DATA-DRIVEN MARKETING

Digital Transformation nel Fashion: dal Customer Digital Engagement all’ottimizzazione delle Operations

L’industria del fashion sta attraversando una fase epocale di cambiamento, generata dai mutati comportamenti di acquisto dei consumatori e dal diverso impatto che le tecnologie hanno sia sui loro processi, sia sui clienti. Obiettivo? Migliorare efficienza e competitività

Pubblicato il 16 Nov 2018

Maria Teresa Della Mura

fashion

L’industria del fashion, dai retailer del cosiddetto fast fashion fino ai marchi del lusso, sta attraversando una fase epocale di cambiamento, generata da un lato dai mutati comportamenti di acquisto dei clienti e dei consumatori, dall’altra dal diverso impatto che le tecnologie hanno sia sui loro processi, sia – di nuovo – sui clienti.

Non è un cambiamento nato dal nulla: probabilmente quello del fashion è uno dei settori che ha maggiormente risentito sia del clima di incertezza economica sia delle nuove tendenze che stanno a loro volta cambiando il volto del manifatturiero. Un settore che prima e più di altri ha dovuto trovare risposte alle crescenti richieste di efficienza e di competitività.

È da qui che nascono, dunque, le nuove iniziative volte a migliorare la velocità del go-to-market e a implementare nuovi concetti di innovazione sostenibile lungo tutta la catena del valore, dal design dei prodotti alla loro produzione, fino a tutto il percorso logistico.

Nel suo report “The State of Fashion Industry 2018”, così McKinsey mette in evidenza le diverse forze che hanno portato e tuttora stanno portando ai cambiamenti di cui parliamo, focalizzandosi su tre assi principali. Il primo, come già accennato, fa riferimento allo scenario economico, caratterizzato da situazioni di incertezza e volatilità, dalla globalizzazione, che da sola sembra cancellare concetti come “mercati di riferimento” e “mercati captive”, da spostamenti di forze verso altre geografie.

Quando si parla invece dei clienti, entrano in gioco elementi nuovi, dalla connessione alla partecipazione, e terminologie nuove, in primis quel “frictionless”, che fa riferimento al desiderio di una esperienza d’acquisto senza problemi attraverso tutti i canali fisici e digitali che il cliente possa e voglia toccare.
È questo un tema sul quale concordano tutti gli analisti, tanto che anche Deloitte, in un recente blog post  sottolinea come uno dei cambiamenti più evidenti nel comparto riguardi il ruolo dei consumatori, da osservatori passivi a dominatori attivi: “Vogliono interagire, appartenere, influenzare, essere loro stessi il brand da cui acquistano”.

Il terzo asse è rappresentato dalla stessa industria del fashion. Per McKinsey i cambiamenti più significativi in questo caso riguardano di nuovo la digitalizzazione, l’accelerazione nel go-to-market, la nascita di nuovi modelli di business e di “store” che offrano ai consumatori le esperienze che richiedono, la proliferazione di dati, che aprono sempre nuove prospettive a chi desidera intraprendere percorsi di innovazione.

Stiamo comunque parlando di un mercato in ripresa dopo qualche anno un po’ difficile, che dovrebbe chiudere il 2018 con una crescita compresa tra il 3,5 e il 4,5 per cento rispetto al 2017, attestandosi sui 2.100 miliardi di euro (dati McKinsey). Per quanto riguarda il mercato italiano, il 2017 si è attestato alla soglia dei 65 miliardi di euro di fatturato, con una crescita del 2,5 per cento anno su anno e un interessante incremento del 4,3 per cento sulle esportazioni.

Il cambiamento dei consumatori

Come abbiamo precedentemente accennato, una delle principali leve del cambiamento è rappresentata dai consumatori e dal ruolo che intendono avere lungo tutto il percorso di acquisto. È un tema da tempo al centro dell’attenzione: il cliente multicanale, il cliente omnicanale, il cliente che utilizza strumenti digitali prima, durante e dopo il processo di acquisto vero e proprio.
Una tendenza confermata anche poche settimane fa dagli ultimi dati dell’Osservatorio Multicanalità della School of Management del Politecnico di Milano, secondo il quale per il 67 per cento della popolazione italiana sopra i 14 anni, vale a dire 35,5 milioni di persone, il digitale ha un ruolo nel proprio percorso di acquisto, con una crescita del 7 per cento rispetto al 2017.
Addirittura, sempre secondo i dati dell’Osservatorio, in Italia ci sono 23,1 milioni di cosiddetti “eShopper”, ovvero individui che utilizzano Internet in tutte le fasi del processo di acquisto. All’interno di questo gruppo, l’Osservatorio individua inoltre una significativa comunità di cosiddetti Everywhere Shopper. Sono i consumatori più evoluti, che si muovono liberamente da un canale all’altro nella relazione con i brand e sono tanti: 6,6 milioni di persone.

