L’asset più rilevante di qualsiasi impresa? Sono le persone. E se fino a pochissimo tempo fa qualche imprenditore poteva ancora avere dei dubbi al riguardo, l’emergenza coronavirus ha spazzato in una manciata di settimane ogni perplessità.
Perché l’operatività del business non conosca intoppi, le persone devono avere la possibilità di esprimere il proprio potenziale in tutta sicurezza. E questa condizione va garantita sempre, in qualsiasi situazione si trovino non solo gli individui, ma anche le imprese stesse e gli ecosistemi in cui operano. Come del resto abbiamo appreso dalla dura lezione che il Covid-19 ha impartito a gran parte del sistema socio-economico internazionale. “Il periodo partito a inizio marzo ha messo a dura prova tutte le industry del nostro paese, e alcune sono state stressate più di altre, evidenziando la necessità di intervenire con processi di trasformazione digitale. Un bisogno incarnato da messaggi che prima forse erano stati sottovalutati, interpretati più come slogan che come espressione di un bisogno concreto: questa crisi ha invece reso tangibile la differenza tra chi aveva predisposto un modello di business resiliente e chi invece non si era preparato in modo adeguato“. A parlare è Pietro Lanza, Direttore Generale di Intesa (Gruppo IBM).
Who's Who
Pietro Lanza
L’organizzazione che coordina ha dovuto affrontare una duplice sfida durante la Fase 1 dell’emergenza Coronavirus: da una parte mitigare sul fronte interno le possibili criticità derivanti dall’obbligo di garantire il distanziamento sociale per i propri dipendenti senza rinunciare alla piena operatività, indispensabile per affiancare i clienti in uno dei momenti più decisivi della transizione digitale; dall’altra profondere un impegno superiore a quello richiesto nell’ordinaria amministrazione per offrire al mercato strumenti, tecnologie e metodologie per riuscire a fare altrettanto. E in tempi rapidissimi. “Per fortuna noi eravamo già pronti in questo senso. Un anno e mezzo fa abbiamo deciso di potenziare il percorso di trasformazione legato al lavoro agile dotando le nostre risorse di tutti gli strumenti tecnologici e organizzativi del caso, incluso un addendum contrattuale”, dice Lanza. “Quando siamo entrati nella Fase 1, in conformità con le linee guida diramate dalla capogruppo a livello globale, abbiamo deciso di affrontare la situazione dando la priorità alla salute dei nostri dipendenti, senza però rinunciare a fornire continuità all’attività di business, nostra e dei nostri clienti. Lavoriamo per 4 mila imprese, molte di queste appartenenti a settori che si sono rivelati essenziali durante il lockdown, a partire dal Pharma e dalla Gdo: basti pensare che circa il 50% dei farmaci che si muovono in Italia è veicolato attraverso le nostre piattaforme. Non si è trattato dunque di tenuta del conto economico, ma di vera responsabilità istituzionale”. L’emergenza, come tutti sanno, non è comunque ancora finita, e l’esperienza maturata nelle ultime settimane ha cambiato – forse per sempre – la percezione del rapporto che l’uomo può intrattenere con le tecnologie digitali nel mondo del lavoro. Ecco la visione di Intesa.
Quali opportunità offre la Fase 2 in termini di rivisitazione dei modelli organizzativi e dei modelli di business in funzione delle nuove modalità operative scoperte dalle imprese durante l’emergenza coronavirus?
Il periodo di lockdown che ha coinvolto il nostro Paese ha evidenziato l’urgenza di accelerare il processo di trasformazione digitale. All’inizio della Fase 1 il grado di adozione delle tecnologie digitali da parte delle imprese è stato un vero spartiacque: le aziende più digitalizzate hanno risposto efficacemente alle sfide create dal nuovo scenario declinando anche le vecchie esigenze sui canali digitali, guadagnandone sia in termini di efficienza dei processi interni sia di customer engagement. In vista della ripresa completa delle attività, diventa ora sempre più importante affiancare alle iniziative tattiche messe in atto in questo periodo scelte più lungimiranti di tipo strategico, mirate a consolidare il proprio posizionamento sul mercato e a rispondere ai mutati scenari a livello nazionale e mondiale definendo un nuovo modo di lavorare e di collaborare.
