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Come riprogettare i processi di approvvigionamento includendo l’e-sourcing

Molte organizzazioni ancora stentano ad adottare le tecnologie online per gli acquisti, e non colgono a pieno il loro valore. Gartner traccia una roadmap per integrarle nelle attività gradualmente attraverso pochi e semplici passi

Pubblicato il 11 Mar 2014

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Le applicazioni di e-sourcing consentono ai buyer di identificare le migliori fonti di approvvigionamento di materiali diretti e indiretti, nonché di servizi. La tecnologia è disponibile dalla fine degli anni novanta e i benefici di rispamio ed efficienza veicolati dall’e-sourcing sono ormai consolidati.

In passato la società di ricerca Gartner ha mostrato che, rispetto agli approcci tradizionali, le imprese che adottano l’e-sourcing possono arrivare a risparmiare fino al 25% dei costi, e secondo A.T. Kearney «incorporando tecnologie di e-sourcing in un programma di approvvigionamento già ben gestito, il risparmio può aumentare dal 5% all’8%». È anche vero che spesso però i benefici sono poco tangibili. Si pensi ad esempio al knowledge management: di solito nei processi di acquisto tradizionali i dati e la conoscenza fanno capo al buyer e nel momento in cui dovesse abbandonare l’azienda se ne andrebbero con lui. Invece con l’e-sourcing le strategie e i dati relativi all’intero processo risiedono nel sistema e possono essere analizzati e riutilizzati con facilità.

Ciononostante ancora poche organizzazioni hanno ipotizzato di riprogettare il loro processo di approvvigionamento per includere l’uso obbligatorio dell’e-sourcing, che risulta essere ancora “facoltativo”. Secondo A.T. Kearney, meno del 5% delle imprese fino ad oggi ha intrapreso un progetto in tal senso. Tra gli alibi più diffusi queste le frasi più ricorrenti: “Sto solo rinegoziando un contratto, quindi non c’è bisogno di un vero e proprio progetto di sourcing”; “Ho solo due fornitori che possono offrire questo servizio e quindi si tratta solo di verificare i prezzi”; “Questo progetto è troppo complesso per fare un’asta” e “È troppo urgente, ho bisogno di far partire questo progetto dalla fine di questa settimana”.

La verità è che se si riuscisse a rendere l’e-sourcing obbligatorio, si potrebbero perseguire una serie di benefici non indifferenti, come la padronanza del knowledge management, la raccolta della documentazione relativa alla strategia utilizzata in ciascun progetto di approvvigionamento e ai fornitori giudicati (con le relative valutazioni), nonchè la creazione vera e propria di modelli collaudati. Per superare l’atavica resistenza al cambiamento si potrebbe ricorrere ad un percorso di formazione e introdurre gradualmente le nuove procedure, attraverso pochi e semplici passi.

Definire il processo di e-sourcing

Se le informazioni circa il prodotto, il servizio e/o il mercato sono esigue è necessario iniziare con un ampio RFI (Request For Information) – ovvero un esauriente scambio di informazioni tra i buyer e i fornitore – prima di passare alla richiesta d’offerta – l’RFP, che riunisce le caratteristiche di una richiesta di preventivo (RFQ) e di una richiesta di informazioni (RFI) –, o a un’asta inversa, dove vengono messi in competizione più sellers con il prezzo che si forma dinamicamente al ribasso.

Al contrario, se si ha molta familiarità con il prodotto/servizio/mercato, si può andare direttamente all’asta.

Definire di una strategia di “lottizzazione” dell’ordine

Il raggruppamento di articoli in lotti da un lato incoraggia la concorrenza dall’altro permette di programmare l’approvvigionamento in modo razionale. Tipicamente si ricercano dei fornitori in grado di soddisfare l’intero lotto, il che potrebbe portare a risparmi non indifferenti se si pensa che spesso i fonitori laddove si aggiudicano l’intera partita spesso sono disposti a concedere sconti. Qualora fosse difficile creare in anticipo una strategia di lottizzazione sarà opportuno procedere con un RFP o un RFQ per raccoggliere le offerte dei fornitori e valutare gli sconti. Nel caso in cui invece l’ordine prevede centinaia, o addirittura migliaia, di articoli la cosa migliore è procedere con ordini più piccoli soprattutto se si pensa di ricorrere a un’asta inversa.