La reazione dei brand

È chiaro che per gli operatori del fashion sia stato necessario un importante cambiamento di rotta, che è partito già tempo fa, nel non considerare l’online come un mondo e un business separati da quanto accade nel mondo fisico, e che oggi continua con una rottura costante degli schemi: non si ragiona più per segmenti di consumatori, né per geografie, né per soluzioni predefinite.
Secondo Deloitte, “sono stati stabiliti nuovi standard di servizio ed esperienza: si passa dall’essere un brand sostanzialmente legato al prodotto, all’essere un brand che dà forma a proposte contestualizzate e consumer-centriche, in grado di prendere in considerazione l’intero eco-sistema dell’experience”.
Non solo.
Se fino a qualche tempo fa obiettivo primario era “conoscere” il proprio cliente o il proprio target, oggi siamo passati alla fase successiva: indirizzarne il comportamento attraverso un vero e proprio nurturing relazionale.

La personalizzazione è la nuova frontiera

Secondo lo studio di McKinsey, la personalizzazione sarà il tema portante dell’industria del fashion nei prossimi mesi. Le aziende del comparto cercheranno di focalizzarsi sulle diverse forme che il termine personalizzazione può assumere: da quella dei prodotti alle recommendation, passando per nuove forme di comunicazione e storytelling che connettono i consumatori.
Di fatto per il consumatore, e specialmente per le fasce più giovani della popolazione, le scelte di moda esprimono il proprio stile, la propria immagine, i propri valori.
E gli individui sono disposti a cedere i propri dati e le proprie informazioni, pur di ricevere in cambio un’esperienza personale e personalizzata, idealmente costruita sui loro bisogni e sui loro desideri.

A questa richiesta, alcune realtà del comparto fashion tendono a rispondere ampliando il portafoglio prodotti. Secondo lo studio di McKinsey, invece, sarebbe più opportuno che ciascun player cercasse di rifocalizzarsi, concentrandosi sui propri tratti distintivi, lavorando ad esempio sulla qualità del prodotto, sulla ridefinizione delle strategie di prezzo, sul posizionamento rispetto ad altri brand.

Secondo la società di analisi, nei prossimi mesi la differenziazione tra i diversi player del comparto si vedrà proprio nella capacità di creare prodotti personalizzati, sfruttando al meglio dati e tecnologie di machine learning.

La tecnologia a supporto delle aziende del fashion

Il futuro del fashion è digitale. È dal digitale che arrivano e arriveranno le risposte ai bisogni di efficienza e competitività di un mercato altamente complesso, governato da un numero assai elevato di variabili (stagionalità, tessuti, modelli, taglie, colori, accessori, canali commerciali). L’intero ciclo di vita dei prodotti è destinato a essere profondamente cambiato dal digitale, dall’ideazione alla progettazione, agli sviluppi tecnici per poi passare alla produzione e alla lavorazione, con tutte le fasi di approvvigionamento gestite da una supply chain digitalmente connessa, per poi approdare a una filiera di distribuzione, anch’essa integrata.

Possiamo individuare quattro fasi lungo la catena del valore delle aziende del fashion, ciascuna delle quali può essere radicalmente trasformata dalle tecnologie digitali.

Nella fase di progettazione, è possibile passare da processi su carta a processi interamente digitali, grazie all’utilizzo di software specifici di progettazione 3D: il vantaggio di questo approccio consiste nella riduzione dei tempi necessari per passare dalla fase progettuale a quella realizzativa. Nella fase di produzione, si possono dotare le linee di connettività, in logica smart manufacturing, con l’obiettivo di incidere positivamente sia sulla qualità del prodotto finito, sia sull’efficienza del processo produttivo in termini di tempi, costi e riduzione degli scarti.

Nella fase di distribuzione, l’utilizzo di Internet of Things e robotica può migliorare le fasi di picking e consegna dei prodotti, ottimizzando l’intero flusso.

Infine, nella fase di vera e propria vendita, è possibile che i retailer utilizzino tecnologie in store, a partire dalla sensoristica, per tracciare non solo i prodotti, ma anche i comportamenti dei consumatori, con l’obiettivo di ottenere un miglior tasso di conversione. Di fatto, la digital transformation lungo la catena del valore del fashion aiuta a migliorare le efficienze in tutte le fasi, con effetto positivo in termini di velocità, flessibilità, utilizzo delle risorse.

Tutto questo, va detto, a condizione che l’interconnessione sia reale e tutte le fasi siano sinergiche.

Il ruolo dell’ERP nelle aziende del fashion

L’orchestrazione di questo complesso ecosistema è in capo alla piattaforma ERP, il cui compito è quello di integrare tutte le entità operative lungo la catena del valore, rendendo il flusso delle informazioni più dinamico, robusto e consistente e dunque migliorando l’efficienza operativa complessiva.
All’ERP afferiscono le pianificazioni di tutti i dipartimenti, dal marketing al manufacturing, dal finance alla distribuzione, dagli acquisti all’engineering, così come vi afferiscono altri sistemi core aziendali come i MES (Manufacturing Execution System), i sistemi di supply chain management, quelli dedicati alla gestione delle risorse umane, i CRM, i sistemi di product management e la business intelligence.
Possiamo individuare tre finalità chiave per l’ERP all’interno delle aziende del fashion. La prima, come si evince da quanto prima esposto, è l’integrazione. L’ERP integra le informazioni provenienti dalle diverse divisioni funzionali attraverso l’organizzazione. Proprio dall’integrazione dei processi di business nasce una diversa collaborazione e comunicazione tra i diversi dipartimenti, che porta a un complessivo miglioramento nella produttività e nelle performance.