È cambiato il concetto di business continuity e ci si è resi conto che le persone contano più delle operations: come faranno le aziende, con l’aiuto di Intesa, a costruire processi, attività, modelli di business e applicazioni intorno alle persone?
La crisi legata all’emergenza sanitaria ha portato a una profonda revisione delle nostre attuali conoscenze e nella gestione dei nostri valori inerenti la trasparenza, la gestione del rischio, la privacy online, la responsabilità civica, la governance di emergenza, il benessere digitale e l’approccio alla salute pubblica. Nel nuovo modello di business che si va definendo, l’innovazione digitale ha un ruolo primario e la sua gestione richiede un’adeguata formazione del capitale umano, oltre allo sviluppo della tecnologia fondato su principi di etica. In un’era in cui si parla di applicazioni di contact tracing e riconoscimento biometrico per garantire un accesso sicuro ai database aziendali, Intesa disegna le soluzioni tecnologiche insieme al cliente, mettendo a frutto anche le metodologie di design thinking mutuate dalla capogruppo: la persona viene posta al centro di ogni progetto, per sviluppare una user experience in continua evoluzione e sempre più ritagliata sulle reali esigenze degli utilizzatori. Grazie all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, inoltre, le soluzioni diventano sempre più personalizzate e la tecnologia al servizio della persona si evolve grazie anche all’interazione con l’utilizzatore stesso. Il concetto di collaborazione guiderà l’operatività sia all’interno dell’azienda, sia tra aziende diverse.
Dopo l’impatto traumatico di una digital transformation per molti letteralmente improvvisata, in che modo le imprese dovranno gestire l’evoluzione digitale in un contesto di ordinaria amministrazione: su quali leve, tecnologiche, culturali e di processo bisognerà agire per non perdere slancio rispetto al balzo fatto negli ultimi due mesi?
Sono le esigenze della persona a guidare la tecnologia, che si mette al servizio del benessere dell’uomo in chiave evolutiva, un concetto che in Intesa abbiamo riassunto nel modello ‘Tech for Humans’. Abbiamo istituito una task force interna che sta analizzando gli effetti già evidenti e gli scenari futuri indotti dal coronavirus. L’obiettivo è quello di identificare rapidamente delle soluzioni tecnologiche per far sì che le aziende possano lavorare nel modo più agile possibile, grazie all’adozione di piattaforme digitali scalabili che siano di supporto al business anche in vista delle prossime evoluzioni di mercato. Le piattaforme tecnologiche e di business determinano infatti la rapidità con cui è possibile orientarsi verso nuove opportunità di mercato, la capacità di scalare e di offrire servizi mirati, della tipologia e della qualità richiesta dai clienti. Le modalità di accesso alle piattaforme digitali, simultaneamente da parte di più utilizzatori in qualsiasi momento e in qualunque luogo essi si trovino, definiscono l’esigenza di disegnare nuovi processi, guidati dai driver dell’efficienza ma soprattutto del miglioramento della customer experience di tutte le persone che utilizzano la piattaforma. Siano essi dipendenti, collaboratori, clienti o partner.
Quali elementi di cambiamento porta con sé sul piano pratico il concetto alla base del modello Tech for Humans?
