Circular economy

Rifiuti elettronici, il riciclo è scarso e la famiglia RAEE continua ad allargarsi

I RAEE dismessi sono un’emergenza. Secondo il nuovo rapporto Global E-waste Monitor 2020, nel 2019 vi sono state 53,6 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, con un aumento del 21% in soli cinque anni, e solo il 17% è stato raccolto e riciclato. E gli oggetti aumentano: vanno riciclati anche e-bike, monopattini elettrici, hoverboard, auricolari bluetooth, sigarette elettroniche, droni

Pubblicato il 09 Lug 2020

rifiuti elettronici

Produciamo sempre più rifiuti elettronici e ne ricicliamo troppo pochi. E il numero di oggetti da riciclare aumenta. Se un  tempo erano frigoriferi, lavatrici e radio, oggi ci sono gli smartphone, i computer e i telecomandi, ma anche le e-bike, i monopattini elettrici, gli hoverboard, i droni, gli auricolari bluetooth. E l’elenco continua ad allungarsi. Sono tutti prodotti riciclabili per oltre il 90% del loro peso: dai rifiuti elettronici è possibile ottenere importanti quantitativi di plastica, ferro, alluminio e vetro.

Rifiuti elettronici, un problema globale: raggiunto il record negativo

Secondo The Global E-Waste Monitor 2017, lo studio condotto dall’agenzia ONU per le telecomunicazioni (ITU) insieme alla United Nations University (UNU) e alla International Solid Waste Association (ISWA), nel 2016 sono stati generati nel mondo 44,7 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici (quelli che in Italia conosciamo con la sigla RAEE, Rifiuti di apparecchi elettrici e elettronici): si tratta di un incremento dell’8% rispetto al 2014, e solo il 20% è stato riciclato: 8,9 milioni di tonnellate.

Il nuovo rapporto Global E-waste Monitor 2020 mostra un quadro ancora più allarmante: nel 2019 vi sono state 53,6 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, con un aumento del 21% in soli cinque anni. Si tratta di 7,3 chilogrammi di RAEE prodotti per abitante, con i cittadini europei che raggiungono i 16,2 chili. A questi ritmi entro il 2030 la quantità di rifiuti elettronici nel mondo sarà di 74 milioni di tonnellate. Riuscire a riciclare sarà sempre più indispensabile, ma nel 2019 solo il 17% dei rifiuti elettronici a livello globale è stato raccolto e riciclato. Ciò significa disperdere nell’ambiente oro, argento, rame, platino, plastica, silicio e altri materiali per un valore circa 55 miliardi di euro. La regione del mondo che ha generato più scarti elettronici è l’Asia con circa 24,9 milioni di tonnellate, seguita dalle Americhe, con 13,1 milioni, e dall’Europa con 12 milioni.

La crescita dei dispositivi rigenerati

Invece di gettare il dispositivo giunto a fine vita, un’alternativa è rigenerarlo. Quello dei dispositivi rigenerati è un segmento di mercato in continua crescita, che si stima nel 2020 in Europa varrà oltre 10 miliardi di euro, dando un significativo contributo a risolvere il problema dello smaltimento dei RAEE. Nonostante i device rigenerati possano garantire prestazioni equiparabili ai dispositivi nuovi, a fronte di una spesa nettamente inferiore, ancora oggi continuano a trovare resistenze e dubbi dei clienti, che temono di incappare in acquisti di breve durata e dubbia efficienza, spiegano dalla startup specializzata Refurbed, specificando che le cose potrebbero cambiare in fretta, anche perchè i risparmi sono notevoli. Nell’ultimo anno sono cresciute moltissimo le richieste di computer e smartphone anche da parte di uffici e aziende.