Appare qui chiaro quale è la seconda finalità: il miglioramento. Se è vero, come è vero, che la mancanza di integrazione tra le operation dei diversi dipartimenti è la causa principale delle inefficienze e della mancanza di efficacia, appare chiaro come nell’industria del fashion l’ERP abbia proprio il ruolo di migliorare produzione, performance, velocità. Questo grazie alla possibilità di introdurre elementi di automatizzazione in alcuni processi chiave: controllo sullo shop floor, tracciabilità dei lotti, quality management, distinta base…

La terza finalità, infine, è la gestione strategica, che si realizza, ancora una volta, grazie al trasferimento accurato di tutte le informazioni disponibili su tutti gli aspetti, dell’organizzazione al management.

AI e Blockchain a supporto delle aziende del fashion

Se guardiamo al futuro delle aziende del mondo fashion, possiamo individuare alcune tecnologie che già ora, ma molto verosimilmente nel prossimo futuro, avranno un impatto importante nella definizione di nuove strategie e nell’apertura di nuove opportunità.
Artificial Intelligence e Machine Learning, tanto per cominciare, sono strumenti sempre più frequentemente utilizzati nelle attività di marketing e recommendation e di marketing intelligence in una logica di maggiore personalizzazione.
Stiamo parlando di algoritmi istruiti per predire con la massima accuratezza possibile il comportamento degli acquirenti sulla scorta di parametri consistenti e ricorrenti, con effetti positivi sia in termini di pianificazione, sia in termini di customer satisfaction.

Un’ulteriore applicazione, riguarda le cosiddette visual recommendation, che aiutano i clienti a trovare sui siti di ecommerce i prodotti di loro interesse, senza dover necessariamente ricorrere a ricerche testuali: è sufficiente scattare una foto al prodotto cercato per ritrovarlo sul sito del merchant e passare all’acquisto. Effetti positivi? Soddisfazione del cliente e aumento delle conversioni.

Sono sempre AI e Machine Learning le tecnologie alla base dei chatbot che supportano i clienti nell’individuazione dei prodotti che meglio rispondono alle loro esigenze e ai loro gusti e li seguono lungo tutto il processo di acquisto. Un ruolo chiave spetta e spetterà anche alla Blockchain, grazie alla sua capacità di creare una correlazione fisico-digitale tra un bene e la sua identità digitale. L’obiettivo, garantire una maggiore trasparenza lungo tutta la filiera, proteggendo da contraffazioni o manomissioni dei beni nel loro passaggio di mano in mano. La catena di custodia della Blockchain tiene traccia dell’ultimo soggetto che ha preso in carico il prodotto mostrando chiaramente in quale punto e in quale fase può essere avvenuta la manomissione.

Var Prime e il focus sulla digital transformation nel mondo del fashion

Il settore fashion è da tempo uno degli ambiti verso i quali ha focalizzato la propria attenzione e la propria azione Var Group. Attraverso Var Prime, la società del gruppo dedicata alle soluzioni Microsoft Dynamics 365, Var Group ha sviluppato soluzioni e practice specifiche proprio per indirizzare la trasformazione digitale di questo comparto.

Spiega Lorenzo Sala, CEO di Var Prime: «Oggi le aziende del mondo del fashion e dell’abbigliamento hanno bisogno di offrire ai loro clienti un’esperienza di acquisto multicanale coerente, gestendo tutti i touchpoint e senza venir meno ai quei requisiti di efficienza che un mercato sempre più globale e competitivo richiede. Tutto questo è possibile solo attraverso una forte componente tecnologica che integri tutti i processi, abilitata dall’agilità del cloud». Attraverso Prime 365 Fashion & Retail Suite, Var Prime indirizza tre tematiche cruciali per il settore.

In primo luogo il Customer Digital Engagement. «Non si tratta semplicemente di digitalizzare tutti i touchpoint del cliente, ma attraverso notifiche e recommendation guidarlo nella relazione con il brand, portandolo non solo alla fidelizzazione, ma a un incremento dei suoi acquisti verso prodotti di gamma superiore», continua Sala.

La seconda tematica è quella della innovazione di prodotto e di processo, «anche con l’aiuto di tecnologie di frontiera come Augmented Reality e Virtual Reality», spiega Sala. Infine, il terzo asse è quello della Extended Digital Collaboration. «In questo caso si parla di un maggiore ingaggio sui dipendenti, di collaborazione lungo tutta la filiera e su tutti gli stakeholder, anche attraverso strumenti innovativi, come i portali collaborativi e le chatbot».

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