Ci tengo a sottolineare che parliamo di un percorso che non è partito negli ultimi tre mesi: si tratta di un progetto inserito nel piano aziendale più di un anno fa. Centralità della persona, innovazione, sostenibilità, trasparenza ed etica sono tutti concetti che possiamo sintetizzare con un’unica parola: trust. D’altra parte, noi siamo un trusted service provider, ed è quindi abbastanza facile capire come questo valore sia da sempre un pilastro dell’offerta di Intesa. Negli ultimi mesi non abbiamo fatto altro che continuare ad alimentarlo, rafforzando la struttura e innalzando i nostri obiettivi. Se l’importanza della centralità del capitale umano è ben descritta dalle espressioni responsabilità sociale e sostenibilità, il nostro impegno concreto si manifesta attraverso la candidatura per il riconoscimento della certificazione B Corp. Rispettare standard di performance, trasparenza e responsabilità significa operare in modo tale da ottimizzare l’impatto positivo verso i dipendenti, la società in cui operano e l’ambiente. Ma non basta: all’interno di Intesa abbiamo attivato una serie di programmi che hanno come obiettivo il benessere e la crescita delle risorse. Inwellness, per esempio, si propone di diffondere la salute e il benessere all’interno dell’azienda in quanto crediamo che ogni impresa sia il risultato di una combinazione di individui in salute sotto il profilo fisico, mentale, ambientale e sociale. Solo garantendola a tutti i livelli, dal nostro punto di vista, si riesce a innescare un circolo virtuoso. Accrescere la soddisfazione, la motivazione, il coinvolgimento e il senso di appartenenza dei dipendenti, rendere facili e accessibili le scelte salutari e aiutare le persone a “star meglio oggi per star bene domani”, mettendo infine l’azienda in condizione di essere nel complesso più competitiva e sostenibile sono le finalità di questo specifico progetto. A Inwellness si accompagna poi il programma Intribe, la community dedicata alle risorse più giovani di Intesa. Puntiamo a creare uno spazio di incontro cross-dipartimentale all’interno del quale ognuno possa esprimere liberamente idee, condividere esperienze, essere ascoltato e trovare opportunità di crescita personale e professionale. L’appartenenza alla community prevede la partecipazione facoltativa ad appuntamenti dedicati, sessioni formative e attività creative, con il coinvolgimento anche in iniziative ed eventi esterni a cavallo di arte, cultura e innovazione. Si tratta di un’iniziativa strategica, soprattutto se vista dall’ottica di un’azienda che ha continuato ad assumere anche durante il lockdown, accogliendo all’interno dell’organizzazione talenti mai incontrati di persona. Fondamentalmente, il modello Tech for Humans è trasversale e può essere implementato ovunque vi sia attenzione verso l’asset più importante di ogni attività produttiva: la risorsa umana.
In definitiva, quale sarà il ruolo di Intesa nella trasformazione del modo di intendere il business all’interno della società post Covid-19?
Vogliamo contribuire a creare un nuovo modo di intendere il business, a partire già da alcune best practice immediate, che abbiamo messo a punto durante questi mesi di lockdown e remote working, che possono aiutare le aziende che stanno cercando di comprendere come gestire le nuove complessità introdotte dal coronavirus. Alcune di queste sono destinate ad assottigliarsi con il progressivo ritorno alla normalità, altre rimarranno per molto tempo e richiedono alle imprese, già oggi, uno sforzo perché in alcuni casi è necessario ripensare completamente il business. In ogni caso, chi crede di poter mettere in campo tattiche reversibili non ha ben interpretato gli effetti dirompenti della crisi che abbiamo vissuto. Dal canto nostro, abbiamo individuato alcune linee guida per le aziende per un ritorno all’operatività nel medio termine e per porre le basi dei successivi anni. Innanzitutto, è necessario definire un modello chiaro e regole precise per il ‘return to workplace’: la curva dei contagi sembra essere tornata entro parametri controllabili ma è necessario predisporsi per una possibile nuova fase di contagi: le aziende e gli stati non possono più permettersi un blocco totale e quindi devono trovare formule per garantire la continuità di business, tutelando le proprie risorse e diversificando il proprio modello di produzione/erogazione di beni e servizi. Per questo occorre re-indirizzare il proprio operato per rispondere alle nuove esigenze dei clienti e modernizzare infrastrutture e integrare servizi digitali (per esempio IoT, Blockchain, AI) sfruttando tutte le opportunità che abbiamo in questo senso, a partire dai fondi che incentivano la modernizzazione aiutandoci a riportarci in linea con i partner e i competitor internazionali. Facendo un confronto con il mondo della Formula 1, il lockdown può essere visto come la safety car che dopo un brutto incidente allinea le monoposto in gara. A breve la safety car uscirà di pista, e tutte le auto ripartiranno in linea: a quel punto i concorrenti che riusciranno a guadagnare più terreno saranno quelli che sanno sfruttare meglio l’accelerazione. E io credo che l’Italia abbia tutte le carte in regola per raggiungere la posizione che si merita in questa gara.