L’Italia migliora: la raccolta cresce del 10% in un anno 

In Italia sono oltre 343mila le tonnellate di Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche raccolte nel 2019, secondo quanto rileva il Centro di Coordinamento RAEE nel Rapporto Annuale 2019 che raccoglie e sintetizza i risultati della raccolta conseguiti dai singoli Sistemi Collettivi dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche che si occupano della gestione dei RAEE in Italia. Il risultato, in crescita di oltre il 10% rispetto al 2018 (quasi 32.460 tonnellate in più raccolte), è in assoluto il migliore dal 2014. Migliora anche la raccolta media pro capite che si attesa a 5,68 kg per abitante (+10,68%). “Il sistema multi-consortile italiano è un modello di riferimento a livello europeo”, ha commentato Bruno Rebolini, neo presidente del Centro di Coordinamento. Nel 2019 tutti i cinque raggruppamenti nei quali sono suddivisi i RAEE secondo le diverse esigenze di trattamento e riciclo hanno registrato un incremento, ma il più significativo, pari al +15,28%, spetta all’elettronica di consumo e ai piccoli elettrodomestici, il cui peso si attesta a 72.609 tonnellate.

Lombardia e Lazio sul podio, cresce il Sud 

A livello geografico, la Lombardia continua a rappresentare un’avanguardia, anche se le altre regioni crescono a ritmi importanti. Nel capoluogo lombardo la raccolta differenziata ha sfiorato nel 2018 la percentuale del 60%. Grazie a 8 eco-isole per la raccolta dei RAEE, nel corso del 2018 Amsa ha messo insieme 3.344 tonnellate, di cui il 42% sono glo R4, ovvero i piccoli elettrodomestici. «Se guardiamo ai principi dell’economia circolare, i RAEE rappresentano un’importante risorsa: si possono recuperare plastica, ferro, alluminio e vetro», spiega Giancarlo Dezio, direttore generale di Ecolight, consorzio nazionale non a fini di lucro che si occupa della gestione dei RAEE, delle pile e degli accumulatori esausti. «La corretta gestione di un RAEE inizia però dalla sua conoscenza: sapere che il monopattino elettrico o l’e-bike, che magari abbiamo appena regalato a nostro nipote, quando non funzionerà più dovrà essere conferito separatamente è il punto di partenza per dare vita ad una catena di valore».

Il Centro di Coordinamento RAEE rileva per il 2019 che nelle regioni del Nord la raccolta complessiva cresce dell’8,77% rispetto al 2018 per un totale di poco più di 186.000 tonnellate, con una media pro capite che arriva a 7,40 kg per abitante, ben al di sopra della media nazionale. Nel Centro Italia la raccolta di RAEE domestici cresce del 12,26% rispetto all’anno precedente per un totale di 79.525 tonnellate; sale anche la media pro capite che raggiunge i 5,91 kg per abitante, superando nuovamente la media italiana. Risultato molto positivo per il Lazio, con un incremento nella raccolta superiore al 18%, quarta migliore prestazione a livello nazionale. Sono però il Sud e le Isole a registrare la crescita più alta nella raccolta a livello di aree (+12,76%), pari a una raccolta complessiva di 77.377 tonnellate.

Nella classifica delle regioni, in valori assoluti a livello nazionale la Lombardia tiene stretto il podio con 64.728 tonnellate di RAEE raccolti, mentre in termini di raccolta pro capite la Valle d’Aosta conferma nuovamente la propria leadership. Nel Centro Italia il Lazio diventa la regione più virtuosa per raccolta complessiva, con 29.547 tonnellate di RAEE raccolti. Maglia nera al contrario per Puglia, Sicilia e Campania in termini di raccolta pro capite.

Il primato lombardo (ma anche Roma è sul podio) viene confermato dal Consorzio ERP Italia, tra i principali Sistemi Collettivi no-profit che si fanno carico sull’intero territorio nazionale della gestione a norma dei RAEE e dei Rifiuti di Pile e Accumulatori. Il Consorzio riporta una raccolta di 25.884 tonnellate nel 2019, +10,44% rispetto al 2018, e sottolinea il primato lombardo (4.905 tonnellate) tra le regioni e tra i territori provinciali, dove primeggia Bergamo, con 1.300 tonnellate raccolte, seguita da Milano; Roma è terza con 1.053 tonnellate. Per tutti i 5 raggruppamenti (R1, R2, R3, R4 e R5) gli obiettivi raggiunti dal Consorzio ERP Italia sono sempre superiori a quelli assegnati dalla normativa (95,59% di media) con una percentuale media di smaltimento di appena il 4,41%, mentre tutto il resto è recuperato. Questi risultati, ha sottolineato Alberto Canni Ferrari, Procuratore Speciale del Consorzio ERP Italia, sono importanti soprattutto “per le ricadute positive che la nostra azione ha avuto e potrà avere in termini di salvaguardia dell’ambiente e di una ulteriore implementazione delle politiche di economia circolare”.

