Conoscere al meglio i clienti, le loro abitudini e i loro processi di acquisto per riuscire a strutturare in modo efficace le proprie strategie è uno dei principali obiettivi di chi si occupa du Marketing. Per poterli raggiungere è necessario disporre contemporaneamente di tutti i dati più rilevanti del segmento verso cui ci si vuole indirizzare. Questo risultato può essere ottenuto ricorrendo alle Customer Data Platform (CDP), soluzioni che raccolgono i dati dei clienti da fonti eterogenee e li organizzano secondo le logiche del marketing, in modo da poter applicare soluzioni analitiche e affinare i criteri per le segmentazioni e il targeting. In sostanza, le CDP consentono di sfruttare al massimo i dati per ottimizzare le campagne, permettendo anche di verificare le performance della comunicazione.
Ma in cosa consiste una CDP e quali requisiti servono per adottarla in modo efficace? E, soprattutto, in che modo la business intelligence aziendale può trarre vantaggio dal ricorso a una CDP? Diamo una risposta a queste domande con l’aiuto di un esperto in analisi dei dati, Danilo Maurizio, Analytics Consulting Practice Director Horsa Insight.
Who's Who
Danilo Maurizio
Cos’è una CDP e quando adottarla
Per capire in cosa consiste una CDP, partiamo dal nome che è composto dai tre elementi chiavi: Customer, Data e Platform. Infatti, si tratta di piattaforme, per lo più SaaS (quindi in cloud e perciò agili, scalabili e facili da implementare), che collezionano, analizzano e rielaborano dati provenienti da fonti differenti per creare strategie di marketing con focus sul cliente, a cui sono indirizzate campagne omnicanale con un elevato livello di personalizzazione.
“Le CDP sono soluzioni che ammiccano a tanti dei problemi che ruotano attorno al tema della customer centricity – afferma Danilo Maurizio – e lo fanno intercettando di volta in volta un interlocutore più business oriented, il marketer o il responsabile CRM, piuttosto che una figura più IT. A fronte di ciò, il principio per stabilire se è il caso di orientarsi verso una Customer Data Platform è definire l’uso che se ne intende fare. Se l’obiettivo è esclusivamente legato al marketing, allora la CDP può essere la scelta ottimale. Se invece gli obiettivi sono anche altri, e includono per esempio l’aumento del margine e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, allora è meglio costruire la parte di ingestion management e di valorizzazione del dato del consumatore all’interno delle data platform tradizionali”.
Il valore del dato
La CDP mette il cliente al centro e ciò obbliga a ripensare le modalità operative secondo una logica Data Driven e Customer Centric. “Per adottare una CDP è necessario avere un grande orientamento e una cultura data-driven – puntualizza Danilo Maurizio –. Orchestrare le esperienze dei clienti e farlo con precisione richiede di poter valorizzare tutti i momenti di contatto e tutto quello che si conosce del cliente per immaginare i livelli di servizio e le proposte che anticipino i suoi bisogni, impliciti ed espliciti”.
In pratica, in azienda ci deve essere una vera strategia digitale, intesa non solo come il ricorso alle tecnologie più recenti, quanto, soprattutto, come una data strategy consapevole che sia frutto di una cultura del dato e di una data literacy adeguate. In sostanza, il punto di partenza per adottare in modo efficace una CDP deve essere un buon livello di maturità digitale dell’azienda che permetta di comprendere il valore che può fornire il dato. “Le organizzazioni che hanno attivato processi virtuosi di valorizzazione del dato le si riconosce in maniera ineluttabile – sentenzia Danilo Maurizio –. Come si capisce subito dove c’è una leadership che non valuta il valore dei dati e dove il management ha una qualche forma di resistenza”.
Quali tecnologie servono
Definire uno stack tecnologico standard per l’implementazione di una CDP è piuttosto complesso perché “è un tema all’interno del quale stanno confluendo parecchie cose” – precisa Danilo Maurizio: “DMP, orchestrazione delle campagne, la segmentazione, il targeting e anche la predittività. Sono tante soluzioni tecnologiche diverse. Perciò nel variegato puzzle che fa riferimento al mondo della CDP, bisogna capire quali sono le tessere adatte al proprio progetto”.
Non solo. “Siccome è uno degli acronimi di moda – aggiunge Danilo Maurizio –, tante soluzioni di marketing technology si sono ribrandizzate come CDP e questo ha creato un po’ di confusione in chi deve scegliere. Le uniche che non hanno contribuito a confondere le idee sono le aziende che hanno una proposta completa come, per esempio Adobe, Salesforce o Selligent e quelle che tradizionalmente si occupano di marketing automation”.
Nel puzzle che fa riferimento al mondo della CDP, Danilo Maurizio inserisce anche l’identity management perché, sostiene, quando in una logica multicanale si ha a che fare con l’identità e concetti come il single sign-on, bisognerebbe poter usare le stesse credenziali nel punto vendita, nell’App, e nel sito.
Come la CDP “rinnova” la business intelligence
La CPD culturalmente obbliga l’organizzazione a riunire in un unico luogo i dati dei clienti per valorizzarne il contenuto. “In queste condizioni – sottolinea –, la maggiore ampiezza nel perimetro dei dati che fanno riferimento ai clienti costringe a utilizzare approcci, tecnologie, competenze e capability di analisi che spingono verso una nuova adozione tecnologica, una nuova organizzazione attorno ai concetti dell’analisi dei dati. In questo modo, la CDP spinge anche la parte di analytics più tradizionale. Ricordiamoci, poi, che di tradizionale c’è molto, ma ci sono anche elementi di novità: per esempio tutti i temi legati alla predictive per alcune aziende sono i primi esperimenti per progetti più articolati di intelligenza artificiale”.
L’impiego della CDP può fornire risultati importanti per il business, però Danilo Maurizio evidenzia un aspetto importante dall’esperienza fatta nel mondo dell’analytics: “Per la maggior parte delle aziende lavorare con i dati è molto difficile. Rendere profittevoli i processi, vuol dire creare le condizioni per cui i team dedicati possono fare analisi, fare discovery e scoprire pattern. Il processo è fondamentale per il risultato”. In questo, un importante aiuto può arrivare da un partner competente e qualificato che aiuti a definire come si articolano i processi di relazione tra l’azienda e il cliente in termini di touchpoint da considerare, dei canali tramite cui instaurare la relazione e secondo quali modalità.
Il partner può fornire un fondamentale aiuto ad attivare i corretti processi di analisi. “Però bisogna essere molto aperti – conclude Danilo Maurizio – bisogna accettare di poter cambiare il proprio modo di lavorare. Questo senza alcun dubbio”.