Economia circolare e componente green giocheranno un ruolo fondamentale nel piano in discussione al governo che deciderà come stanziare le risorse previste dal Recovery Fund in un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza da oltre 200 miliardi.
Le aspettative sono alte anche se mancano gli investimenti per sanare il gap impiantistico che ci obbliga ogni giorno ad esportare migliaia di tonnellate di rifiuti. Non sembrano delinearsi nemmeno una seria programmazione della gestione dei rifiuti e una visione industriale per rafforzare il mercato del riciclo, della rigenerazione e del riutilizzo. Ciononostante esistono delle realtà in Italia che sono già riuscite a calare modelli di economia circolare all’interno del proprio business e delle proprie supply chain.
L’economia circolare nel business e nelle supply chain
La circular economy è un paradigma economico che integra la sostenibilità ambientale e sociale all’interno della strategia aziendale. Si basa sul principio di disaccoppiare la crescita economica dal consumo di risorse e dalla generazione dei rifiuti, riducendo gli sprechi di energia e l’utilizzo non necessario dei materiali, riutilizzando i prodotti finiti, rigenerando i componenti e riciclando i materiali.
In termini pratici, si tratta di introdurre, all’interno di aziende e filiere manifatturiere, tutta una serie di strategie volte a prolungare la vita utile dei prodotti finiti, attraverso l’erogazione e il potenziamento di servizi di assistenza, riparazione e manutenzione; massimizzarne l’utilizzo, mediante la fornitura di servizi avanzati (come sharing, pay per use, etc.); recupere il valore di prodotti, componenti e materiali a fine vita, mediante la raccolta a fine uso dei prodotti finiti, il ricondizionamento, il disassemblaggio in singoli componenti ed il riciclaggio dei materiali.
In sostanza, le aziende e le filiere manifatturiere sono chiamate a riprogettare prodotti, processi, modelli di business e supply chain.
Il Framework del Laboratorio RISE
- Riprogettare i prodotti significa adottare logiche di durabilità, modularità e standardizzazione all’interno del design dei prodotti, promuovendo tra l’altro l’impiego di nuovi materiali green e bio-compatibili.
- Riconvertire i processi produttivi significa riprendere le logiche della lean production ma convertirle con un focus ambientale per ridurre gli scarti di produzione, sostituire tecnologie e materiali con alternative meno impattanti, adottare di misure di efficientamento energetico e meccanismi di scambio di sottoprodotti all’interno di sistemi di simbiosi industriale.
- Ripensare i modelli di business significa valutare il passaggio da logiche tradizionali di compravendita a modelli alternativi di utilizzo come lo sharing ed il pay-per-use, in grado di soddisfare la domanda con un numero minore di risorse.
- Riconfigurare le supply chain significa attuare meccanismi di reverse logistics in grado di raccogliere i prodotti arrivati a fine vita, ma anche e soprattutto sperimentare nuove forme di collaborazione con tutti gli attori di un’ecosistema circolare (da costruire!).
Durante il webinar sarà anche presentato l’innovativo metodo di assessment della prontezza all’economia circolare per le aziende manifatturiere, sviluppato da RISE in collaborazione con IQ Consulting.
La trasformazione digitale tra i fattori abilitanti
Ciascuna di queste leve può venire abilitata e facilitata dallo sfruttamento di uno o più fattori, come la trasformazione digitale ed il ruolo che le tecnologie digitali rivestono nell’abilitazione di modelli di business circolari. Pensiamo alla Internet of Things che aiuta a garantire la tracciabilità dei prodotti e l’ottimizzazione del consumo di risorse o al ruolo dei consumatori finali, sempre più attenti agli aspetti di sostenibilità. Ci sono anche le spinte legislative e le opportunità di finanziamento (si è appena chiuso lo scorso dicembre la possibilità di presentare domande per il finanziamento, da parte del MISE, di progetti di Ricerca & Sviluppo per l’economia circolare).
Economia circolare: le sfide….
Tra le sfide che devono essere affrontate a livello di supply chain, ecco alcune tra le tante che saranno discusse duranete il webinar.
- Fattibilità economico-finanziaria – Implementare l’economia circolare nelle aziende e nelle filiere manifatturiere comporta investimenti e maggiori costi iniziali, oltre al rischio di addentrarsi in nuovi territori (come nuovi modelli di business).
- Regolamentazione – Spesso la legislazione ed i vari interventi regolamentativi rischiano di ostacolare l’introduzione di modelli di economia circolare, invece che agevolarne la diffusione (pensiamo alla difficoltà nell’affrontare ed interpretare i decreti End-of-Waste negli ultimi anni).
