anche se si è assistito a qualche movimento in verticali specifici. Si nota, per esempio, un miglioramento delle capacità medie della catena di approvvigionamento delle organizzazioni farmaceutiche, mentre le performance medie delle aziende nei settori automobilistico, aerospaziale, della difesa, dei semiconduttori e delle materie prime sono leggermente diminuiti. Se le aziende farmaceutiche hanno infatti dovuto prestare maggiore attenzione all’efficienza della catena di approvvigionamento durante l’emergenza pandemica, molte altre tipologie di business hanno affrontato una serie di interruzioni che potrebbero aver dirottato gli investimenti dall’ulteriore sviluppo delle competenze.

Digital Supply Chain, quali sono le competenze più richieste

Un altro tema fondamentale è quello della distribuzione delle skill. Nel 2017, quasi il 60% dei professionisti della Supply Chain dichiarava un picco di competenza in una sola area. Oggi, solo il 30% delle persone ha un profilo così ristretto, mentre il 28% è in grado di districarsi in più aree, da due a cinque per la precisione. Il numero di esperti di gestione della catena di fornitura end-to-end è invece rimasto stabile al 5%.

Il punto è che, secondo le previsioni del McKinsey Global Institute, la metà delle attività odierne dovrebbe essere automatizzata entro il 2055, con conseguenti trasformazioni dei processi e la necessità implicita di riassegnare e riqualificare i lavoratori. In questa prospettiva, senza una chiara tabella di marcia delle loro capacità attuali o delle loro future esigenze di competenze, i team che si occupano della catena di approvvigionamento sono destinati a navigare letteralmente alla cieca.

Molti stanno cominciando a fare affidamento su pool di talenti esterni, utilizzando appaltatori per aree o progetti specializzati e per colmare le lacune di competenze immediate. Ma questa pratica presenta i suoi rischi, anche perché non di rado ricorrere all’outsourcing in un ambito così specifico e peculiare per ogni organizzazione come quello logistico vuol dire pagare di più per ottenere competenze spesso inferiori a quelle dei dipendenti impiegati a tempo pieno.

Sviluppare le skill nel lungo termine: un caso concreto

Bisogna, dunque, elaborare un programma di sviluppo delle capacità della catena di approvvigionamento ed eseguirlo nel lungo termine. McKinsey cita il caso di un’azienda hi-tech che ha intrapreso un percorso biennale su larga scala per migliorare le competenze di oltre 3.000 dipendenti, molti dei quali avevano lavorato nell’organizzazione per 20 o 30 anni. L’azienda non disponeva di un programma sistematico di rafforzamento delle capacità per il personale esperto e aveva compiuto solo sforzi limitati per importare le migliori pratiche esterne. Anche la catena di approvvigionamento era caratterizzata da prestazioni non soddisfacenti, con livelli di servizio bassi e arretrati di ordini significativi nonostante l’elevato inventario disponibile. Nell’intraprendere una trasformazione olistica della Supply Chain, i dirigenti hanno capito che il successo dell’iniziativa sarebbe dipeso anche da un cambiamento significativo nelle competenze e nel mindset del personale.

Per colmare il gap, l’azienda ha progettato una roadmap che ha strutturato i percorsi di apprendimento in più fasi. Inizialmente, ci si è concentrati sulla creazione di conoscenze di base sulla catena di approvvigionamento che hanno migliorato le competenze e stabilito un linguaggio comune tra i membri dell’organizzazione. Un’iniziativa erogata tramite video e formazione a distanza, garantendo l’interazione con docenti esperti che potevano rispondere alle domande e verificare che i partecipanti avessero assimilato i contenuti.

Successivamente, si è pensato allo sviluppo di competenze funzionali per un gruppo di circa 1.400 professionisti della filiera. Gli interventi includevano sessioni di autoapprendimento in aula e online gestite da formatori esperti. Infine, per una selezione di circa 100 partecipanti ad alto potenziale, l’impresa ha sviluppato un programma dedicato alla gestione avanzata della catena Supply Chain, con visite in loco a magazzini modello e discussioni di gruppo.

Utilizzando l’approccio “train the trainer“, alcuni membri del personale sono stati poi incoraggiati a diventare a loro volta formatori nell’academy interna, contribuendo a sviluppare le capacità di gestione della catena di approvvigionamento dei colleghi e dei membri delle funzioni adiacenti. L’intero programma ha posto grande enfasi sull’apprendimento esperienziale, offrendo ai partecipanti l’opportunità di osservare nuove abilità in azione, adottarle, applicarle nella pratica e insegnarle agli altri.

I partecipanti hanno così migliorato le proprie prestazioni in media di 20 punti percentuali e l’azienda ha istituito un pool permanente di formatori interni, insieme a un gruppo di agenti del cambiamento ed esperti in diverse funzioni per diffondere ulteriormente le tecniche di apprendimento, trasferire la conoscenza attraverso la pratica e promuovere il miglioramento continuo delle competenze.

McKinsey sottolinea che lo sviluppo delle capacità necessarie per gestire le moderne catene di approvvigionamento richiede, come visto, tempo e impegno, ma il lavoro non finisce una volta soddisfatte le necessità di competenze immediate: le aziende dovranno monitorare continuamente l’allineamento tra le loro capacità e i loro obiettivi strategici, insieme alle prestazioni operative dell’organizzazione.

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Domenico Aliperto

Nato ad Aversa, studia a Milano, dove si laurea in Relazioni Pubbliche all’università IULM e comincia il percorso che lo porterà a diventare giornalista. Per i portali del gruppo Digital360 segue i temi dell’economia digitale e dell’innovazione tecnologica, viaggia, scrive e all'occorrenza fotografa. In passato ha collaborato con diversi quotidiani e magazine. Da sempre appassionato di narrativa e poesia, nel 2016 apre il blog Librimprobabili.com e nel 2017 pubblica con l'editore Biancaevolta il romanzo storico Non Conquistammo Che Sabbia.

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