Pubblica Amministrazione

La trasformazione digitale della Regione Emilia-Romagna punta su dati e scambio di esperienze

Un percorso di innovazione e di revisione organizzativa che ha permesso di creare un unico sistema di gestione documentale potenziato da un motore semantico. Ce ne parla Francesco Raphael Frieri, Direttore Generale alle Risorse, Europa, Innovazione e Istituzioni della Regione Emilia-Romagna: “Serve leadership, organizzazione e fare rete”

Pubblicato il 27 Lug 2021

emilia-romagna

“L’intelligenza artificiale può trovare applicazione nei campi più diversi. In musicologia, ad esempio, l’IA ha trovato una connessione tra la fuga per bassi nel terzo movimento della V sinfonia di Beethoven e il tema musicale della follia, come ripreso da Corelli. Questo ci fa capire che anche nel settore pubblico possono essere applicate pratiche e metodologie della digital humanities”. È così che si apre l’intervista a Francesco Raphael Frieri, Direttore Generale alle Risorse, Europa, Innovazione e Istituzioni della Regione Emilia-Romagna.

L’oggetto della nostra chiacchierata è la trasformazione digitale dell’amministrazione regionale, che trova oggi una più compiuta formulazione, e il progetto di respiro europeo con Regione Emilia-Romagna capofila: DT4Regions.

“Secondo le moderne teorie organizzative – ci dice Frieri – le organizzazioni sono in grado di aumentare il proprio valore aggiunto, tanto più sono immerse nel proprio environment (clienti, stakeholders ecc) cioè coloro che interagiscono in varia misura con l’organizzazione”.

Dalla teoria alla pratica. Come si applica tutto questo alla pubblica amministrazione?

“Uscendo da questa astrazione e applicandolo a una pubblica amministrazione, una delle prime funzioni è il protocollo. In un’organizzazione di grandi dimensioni è reale il rischio che uno stesso documento in entrata venga protocollato da più aree, soprattutto se nell’organizzazione in questione si ragiona per silos. E questo porta con sé errori, ritardi, se non una addirittura perdite di documentazione.

Come in Regione avete risolto questa “entropia”?

Abbiamo modificato il modello organizzativo. In Regione Emilia-Romagna sono rimasti pochissimi silos e stiamo investendo per farli lavorare sempre di più insieme, costruendo un unico e grande sistema di gestione documentale. Dietro abbiamo messo un “cervello” ad apprendimento semantico, che in fase avanzata potrà suggerire anche soluzioni migliorative di titolazione e protocollazione. Nel lungo periodo, questo cervello artificiale imparerà a leggere la processazione degli atti e quindi saprà rispondere a delle chatbot, che troveranno applicazione in altri uffici, come l’URP e in generale tutti gli uffici di contatto e assistenza all’utenza, contribuendo allo sviluppo di servizi “aumentati”, più vicini alle esigenze dei cittadini.

Che tempi vi siete dati per un’applicazione avanzata di questa tecnologia?

È un processo lungo, la pandemia ci ha rallentato, ma contiamo di entrare a regime entro il 2022, fino ad arrivare ad estendere questa innovazione all’intero processo di generazione degli atti amministrativi.

Questo richiederà un ripensamento complessivo della dotazione organica dell’Ente e un aggiornamento di competenze tra i dipendenti?

Assumere 12.000 laureati in giurisprudenza per andare in cancelleria, mi sembra davvero uno spreco di competenze. Stiamo lavorando per eliminare con il digitale le attività a scarso valore aggiunto e orientare le persone su parti di processo in cui il contributo umano è fondamentale e nevralgico, nell’interesse dell’organizzazione e dei dipendenti. Stiamo investendo da tempo sulle competenze e il reskilling, con prodotti formativi verticali e anche un’attenzione alle soft skill. E abbiamo anche fondato un’Academy. Inoltre, con la stagione concorsuale abbiamo innestato nell’ente nuove competenze, tra cui quelle connesse proprio al mondo della digital transformation.

Ha citato l’Academy Public Management nata nel 2018. Come nasce quel progetto?

L’Academy nasce per formare la dirigenza pubblica dell’Emilia-Romagna e tra le diverse attività c’è un Master in Public management and innovation, con voucher dedicati a copertura dei costi per i dipendenti di Regione, ed è aperto a tutti i dipendenti degli enti territoriali. L’obiettivo di questo Master è formare manager dell’innovazione e creare un network di professionisti della Regione e degli enti locali del territorio capaci di condurre e supportare la pubblica amministrazione verso la creazione e la gestione del valore pubblico.

Parliamo di Dati. La Regione ha adottato da tempo un approccio data driven per l’azione amministrativa. Quali progetti avete ora in cantiere?

Stiamo investendo nell’acquisizione di macchine con una capacità di circa 500 teraflops, una potenza infinitesimale rispetto a quella necessaria per gestire dei veri big data, ma che ci permette delle applicazioni interessanti in ambito pubblico e su cui stiamo già lavorando. Ad esempio, per prevenire il dissesto idrogeologico, segnalando per tempo possibili crisi; per costruire modelli convincenti sulla diffusione delle pandemie; per analizzare le concentrazioni di traffico e quindi prevenire il superamento delle concentrazioni di polveri sottili.

Cosa ostacola, in base alla sua esperienza, una PA nel divenire “data driven”?

Rispondo riprendendo una citazione presa dal report della Capital City Foundation della città di New York del 2015: essere guidati dai dati non è prioritariamente una sfida tecnologica, è una sfida della direzione dell’organizzazione e della leadership. In sintesi, due sono gli ostacoli all’utilizzo dei dati in maniera strategica in un’organizzazione pubblica: la macro-organizzazione a silos e la leadership. Una leadership selettiva, che si assuma le responsabilità e che sappia guidare l’innovazione.

Con questo bagaglio, alla Regione arriva una bella conferma: il progetto DT4Regions, di cui siete capofila, ha vinto il bando per l’Azione Preparatoria “Intelligenza Artificiale e Big Data nella Trasformazione Digitale della Pubbliche Amministrazioni in Europa” della Commissione Europea. Ci racconta il progetto?

L’idea del progetto che vede coinvolte 12 Regioni d’Europa e diversi partner privati è di lavorare su tre componenti della trasformazione digitale della PA: intelligenza artificiale, Big data e persone e organizzazione costruendo una base di conoscenza condivisa, basata sulle migliori pratiche esistenti a livello europeo, da condividere poi con tutti i soggetti interessati. Condividere conoscenze ed esperienze è fondamentale per affrontare la società esponenziale e guidare il cambiamento.

Chi sono le altre Regioni?

Ci sono alcune delle Regioni ed enti territoriali più innovativi di Europa, con cui abbiamo trovato molte affinità: Catalogna e Paesi Baschi, Greater London, Nouvelle-Aquitaine, le Fiandre, Helsinki-Uusimaa, South Moravia. Lavoreremo inoltre per far sì che il numero di amministrazioni coinvolte sia più ampio possibile, oltre i partner formali, costruendo reti di conoscenza e scambio con grandi amministrazioni italiane, come ad esempio il Comune di Milano, o altre importanti realtà europee con cui da tempo condividiamo occasioni di scambio e confronto continuo.

Quanto conta fare rete nell’innovazione?

Il valore è inestimabile, in termini di valoro aggiunto. Non devono esserci confini tra i Paesi. Abbiamo fatto una rete con le migliori Regioni di Europa per imparare reciprocamente e provare davvero cambiare in meglio la vita delle persone.

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