RICERCHE E STUDI

Digitalizzazione delle imprese italiane: investimenti e priorità per il 2024

La ricerca degli Osservatori Startup Thinking e Digital Trasformation Academy della School of Management Politecnico di Milano restituisce una panoramica sulla postura delle aziende del nostro Paese rispetto alle strategie di innovazione guidate dalle tecnologie ICT. La spesa digitale crescerà dell’1,9% il prossimo anno, con sicurezza, Data Analytics e AI in cima alle scelte dei CIO

Pubblicato il 01 Dic 2023

digitalizzazione imprese

Il difficile contesto geopolitico e l’incertezza che caratterizza gli scenari macroeconomici non frenano la crescita degi investimenti digitali in Italia. A confermarlo sono i dati dell’ultima edizione degli osservatori Startup Thinking e Digital Transformation Academy, che stimano per il 2024 un incremento del budget ICT delle aziende del Belpaese dell’1,9%, un dato superiore a quello delle previsioni di crescita del PIL nazionale e in sostanziale continuità rispetto al trend rilevato negli ultimi 8 anni.

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I capitoli di spesa

Il budget ICT nelle grandi imprese si concentra principalmente sui sistemi di Sicurezza Informatica (57%), sulle soluzioni di Business Intelligence e visualizzazione dati (45%), su Big Data Management e architettura dati (37%). Altri investimenti che spiccano per una forte crescita sono quelli in Intelligenza Artificiale, Cognitive Computing e Machine Learning.

Tra le aziende del campione intervistate, il 24% dei manager afferma che l’innovazione digitale ha portato una crescita del personale mentre il 14% riporta una riduzione dell’organico causata da una maggior efficienza dei processi legata alla digitalizzazione e all’automazione diffusa. La metà esatta delle aziende concorda sul riconoscimento di una crescita della qualificazione professionale come principale impatto della digitalizzazione delle imprese.

«Nell’attuale contesto di forte incertezza, gli investimenti in digitale sono percepiti dalle aziende come un asset strategico per rimanere competitivi sul mercato – afferma Alessandra Luksch, Direttrice degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Thinking del Politecnico di Milano –. La crescita degli stanziamenti, seppure con un approccio più attendista e in osservazione delle evoluzioni del contesto macroeconomico, è un dato positivo e spicca in particolare il salto delle PMI, che devono recuperare il gap accumulato negli ultimi anni».

Crescono i ruoli dedicati all’innovazione

Aumenta la presenza all’interno dell’organizzazione di figure professionali deputate a gestire l’innovazione. Il 74% delle grandi aziende ha adottato azioni di Corporate Entrepreneurship, tra cui formazione su competenze digitali e imprenditoriali (55%), adottando stili di leadership volti al Change Management (52%), adibendo spazi di action learning (35%) e organizzando contest per raccogliere idee (32%). Tutte queste azioni mirano a stimolare approcci imprenditoriali nei dipendenti.

Inoltre, il 41% delle grandi aziende ha dato vita a una Direzione Innovazione e il 51% ha assegnato ruoli di Innovation Champion, figure che si occupano di favorire la diffusione dell’innovazione e il coordinamento con le funzioni di business.

«L’innovazione digitale comporta sfide organizzative fondamentali – afferma Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Digital Transformation Academy -. Oltre a investire in tecnologia, le organizzazioni devono migliorare la capacità di ingaggiare in profondità le loro persone e di integrare l’innovazione nel business, rendendone visibile e misurabile l’impatto sulle performance. Per avere successo, inoltre, le organizzazioni devono sforzarsi di prevedere e guidare l’impatto dell’innovazione su competenze e professionalità. La trasformazione digitale, se gestita adeguatamente, può rappresentare non solo un’opportunità di innovazione di business, ma anche un’occasione storica per favorire l’evoluzione delle mansioni e contribuire a creare un lavoro più attrattivo e sostenibile».

Le competenze rimangono un punto critico

Le competenze digitali rimangono una grande sfida per il 47% delle grandi imprese intervistate, perché non sono ancora ad un livello adeguato. Ma anche la reticenza del personale nell’adozione degli strumenti e delle soluzioni digitali per supportare l’attività lavorativa, o favorire l’innovazione, rappresenta un elemento di criticità per il 44% delle aziende. L’acquisizione di talenti che posseggono competenze STEM e digitali costituisce un elemento di difficoltà per il 34% delle organizzazioni. Negli ultimi 3 anni, a fronte della riduzione del 10% dell’organico si è assistito tuttavia a una crescita del 19% della presenza di figure con competenze scientifico-matematiche e questo grazie soprattutto all’introduzione di soluzioni di innovazione digitale. Inoltre, il 50% delle grandi e grandissime aziende italiane ammette di aver notato un incremento del livello di qualificazione professionale legato alla predisposizione di programmi di upskilling e reskilling digitale.

L’Open Innovation

In questo contesto, l’Open Innovation si rivela un catalizzatore di trasformazione. Durante il 2023, l’86% delle grandi imprese intervistate è ricorso all’innovazione aperta. Nelle PMI invece, la percentuale si ferma poco sotto il 50%, segnalando una crescita più lenta e contenuta.

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«In un mondo in costante cambiamento, l’Open Innovation continua a dimostrare di essere un prezioso alleato e le aziende hanno percepito l’urgenza di adottare nuovi modi di innovare per essere reattive e rapide nel rispondere alle nuove esigenze. Tra queste emerge soprattutto il Corporate Venture Building, ispirato al recente fenomeno degli startup studio», ha concluso Alessandra Luksch.

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