Offrire una shopping experience evoluta attraverso servizi personalizzati è ormai al centro delle strategie di business in ogni settore. Perché farlo? Semplice: perché i processi di vendita sono radicalmente cambiati. Prima di tutto perché, rispetto al passato, il viaggio del consumatore verso un prodotto non è più dettato da bisogni primari. Mangiare, vestirsi, lavorare, studiare, socializzare, distrarsi, divertirsi… oggi ci più orizzonti di bisogno e di desiderio. Quello che la distribuzione ha capito è che il prezzo conta fino a un certo punto.
A influenzare gli acquisti subentrano tutta una serie di fattori e di variabili. Ingaggio e fidelizzazione, infatti, dipendono da un percorso emozionale dove entrano in gioco gli amici, l’ambiente, le mode che creano degli status symbol così come le diverse dimensioni digitali con cui ognuno di noi ogni giorno si confronta. Dai siti per la comparazione dei prezzi ai social network, dalle pubblicità alle strategie sempre più sofisticate dei vendor, tra promozioni, gamification, proximity marketing ed eventi il customer journey si compone di tanti capitoli e tanti potenziali punti di contatto tra il brand e il cliente.
È questo il motivo per cui per qualsiasi retailer è diventato un must analizzare i comportamenti dei consumatori andando a monte del processo d’acquisto. L’obiettivo? Capire cosa guardano i clienti, dove vanno, come chiedono, in che modo confrontano e cosa pensano nel valutare un prodotto o un servizio. E questo vale dentro e fuori al negozio.
Le tecnologie intelligenti nel retail, visibili ed invisibili
Il tema principale, infatti, è che non esiste più un confine netto tra mondo analogico e mondo digitale: anche lo shopping è diventato liquido. Il consumatore compra ovunque, on line oppure off line, a volte seguendo un obiettivo, altre preso da un impulso causale. A questo si aggiunge un altro elemento differenziale: il consumatore, rispetto al passato, è diventato sempre più inseparabile dal suo smartphone e con lo smartphone ha imparato a fare tante più cose di una semplice telefonata. La consumerizzazione dell’IT lo ha portato a usare la tecnologia per cercare i prodotti, verificare i prezzi, consultare le opinioni delle community, fare comparazioni rispetto alle prestazioni, alla qualità o ai trend del momento. Non solo: grazie alle fotocamere che leggono i Qr code, alle tecnologie Bluetooth di quarta generazione o alla Near Field Communication (NFC) ha imparato a interagire in modo diverso con i prodotti, con gli ambienti, con i commessi e con i brand. La distribuzione si sta adeguando a questo cambiamento e sta imparando che l’e-commerce è solo una variante del customer journey e che la shopping experience non può fare a meno di passare dalla tecnologia.
Così, se è vero che il 75% dei consumatori cerca i prodotti on line prima dell’acquisto (Fonte Deloitte – The Changing Face of RETAIL) è anche vero che il punto vendita fisico e i brand hanno ancora moltissime carte da giocare per ingaggiare e fidelizzare i clienti. E tutto questo ruota attorno a tecnologie di nuova generazione che trasformano la distribuzione in un settore veramente smart. L’obiettivo? Regalare una brand experience unica che, in termini di brand awareness e di fidelizzazione, spesso vale molto più che mettere una sola volta un prodotto nella borsa del consumatore.
“La distribuzione ogni volta deve saper creare qualcosa di diverso, superando le aspettative degli utenti – spiega Martino Mombrini, Direttore Marketing IT Division di Samsung -. In questo senso, la tecnologia è la chiave che riesce a dirigere tutti gli aspetti del customer journey attraverso un’integrazione di soluzioni intelligenti che trasformano una vetrina, un espositore, uno specchio digitale in tanti touch point della comunicazione e della relazione. L’effetto wow di un digital display che rende più spettacolare un ambiente grazie a scenografie ad alto impatto emozionale è solo uno dei tanti elementi che aiutano a costruire un’interazione e una relazione di qualità. Ci sono tecnologie visibili ma anche tante tecnologie invisibili che aiutano i brand ad essere attrattivi e informativi. E oggi è possibile scegliere la combinazione più adatta ai propri prodotti e ai propri target”.
Shopping experience: dal negozio all’e-commerce e viceversa
Samsung in questo senso è stato precursore, integrando la tecnologia NFC nei suoi telefonini a base Android, innescando una relazione decisamente disruptive con gli utenti in mobilità. E questo quando ancora di Intenet of Things e di smart object si parlava poco. Nel tempo, il provider ha costruito una shopping experience altamente coinvolgente arricchendo la gamma di dispositivi intelligenti, capaci di far dialogare gli oggetti con le persone per offrire informazioni includendo una vasta gamma di soluzioni, dalle etichette elettroniche ai digital display che sono sia soluzioni di digital signage che magic mirror, teche interattive che fungono da espositori ma con una parete trasparente che propone informazioni in realtà aumentata, tavoli intelligenti che negli show room aiutano il personale a completare gli ordini e a verificare l’upselling.