L’ONU: questione urgente

Si è già detto come, nell’era dell’hi-tech, del digitale e della connettività pervasiva, i dispositivi elettronici (tutto ciò che ha una batteria o una spina, definisce l’ITU) si siano moltiplicati: oltre a televisori ed elettrodomestici, computer, stampanti, smartphone, giocattoli elettronici, wearable, sensori, chip, meritano una particolare attenzione la nuova ondata di oggetti intelligenti legati all’Internet of Things. Lo studio dell’ITU mira non solo a fornire numeri certi sugli oggetti elettronici che buttiamo, ma a illustrare le conseguenze che il cosiddetto e-waste, non riciclato e smaltito irregolarmente, ha per l’ambiente e per la nostra salute. Come cambiare passo? Con leggi adeguate e controlli sulla compliance.

Lo studio mette in evidenza il buon lavoro svolto dai paesi che hanno adottato regole sull’e-waste: si tratta di 67 nazioni dove risiede il 66% della popolazione globale; nel 2014 meno della metà della popolazione mondiale (il 44%) era protetta da leggi sul trattamento dei RAEE. L’Italia in particolare ha recepito la Direttiva europea 2012/19/EU secondo cui, dal 2019, il tasso minimo di raccolta annua è il 65% del peso medio delle apparecchiature immesse sul mercato.

Le strategie governative svolgono un ruolo importante perché definiscono degli standard di comportamento e degli obblighi che guidano le azioni di tutti gli attori della filiera interessata dalla gestione dell’e-waste, sottolinea l’ITU. «La gestione dei rifiuti elettronici è una questione urgente in un mondo sempre più dipendente dalle tecnologie digitali e in cui l’uso dei dispositivi elettronici è in costante aumento. Dobbiamo smaltire in modo sicuro i rifiuti della nostra società dell’informazione e della comunicazione», ha ribadito il segretario generale.

Opportunità economiche: metalli preziosi da recuperare

Proteggere l’ambiente è uno dei pilastri dello sviluppo sostenibile incluso dall’ITU negli obiettivi della Connect 2020 Agenda firmata dai paesi membri dell’ente di Ginevra. Ma riciclare e smaltire in modo sicuro i rifiuti elettronici dà sempre più spesso anche ritorni economici e competitivi. Per esempio l’e-waste contiene metalli preziosi come oro, argento, rame, platino e palladio, che possono essere recuperati: secondo l’ITU, i materiali riutilizzati estratti dai RAEE nel 2016 hanno un valore di 55 miliardi di dollari. Inoltre l’industria dello smaltimento e del riciclo degli apparecchi elettronici crea ricchezza e posti di lavoro in ogni nazione.

Un ulteriore aspetto sempre più importante è il ritorno d’immagine legato alla comunicazione delle proprie strategie di riciclo, smaltimento e sostenibilità aziendale, comunicazione che è stata resa obbligatoria per le grandi aziende quotate dal D. Lgs. 254/2016 “Rendicontazione non finanziaria”. In generale, sono sempre più numerose le imprese che applicano i principi della Circular Economy, secondo cui progettando opportunamente i prodotti è possibile riciclarli interamente, in modo che non solo non inquinino ma contribuiscano ulteriormente a creare ricchezza.

Big Data per gestire la sfida dei rifiuti elettronici

Disporre di dati non solo sul numero di dispositivi, ma anche sui rischi dello smaltimento illegale è la base di partenza, ma ad oggi non esistono cifre aggiornate e comparabili su scala globale. Per questo l’ITU, l’UNU e l’ISWA hanno lanciato la “Global Partnership for E-waste Statistics”: l’obiettivo è aiutare i paesi a produrre statistiche sull’e-waste e a costruire un database globale dei rifiuti elettronici per studiarne sviluppi e impatti nel tempo, compresi gli effetti sull’inquinamento e la salute delle persone.

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