Utilizzare le aste inverse

In molte organizzazioni c’è una resistenza verso questi meccanismi di approvvigionamento. Si tratta di un modo completamente diverso di lavorare, e alcuni lo vedono come una minaccia per il rapporto con il fornitore. Di fatto un utilizzo corretto di queste gare può rappresentare un’arma potentissima per le funzioni acquisti e dovrebbero essere sfruttate al massimo. È naturale trovare una resistenza da parte dei fornitori, ma un utilizzo trasparente delle aste, combinato con un sistema di feedback, può di fatto essere trasformato in un vantaggio, fornendo anche dati di benchmarking.

Nello specifico nella definizione di un’asta inversa è consigliato in prima battuta considerare i seguenti fattori, anche se di fatto questo tipo di meccanismo prevede anche molte altre impostazioni tattiche:

  1. Strategia di assegnazione

    La cosiddetta strategia “winner takes all” di solito rappresenta l’approccio più diretto ed efficace che porta a un vero risparmio, dal momento che tutti i fonitori competono tra di loro per ottenere il prezzo più basso. Un’altra strategia usata è quella che prevede che i tre fornitori che hanno il costo più basso arrivino alla negoziazione finale. Questo porta ad una maggiore flessibilità nella scelta del venditore, ma in genere spinge ad una compressione dei costi piuttosto che ad una diminuzione.

  1. Visibilità

    Si deve decidere quali informazioni mostrare ai diversi concorrenti. Le opzioni possono essere: nulla, solo il rank, il rank e il prezzo più basso, o rank e tutti i prezzi. Generalmente si propende per il solo rank o per il rank e il prezzo più basso, che offre il vantaggio di rappresentare uno sprone per abbassare l’offerta qualora fosse vicina al dato fornito pur di aggiudicarsela. Per definire i prezzi di base è bene utilizzare un RFQ prima dell’inizio dell’asta.

  2. Definizione della soglia massima di diminuzione del prezzo

    È fondamentale definire un valore oltre il quale i fornitori non possono più abbassare la propria offerta, altrimenti si rischia di cadere in continui ricircoli, che possono durare nel tempo. Generalmente la variazione dell’1% potrebbe andare bene se se c’è grande differenza rispetto al prezzo di partenza, mentre lo 0,5% può essere utilizzato se i fornitori sono più vicini ad esso.

  3. Tempistiche ed estensioni

    Le estensioni sono una caratteristica fondamentale delle aste inverse e garantiscono la continuazione della stessa per un determinato periodo dopo l’ultima offerta. L’idea alla base è quella di consentire a tutti partecipanti l’opportunità di rispondere all’offerta di un concorrente. Non esiste però una regola fissa in tal senso e dipende dalla tipologia di gara in atto, anche se in genere i tempi variano dai cinque ai dieci minuti. L’unica accortezza è assicurarsi che l’estensione sia sufficientemente lunga per consentire ai fornitori di reagire alla nuova offerta, decidere una controfferta e inserirla a sistema.

  4. Offerta “trasformazionale”

    Per evitare un eccessivo focus sul prezzo, molti fornitori gestiscono le proprie offerte con una sola variabile di costo e fissando il resto delle spese. Questo meccanismo è chiamato”transformational bidding” e consente ai buyer di confrontare le offerte, dal punto di vista dei costi e delle differenze di qualità.

Fornire dei feedback ai fornitori

Includere il feedback dei fornitori nel processo serve per fornire loro le motivazioni sul perché si sia persa la gare, esaltare le aree di miglioramento per la partecipazione futura ad altri meccanismi similari. Si potrebbe quasi identificare come uno strumento di sprone per il miglioramento continuo, con ricadute positive anche sulla competitività.

Sfruttare il proprio Solution Provider

Per definire il nuovo processo e le linee guida può essere utilie confrontarsi con chi fonisce le soluzioni tecnologiche, in quanto ha esperienza in tal senso.

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