- Dinamiche di mercato – Per esempio, il ben noto dilemma della cannibalizzazione: offrire una gamma di prodotti circolari rischia di ridurre i volumi di vendita dei prodotti esistenti.
- Caratteristiche dei prodotti – Anche le caratteristiche dei prodotti rappresentano spesso una sfida da superare. Prodotti progettati per durare a lungo, ad esempio, non sono in grado di rispondere ai cambiamenti della moda (particolarmente rilevante nel settore fashion).
- Ostacoli tecnologici – Nonostante l’obiettivo dichiarato sia zero rifiuti, i processi di recupero hanno delle inefficienze intrinseche che non permettono di recuperare il 100% dei materiali originari (si pensi al riciclo meccanico della plastica, ma anche a molti altri materiali come il vetro, la carta e il cartone, etc.).
- Ostacoli comportamentali – Riguardano l’accettazione da parte dei clienti. Molto spesso prodotti circolari derivanti da materie prime seconde vengono percepiti di qualità inferiore rispetto a prodotti nuovi e diventa difficile giustificarne un prezzo superiore.
- Gestire la Supply Chain Circolare – Recuperare i prodotti a fine vita non è semplice e comporta incertezze legate ai volumi, alla qualità e alle tempistiche di recupero, oltre alla difficoltà di trovare partner appropriati da inserire all’interno di un Ecosistema Circolare (che spesso deve essere creato da zero!).
…e le opportunità
Nonostante le sfide da affrontare siano molte, i vantaggi da cogliere in termini di nuove opportunità di business possono spostare gli equilibri. Ne è un esempio lampante il caso di Aquafil Group, che produce fibre sintetiche e polimeri in Nylon 6, un prodotto fortemente dipendente dal petrolio. L’azienda ha sviluppato e brevettato, in tempi sono sospetti, la tecnologia ed un processo per sviluppare Nylon rigenerato (Econyl) realizzabile impiegando su scala industriale materie prime seconde (come scarti della plastica, reti da pesca, vecchia tappezzeria), in grado di garantire le stesse caratteristiche del nylon vergine.
Grazie ad Econyl, Aquafil ha raggiunto una posizione “di forza” all’interno della supply chain: le aziende finali produttrici di tessuti e abbigliamento che vogliono utilizzare un materiale sostenibile e rigenerato come Econyl sono ora costrette ad inserire il brand di Aquafil all’interno della propria offerta di prodotto. Uno dei primi casi di successo in cui l’innovazione sostenibile nella supply chain è stata innescata, guidata e trainata dagli attori a monte.
Da dove iniziare? La “readiness” all’economia circolare
Nel concreto, da dove deve cominciare un’impresa manifatturiera per impostare un percorso di economia circolare? Il punto di partenza è la misurazione del proprio livello di “Prontezza” all’economia circolare. All’interno del Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia abbiamo messo a punto un innovativo metodo di assessment della prontezza all’economia Circolare per le aziende manifatturiere, sviluppato in collaborazione con IQ Consulting. Il metodo valuta le seguenti dimensioni:
- Struttura del Prodotto, che mira a valutare la circolarità di un’azienda nella primissima fase del ciclo di vita di un prodotto, come l’utilizzo di materie prime seconde, la presenza di certificazioni ambientale dei prodotti, il grado di progettazione circolare di un prodotto;
- Processi Produttivi, che mira a valutare la circolarità durante le fasi di produzione, come l’incidenza degli sfridi e degli scarti di produzione, la presenza di sistemi di monitoraggio dei consumi, l’utilizzo di energia derivante da fonti rinnovabili; la presenza di un sistema di gestione ambientale;
- Modello di Business, che mira a valutare la modalità con cui i prodotti vengono offerti, come la presenza di una linea di prodotti rigenerati o di sistemi product-as-a-service;
- Supply Chain, che mira a valutare la circolarità nelle fasi di approvvigionamento e distribuzione, come i criteri di selezione dei propri fornitori e l’eventuale ottimizzazione della rete distributiva;
- Logistica Inversa, Rigenerazione e Fine Vita, che mira a valutare la circolarità nelle fasi di recupero e rigenerazione dei prodotti, valutando la struttura di reverse logistics e delle attività di rigenerazione e fine vita;
- Cultura e Buone Prassi Aziendali, che mira ad analizzare l’approccio aziendale adottato nei confronti dei temi della sostenibilità ambientale.