Lo studio

Una scarsa esperienza utente mette a rischio il successo delle imprese, ma i top manager non se ne curano

Lo studio CX Benchmarking Report di Dimension Data rivela che secondo il 70% degli intervistati la customer experience non è gestita a livello apicale, anche se l’87% riconosce che è un importante elemento distintivo. Cresce l’uso della tecnologia per migliorare l’esperienza utente, ma spesso senza una chiara strategia

Pubblicato il 24 Gen 2019

esperienza utente

Una scarsa esperienza utente (o Customer Experience, o CX) può avere pesanti conseguenze sul business e sulla sopravvivenza stessa delle aziende, che operano in mercati sempre più competitivi dove la fedeltà del cliente non può più essere data per scontata. Lo confermano i risultati emersi dal CX Benchmarking Report annuale di Dimension Data, che lancia un alert per le organizzazioni.

Lo studio riassume la visione e le tendenze in ambito esperienza utente e vede coinvolti 1100 intervistati che operano in 13 settori merceologici differenti, di 59 paesi. In Europa, il 65% degli intervistati riconosce che la customer experience non è rappresentata ai livelli direttivi ma spesso è responsabilità di un management di livello più basso o di molteplici responsabili. Inoltre, solo il 15% dichiara che la propria organizzazione ha adottato un approccio all’esperienza utente completamente integrato e centralizzato. Tuttavia, la maggior parte delle aziende partecipanti (87%) riconosce l’esperienza utente come un importante elemento distintivo, vitale per guidare la fedeltà (85%), la crescita di fatturato (63%) e la riduzione dei costi (50%). Nonostante tutto, mette in risalto anche che un manager su quattro è insoddisfatto della customer experience fornita, mentre solo il 13% è convinto di offrire un’esperienza in grado di spingere i clienti a consigliarli ad altri.

Questo porta a una “realtà artificiale” in cui le aziende discutono di esperienza utente senza passare dalle parole ai fatti. Inoltre, l’approccio alla tecnologia non è strategico. Le aziende stanno infatti prendendo in esame le diverse tecnologie di CX, quali i customer analytics, l’intelligenza artificiale e l’integrazione digitale, ma non sono poi in grado di implementarle correttamente. Infatti il 31% delle aziende interpellate sostiene che le soluzioni implementate, ad esempio chatbox e Intelligenza artificiale, non offrono le funzionalità richieste dai clienti, mentre circa la metà (49%) degli intervistati afferma che la consapevolezza dei clienti su tali tecnologie è il principale ostacolo per l’adozione.

Nemo Verbist, Group Executive for Customer Experience di Dimension Data, ha commentato: «la customer experience deve essere una priorità per qualsiasi azienda e l’intera organizzazione dovrebbe perseguirla. I brand riconoscono quanto sia cruciale l’esperienza utente ma ancora troppe poche realtà la percepiscono come responsabilità dei più alti livelli direttivi, che non vengono coinvolti, o viene demandata ai singoli responsabili. Le aziende devono fare della customer experience la priorità che tanto promuovono. La tecnologia può offrire alle aziende molteplici strumenti per migliorare e supportare l’esperienza utente ma da sola non basta. Le organizzazioni devono accompagnare gli investimenti tecnologici con altrettanti investimenti nelle proprie persone, processi e pianificazione».

Nancy Jamison, Principal Analyst for Customer Care di Frost & Sullivan, suggerisce alle aziende di affrontare questo gap tra ambizione e realtà e di misurare, fare benchmark e segnalare in modo efficace per garantire che tali scollamenti non si ripresentino.

«Il benchmarking della customer experience è più importante che mai. Le organizzazioni devono essere consapevoli del ritorno di questi investimenti e, nel caso di mancata produttività, devono sapere cosa devono cambiare. A oggi, sembra che le aziende non stiano dando la giusta attenzione alla customer experience e, di conseguenza, non vedano i risultati sperati. Questo è un male per loro e per i loro clienti», ha concluso.

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