Il Service Design, letteralmente “disegno dei servizi”, è una disciplina che aiuta le organizzazioni a vedere i servizi offerti dalla prospettiva dei buyer. È un approccio che bilancia i bisogni dei clienti con le esigenze del business mantenendo l’obiettivo di offrire un’esperienza di qualità e priva di ostacoli e frizioni. Affonda le proprie radici nel Design Thinking, abilitando approcci creativi e human-centered alla progettazione di nuovi servizi o al miglioramento di quelli già esistenti.
I principi del Service Design
Volendo razionalizzare, sono sei i principi che stanno alla base dell’approccio service design:
- Human-centered: ovvero l’invito a considerare l’esperienza vissuta da ciascuna persona coinvolta nel percorso.
- Collaborativo: il processo di progettazione dei servizi deve essere collaborativo e deve coinvolgere figure provenienti da diverse funzioni e con differenti competenze e culture organizzative.
- Iterativo: l’approccio alla progettazione dei servizi deve essere iterativo, adattivo e sperimentale e favorire un precoce e continuo testing delle idee e dei prototipi sviluppati.
- Sequenziale e visivo: i servizi devono essere visualizzati come una sequenza ininterrotta di attività fortemente interrelate.
- Concreto: i bisogni devono essere studiati e verificati nella realtà, le idee trasformate in prototipi. I valori intangibili ricondotti a elementi con una propria evidenza fisica o digitale.
- Olistico: i servizi progettati devono soddisfare tutti gli stakeholder interni all’organizzazione ed esterni, che comprendono oltre ai clienti anche partner, fornitori, e gli altri portatori di interesse.
Il Service Design nell’era della “servitization”
Occorre, a questo punto, chiedersi cosa sono e quali sono i servizi e soprattutto perché sono così importanti.
Secondo la letteratura, un servizio si realizza attraverso una sequenza di attività che di norma includono una forte interazione tra il cliente e il personale dell’organizzazione, ovvero con i suoi sistemi e apparati. Un servizio dovrebbe avere sempre l’obiettivo di offrire una soluzione a un problema del cliente. Originariamente, in un mondo ancora dominato dai prodotti tangibili, i servizi erano tenuti in minor considerazione e anche le prime formalizzazioni delle leve di marketing operativo – prodotto, prezzo, distribuzione e comunicazione – non consideravano le dimensioni collegate all’interazione tra il cliente e il personale, il processo di erogazione e fruizione del servizio e gli elementi in grado di dare consistenza tangibile a un servizio con diversi gradi di intangibilità.
Nell’era della “servitization”, al contrario, sono numerosi i prodotti che si trasformano in servizi: dall’auto di proprietà ai servizi di car sharing; dai cd e dvd agli abbonamenti alle piattaforme di music e video streaming; dall’acquisto delle licenze di programmi alla sottoscrizione periodica e in abbonamento di soluzioni SaaS. Inoltre, si tratta di servizi sono sempre più complessi, che coinvolgono e prevedono un mix di attività online e offline, svariate piattaforme digitali e fisiche, offrendo al cliente gli strumenti necessari a svolgere in autonomia gran parte di quelle attività un tempo svolte da impiegati, addetti e dipendenti dell’organizzazione.
I servizi si trasformano, così, in vere e proprie esperienze, definibili come sequenze di interazioni tra individui e brand che avvengono in una serie di punti distinti – i touchpoint – incontrati lungo il Customer Journey e che hanno sulle parti coinvolte un impatto cognitivo, emotivo, comportamentale e sensoriale importante.
Approcci e strumenti del Service Design
I servizi, per trasformarsi in esperienze e dunque accrescere il loro valore relativo, devono essere in grado di emozionare, far riflettere, coinvolgere, stimolare il cliente. Per questo, una metafora molto frequente è quella di uno spettacolo, ad esempio un film, che deve avere una sua trama e una sua sceneggiatura. In questo contesto, agli strumenti tradizionalmente usati nello sviluppo prodotti sono stati affiancati approcci e processi tipici del design. Vediamo brevemente quali sono e a cosa servono. Anzitutto, occorre precisare che non esiste un unico processo di design dei servizi e il processo migliore è quello che meglio si adatta al problema che si vuole risolvere.
Il punto di partenza: la ricerca, i dati
Ogni processo di Service Design deve partire dai dati, dalla raccolta, più ampia possibile e possibilmente fortemente multidisciplinare, di input che mettano in moto il processo creativo. Per questa ragione, occorre possedere una grande varietà di fonti provenienti dagli ambiti più diversi: economia e management, certo, ma da sole non sono sufficienti. Per evitare le strade percorse da tutti e aprirsi davvero strade nuove, occorre esplorare anche la scienza, l’arte, la tecnologia, la ricerca applicata e di punta. Altrimenti, il rischio è di alimentare il sistema con dati parziali, o, peggio, fortemente polarizzati su specifiche sensibilità. Occorre anche mischiare le modalità di rilevazione: sondaggi e survey, ricerche desktop, test sul campo. In pratica, bisogna ridurre al minimo i bias informativi.
