Analisi e ricerche

Startup innovative, Bankitalia approva: «Selezionate realtà con impressionante potenziale»

Il rapporto “Innovative start-ups in Italy” evidenzia le caratteristiche delle neoaziende definite dal Decreto Crescita 2.0, e iscritte all’apposita sezione del Registro delle Imprese: hanno più brevetti e proprietà intellettuale della media, sono più capitalizzate e investono di più. Però fatturano di meno

Pubblicato il 19 Set 2016

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L’espressione “startup innovative” in Italia ha un significato ben preciso e univoco: indica le realtà che soddisfano le condizioni definite dal decreto “Crescita 2.0” del 2012, e della relativa legge di conversione 221/2012, e sono iscritte all’apposita sezione speciale del Registro delle Imprese, beneficiando delle agevolazioni stabilite dallo stesso decreto.

Dopo oltre tre anni pieni dal Decreto è interessante capire se e quanto siano efficaci queste agevolazioni, e quindi se e quanto le startup innovative si differenzino dalle altre startup. Un recente rapporto della Banca d’Italia (“Innovative start-ups in Italy: their special features and the effects of the 2012 law”, curiosamente disponibile solo in inglese), della serie “Questioni di Economia e Finanza”, ha fatto proprio questo. Gli autori – Paolo Finaldi Russo, Silvia Magri e Cristiana Rampazzi – hanno comparato 1758 startup innovative (selezionando tra le oltre 5000 iscritte nella sezione speciale solo quelle che hanno depositato almeno il bilancio 2014) con le oltre 134mila imprese che in Italia, secondo il database Cerved, hanno caratteristiche simili (piccole con 4 anni di vita al massimo, fatturato inferiore a 5 milioni, e asset totali non nulli) ma non sono iscritte alla sezione speciale.

In estrema sintesi, le conclusioni del report sono queste: le startup innovative fanno più innovazione, nel senso che possiedono più brevetti e asset intangibili, investono di più, crescono più in fretta, hanno capitalizzazione e liquidità più alte, e riescono a raccogliere più investimenti in equity. Per contro hanno fatturati più bassi, anche perché arrivano sul mercato più tardi.

Un articolo su EconomyUp ha approfondito alcuni punti del report. Una specificità delle startup innovative (nel documento chiamate “ISUP”, innovative start-ups) per esempio è la più alta incidenza del valore delle risorse intangibili (in particolare, brevetti e proprietà intellettuali) sul totale degli asset. Lo scarto è alto anche rispetto alle startup hi-tech non iscritte (33,6% contro 15,5%), e quindi, sottolinea il report, l’alto grado di innovatività è da considerarsi un segno distintivo delle startup innovative.

Per contro, come si accennava, il loro fatturato è in media più basso rispetto alle altre nuove imprese: 165mila euro contro 459mila. Un motivo, secondo gli

analisti di Bankitalia, è il maggior tempo impiegano per arrivare sul mercato: la percentuale di startup innovative che non ha ancora cominciato a vendere i propri prodotti è di circa il 20%, quasi il doppio rispetto alle altre. Però il loro fatturato cresce più velocemente. Tra il 2012 e il 2013, considerando sia le vendite che gli asset, le ISUP hanno registrato un’espansione superiore rispetto alle altre, finanziata sia dagli investimenti in equity che dal debito. Inoltre le startup innovative ricevono una quota di investimenti in equity superiore, e hanno debiti più bassi, in particolare con le banche, anche perché i loro progetti sono considerati rischiosi e l’accesso al credito diventa più difficile che per le altre aziende. È questo che giustificherebbe la possibilità, voluta dal legislatore, di accedere in modo più semplice al Fondo di Garanzia.

Un’altra specificità dal punto di vista finanziario è l’alta liquidità, di 3-4 punti percentuali maggiore rispetto alle altre startup. Secondo Bankitalia, le forti opportunità di crescità e la variabilità dello scenario in cui si muovono spingerebbero le ISUP e mantenere del cash per poter finanziare improvvise esigenze d’investimento senza dover ricorrere a fonti esterne.

In effetti il report evidenzia anche una maggior propensione a investire: le startup innovative hanno un rapporto medio investimenti/asset complessivi del 22%, contro l’11,4% delle startup hi tech non iscritte alla sezione speciale, e il 77% delle ISUP registra un valore positivo nella spesa per investimenti contro il 60% delle altre startup.

La seconda parte del report poi ha l’obiettivo di capire se e quanto le agevolazioni introdotte con il Decreto Crescita 2.0 abbiano avuto effetto sulle strutture finanziarie e sulle performance delle ISUP.

Nel complesso – sintetizzano gli autori – l’effetto c’è stato: «La legge ha selezionato realtà con un impressionante potenziale di innovazione». Ed è stato importante soprattutto sulle startup innovative del settore servizi perché ha favorito l’entrata di risorse dall’esterno, sia sottoforma di prestiti bancari (verosimilmente attraverso le garanzie pubbliche del Fondo Centrale di Garanzia), sia come investimenti nel capitale (equity), per i quali investitori hanno avuto incentivi fiscali.

«Il Decreto Crescita e la legge conseguente del 2012 sono stati quindi efficienti: i tassi di investimento più alti delle ISUP sembrano specificamente legati ai più alti livelli di equity nelle loro strutture finanziarie, confermando la tesi ampiamente diffusa in letteratura che il capitale è il miglior modo per finanziare l’innovazione».

La conclusione secondo Bankitalia è che i criteri molto severi di definizione dell’innovatività hanno contribuito fortemente al successo del Decreto Crescita 2.0 nel selezionare e favorire un gruppo di startup a propensione realmente molto innovativa. La definizione di “PMI innovative”, creata in un secondo tempo, non è stata altrettanto efficace (sono solo 190 al giugno 2016 le realtà iscritte a quest’altra sezione speciale del Registro delle Imprese) proprio perché le condizioni per rientrarvi sono state rilassate rispetto a quelle richieste alle startup.

«In un periodo in cui la spesa pubblica è particolarmente vincolata, ci chiediamo se sia il caso di finanziare PMI “meno innovative”, o se piuttosto concentrare queste risorse solo sulle ISUP, estendendo le agevolazioni a loro dedicate oltre il 2016 che è l’attuale limite previsto dalla legge».

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