La digital transformation è davvero in grado di rafforzare il prestigio del nostro Made in Italy? Era questa la provocazione lanciata da Deloitte per stimolare il confronto al suo Innovation Summit 2017, organizzato nei giorni scorsi a Milano. Nel videomessaggio di apertura, il Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha parlato di una vera e propria “economia dell’accelerazione” e di come anche i settori più tradizionali dell’eccellenza italiana «sopravvivono solo se sanno coniugare la creatività che tutto il mondo ci riconosce con la spinta all’innovazione fondamentale per competere sui mercati globali. Un’innovazione di cui il Governo si fa promotore, come dimostrano l’impegno verso la trasformazione digitale della PA e la progressiva estensione della copertura in Banda Ultralarga del Paese».
L’evento Deloitte si è concentrato sull’innovazione digitale nei comparti fashion, automotive e turismo che, insieme, generano il 20% del PIL nazionale. «La centralità dell’innovazione emerge chiaramente in questi tre settori – ha commentato il CEO di Deloitte Italia, Enrico Ciai –. Fondamentale, in questo senso, è il ruolo degli incubatori internazionali come il nostro partner PoliHub, oltre ai venture capitalist. Ma altrettanto rilevanti sono le competenze, su cui ci impegniamo tra l’altro con l’iniziativa Officine Innovazione, che aggrega curriculum completamente diversi, con esperienze in particolare su Blockchain, Internet of Things e Artificial Intelligence».
Gli attori del c
ambiamento
«Il connubio tra eccellenza e innovazione si realizza solo creando un ecosistema che coinvolge 4 attori chiave – ha spiegato Andrea Poggi, Innovation Leader di Deloitte –. La classe imprenditoriale, lo Stato, che deve creare condizioni favorevoli, il sistema finanziario, che deve fornire carburante all’innovazione e, infine, il capitale umano, con le università e la ricerca che devono creare l’ambiente culturale giusto». Proprio come succede nella Silicon Valley, un modello di innovazione “sistemica” citato a più riprese nel corso dell’evento, che ha visto la partecipazione straordinaria del co-fondatore di Apple, Steve Wozniak.
Tronchetti Provera (Pirelli): «Il digitale potenzia la nostra capacità di competere»
«Esiste indubbiamente un problema di sistema-Paese – denuncia l’Executive Vice Chairman e CEO di Pirelli, Marco Tronchetti
Provera – che ci rende incapaci di stimolare la crescita, l’innovazione, il successo. Tutto è lasciato alla capacità e all’iniziativa dei singoli. Noi facevamo un prodotto rotondo e nero, all’apparenza il più banale del mondo. Ma oggi lo facciamo meglio di tutti, colorato, parlante, e tutto questo grazie al valore delle persone e al digitale. Il digitale potenzia la nostra capacità di competere, ma per cavalcare questa opportunità serve un ecosistema. Il Piano Calenda per Industria 4.0 va in questa direzione ma da solo non basta. Noi non abbiamo una Silicon Valley ma abbiamo tante micro realtà d’eccellenza che vanno avanti solo con le proprie forze. Abbiamo tanta creatività e buona volontà, ma competiamo, a livello globale, contro aree defiscalizzate, incentivate, sostenute… Ecco quello che manca al Belpaese. Occorre investire sulla formazione, ci vuole più integrazione tra industria e mondo accademico, ci vogliono incentivi».
Marco Bizzarri (Gucci): «Spazio alla Cloud Creativity»
«La creatività è un valore delle imprese italiane e di quelle del fashion in particolare, dove le barriere all’innovazione sono particolarmente basse», ha spiegato Marco Bizzarri, Presidente e CEO di Gucci, autore della recente rinascita della maison toscana (+16% di fatturato nel 2016). «Dobbiamo ragionare sempre come se fossimo startup, anche se Gucci è una realtà di 11mila persone. Occorre investire per far crescere i talenti interni ed essere attrattivi per i giovani che escono dall’università». La tecnologia gioca ancora un ruolo “embrionale” nel settore moda, a detta del manager reggiano. «È un settore atipico, si investe molto sulla ricerca e sviluppo dei materiali alternativi ai tessuti e meno sul digitale. In Gucci però negli ultimi 3 anni sono stati fatti passi da gigante: grazie alle tecnologie digitali è possibile un approccio di “Cloud Creativity”, andando a scovare il talento anche alla base della piramide organizzativa. Un passaggio non da poco, in una realtà molto strutturata come Gucci. Ma In un mondo che corre alla velocità della luce i talenti devono potersi esprimere e bisogna mettere in conto anche la possibilità di fallire: io nel mio piccolo in Gucci cerco di creare l’instabilità».
Luca di Montezemolo (NTV): «Digitalizzazione cruciale per far crescere il comparto»
E il turismo italiano? Secondo Luca di Montezemolo, socio fondatore e Consigliere di Amministrazione di NTV – Nuovo Trasporto Viaggiatori -, la compagnia ferroviaria di Italo,
«subiamo una fortissima competizione dalle nuove mete del turismo internazionale come Dubai – ha spiegato –. Realtà che investono tantissimo nel marketing e nella promozione, cosa che per noi ancora non è prassi. L’Italia negli ultimi anni attrae un turista tipicamente mordi e fuggi, low cost e a basso margine, che non genera ricchezza per gli operatori del settore». L’innovazione e la digitalizzazione sono, quindi, fondamentali per far crescere il comparto, ma questo deve andare di pari passo con gli investimenti strutturali e il coinvolgimento dei privati nelle grandi opere. «Noi siamo l’esempio lampante che si può operare con successo anche in ambiti tradizionalmente oggetto di monopolio. Infine, altrettanto fondamentale è la creazione di un nuovo rapporto con l’università italiana». L’Italia, precisa il manager, è il Paese con il maggior numero di siti “Patrimonio dell’Umanità” dell’UNESCO, ma è solo al 5° posto nella classifica mondiale delle mete turistiche. «È cambiato il consumatore e noi non siamo stati in grado di capirlo. Non possiamo sempre pensare che Venezia e Capri ci salveranno…».
Schmidt (Uffizi): «L’esperienza immersiva si affiancherà a quella fisica»
Un’innovazione necessaria ma non sufficiente per la riqualificazione internazionale del turismo italiano, concorda Eike Schmidt, Direttore delle Gallerie degli Uffizi di Firenze, che sottolinea però, il valore del digitale in quanto tale. «I musei per definizione si basano sull’identità di luogo e dell’oggetto esposto in quel luogo. Grazie alla realtà virtuale e aumentata, alla progressiva digitalizzazione dei cataloghi, però, è possibile lavorare sulla miglior promozione dei nostri capolavori, fornendo un assaggio di quel che sarà l’esperienza vera una volta giunti nel museo. In futuro ci sarà sempre più spazio per l’esperienza immersiva, che non si sostituirà ma si affiancherà a quella fisica, l’unica che permette di gustare e respirare l’opera».