Il processo di design dei servizi: divergenza, convergenza
Il processo di design si distingue per due macro-fasi sequenziali e interconnesse: una prima divergente, una seconda convergente. Il processo divergenza-convergenza non è iterativo, ma sequenziale, anche se ripetuto su scala e con obiettivi via via più specifici e circoscritta molteplici volte.
- Nella fase divergente si esplorano le opportunità esistenti.
- Durante la fase convergente si prendono decisioni volte a tradurre le opportunità emergenti in elementi concreti di un prototipo, via via raffinato.
Nella sua linea generale, il modello prevede una prima fase divergente (discover) in cui si enumerano ed esplorano alternative, idee, opportunità, possibilità emergenti nel contesto e una prima fase convergente (define), in cui si definisce in maniera più stringente il problema, andando a verificare se lo si è compreso e (soprattutto) se si sta risolvendo il problema corretto, ossia quello realmente sentito dall’utente. A questa prima fase di convergenza-divergenza, ne segue una seconda, in cui si diverge nuovamente (develop), per lo sviluppo di prototipi sempre più avanzati, considerando le varie alternative, modalità e combinazione e infine si converge nuovamente (deliver), attaverso la realizzazione, il rilascio e il test del prototipo, di cui si verifica la capacità di risolvere il problema che si era identificato.
Gli strumenti di design
Il Service Design non porta solo un metodo, un approccio, ma anche una molteplicità di strumenti utili a co-creare insieme a tutti gli attori coinvolti nelle fasi di progettazione, erogazione e fruizione. Un percorso che coinvolge figure così diverse e che ha elementi di forte divergenza deve per forza essere fortemente strutturato e governato e richiede uno sforzo iniziale di codifica e creazione – di un linguaggio comune e di un modo di lavorare e confrontarsi condiviso.
Con questo spirito, sono stati sviluppati dal design molteplici strumenti di co-creazione, allineamento, confronto, progettazione. Vediamone alcuni.
1. Personas: ovvero archetipi dei propri clienti, rappresentazioni che, basandosi su dati reali, ne facciano emergere le caratteristiche peculiari.
2. Customer Journey Map: mappe che ricostruiscono l’intera esperienza dell’utente, lungo tutto i punti di contatto, dalla prima interazione con l’organizzazione (o addirittura dalla prima scoperta del problema), fino all’ultima interazione. La Customer Journey Map è fondamentale per disegnare esperienze che siano davvero governate end-to-end, in ogni singola fase.
3. Dramatic Arcs: molto utilizzati nel mondo dello spettacolo, descrivono la sequenza e il ritmo di una performance o di uno spettacolo, guidando il pubblico attraverso momenti di alto e basso engagement.
4. Service Blueprint Map: una mappa che, partendo dal Journey del cliente, definisce chiaramente i processi, le attività, le risorse, le informazioni che l’organizzazione deve mettere in campo per garantire al cliente l’esperienza desiderata. Rispetto a un prodotto puro, la cui fruizione è separata dalla sua fruizione, nei servizi, realizzazione erogazione e fruizione sono eventi sovente simultanei. In pratica: non si può sbagliare.
5. Stakeholder Map: i servizi devono essere ingaggianti per tutti gli attori coinvolti. Sono proprio le Stakeholder Map che visualizzano tutti i principali stakeholder di una specifica esperienza, di un servizio, di un sistema, di un prodotto o di una interfaccia fisica o virtuale. Solitamente, si decide di prendere il punto di vista di una figura (il cliente), in modo che tutti gli altri attori siano in rapporto e in relazione con questa secondo il loro ruolo, come se fosse un film.
6. Value Network ed Ecosystem Map: in pratica una Stakeholder Map arricchita delle interazioni e degli scambi tra gli stakeholder (Value Network Map) e della molteplicità di strumenti, interfacce, sistemi, piattaforme, luoghi incontrati, utilizzati, attraversati durante l’erogazione e la fruizione del servizio.
7. Prototipi: i prototipi dei servizi consistono in repliche simulate del servizio stesso, o di parti di esso, considerando quanto succede sia al di qua che al di là della linea di interazione con il cliente o l’utente. Possono avere diversi gradi di fedeltà agli elementi originari ed essere accompagnati o meno da elementi fisici/tangibili.
Quello che emerge è che la progettazione dei servizi guidata dal Service Design ha il duplice vantaggio di prendere in considerazione molteplici aspetti, di testare continuamente le proprie soluzioni e, infine, di coinvolgere (e spesso divertire) figure provenienti da esperienze e mondi totalmente diversi, portando ricchezza e conoscenza all’interno del processo e del servizio stesso.