È così che i brand possono costruire nuove modalità di relazione con i clienti che interagiscono con il mondo degli oggetti comunicanti con sempre maggiore curiosità e passione. La Internet of Things nella distribuzione significa portare una nuova intelligenza ma anche tante nuove opportunità di sviluppo: la tecnologia diventa un modo per ricreare lo stile e la forma di una nuova comunicazione interattiva, fatta di schermi touch screen che permettono da un lato ai consumatori di navigare le informazioni per consultare prodotti, prezzi e caratteristiche mentre i brand possono studiare i comportamenti e le modalità di ricerca per affinare l’offerta in base a risposte reali.
Le tecnologie si confermano un punto cardine della relazione anche nella fase finale del pagamento: firma digitale, possibilità di offrire ai clienti di ordinare on line anche in store per i prodotti che non sono presenti fisicamente in negozio o ritiro veloce per ordini effettuati on line e punto vendita che fa da punto di picking sono tutte formule del retail 3.0 che ha capito come prendere il meglio del mondo analogico e del mondo digitale per conquistare i consumatori e portarli a una nuova dimensione dello shopping in un’unica soluzione di continuità tra acquisto fisico ed e-commerce.
Ma l’occhio vuole sempre la sua parte!
Le tecnologie nei punti vendita hanno sicuramente nel digital signage una componente chiave. I clienti trovano display di ogni foggia e misura, armonizzati al design del negozio, che li informano sugli orari di apertura e chiusura, gli raccontano quali prodotti sono correlati ai loro acquisti (cross selling) o gli propongono promozioni speciali una volta che riconoscono il cliente tramite carta di credito o tecnologia beacon.
Grazie alle tecnologie beacon, ai sensori e ai tag RFID, è possibile interagire con i clienti riconoscendo non soltanto la loro pedonalità dentro e fuori allo store, ma anche raccogliere informazioni sullo storico dei loro acquisti per incrociare i dati e personalizzare l’offerta per proporre quello che serve quando serve davvero.
La qualità dell’informazione diventa bimodale, aiutando da un lato la distribuzione e dall’altro i clienti in un percorso virtuoso della comunicazione. È così per le etichette intelligenti che, grazie a un tag o a un Qr code, associate ai cartellini dei prodotti rendono trasparente l’informazione, permettendo ai clienti di capire meglio che cosa stanno acquistando e a farlo in autonomia. In questo modo il commesso può lavorare a un livello più alto della comunicazione: grazie a tablet e smartphone in store può aiutare i clienti con consigli a valore aggiunto, proponendo soluzioni o alternative avendo sempre a portata di mano il catalogo dell’offerta e lo stato dell’inventario.
D’altro canto gli arredi in store nascondono tecnologie di ultima generazione che permettono di capire meglio i consumatori, aiutando il personale in negozio a gestire meglio i turni di lavoro, la relazione ed il business.
“I consumatori attuali sono alla ricerca di stimoli visivi – prosegue Mombrini -. L’ampia diffusione dei media nella vita quotidiana ha fatto sì che i clienti preferiscano i concetti raccontati con immagini fresche, esaustive e facili da capire, piuttosto che un lungo testo da leggere. Rimangono colpiti dal modo in cui vengono presentati gli elementi visivi, che vengono immediatamente associati al loro modo di percepire il marchio. Il digital signage diventa più smart integrando una nuova intelligenza software che offre una pianificazione dei filmati e dei messaggi, ma può anche intercettare cosa guardano di più o di meno gli spettatori. I display, infatti sono sempre più dinamici e interattivi, permettendo non solo di rendere più spettacolare un ambiente ma anche di comunicare in maniera mirata messaggi che cambiano in base all’ora e al giorno, secondo una pianificazione mirata”.
La personalizzazione della shopping experience è diventata una capacità cruciale per poter continuare ad avere un ruolo rilevante per i clienti digitali. Con il progresso tecnologico, questo fenomeno sta accelerando verso un’iper-personalizzazione, dove i dati, le informazioni geolocalizzate, le opinioni, i comportamenti d’acquisto, le connessioni sociali e via dicendo, vengono analizzati in modo più approfondito. Molti retailer all’avanguardia stanno adottando misure per offrire ai loro clienti una shopping experience veramente personalizzata dinamica e a valore utilizzando delle analitiche evolute che vengono da una nuova gestione dei dati portati dalle tecnologie che consentono di registrare, monitorare e tracciare i percorsi, le scelte e i comportamenti d’acquisto.
Dal negozio tradizionale al concept store, la distribuzione sta cambiando pelle. I retailer sentono sempre più la necessità di trasformare non solo l’aspetto del punto vendita ma anche i servizi offerti, per garantire una shopping esperience di massimo livello e allo stesso tempo ottimizzare i costi.