Scenari

Senza cookie di terza parte è a rischio la democratizzazione del web?

Lo scambio di valore editore-piattaforme tecnologiche è in pericolo: i big del web potrebbero rafforzare il controllo sulla spesa pubblicitaria. Occorrono nuovi modelli per “salvare” l’Open Internet

Pubblicato il 19 Mag 2021

Ilaria Zampori*

General Manager Italy & Spain di Quantcast

Cookie di terza parte

Dell’eliminazione di cookie di terza parte si parla moltissimo, dopo che Google ha annunciato che il suo browser Chrome non li supporterà più. Tutti noi, che quotidianamente accediamo a qualsiasi contenuto online, siamo abituati a considerare Internet come una fonte inesauribile di informazioni diversificate e, quasi sempre, gratuite. Il web che conosciamo – aperto e libero – si basa però su solide fondamenta chiamate “pubblicità” che ora rischiano di sprofondare.

Il mondo online si fonda, infatti, su un modello di business consolidato tra editori e inserzionisti. I primi monetizzano il contenuto gratuito permettendo ai secondi di accedere allo spazio dei loro siti e agli insight sulla loro audience. Più dati un editore ha a disposizione sui propri utenti, più il suo spazio pubblicitario o “inventory” diventa prezioso. E gli inserzionisti, a loro volta, continueranno ad investire solo finché avranno la certezza che il loro budget pubblicitario viene speso in un ambiente rilevante. Lo scambio di valore basato sull’esistenza dei cookie di terza parte è stato sino ad oggi cruciale per la crescita dell’editoria digitale.

Fine dei cookie di terza parte: un punto critico

Ora, però, ci troviamo ad un punto critico perché questo scambio di valore, per essere facile, funzionale ed efficiente, richiede la partecipazione di aziende tecnologicamente capaci di erogare l’annuncio pubblicitario giusto al momento giusto alla persona giusta, e proprio attraverso questa dinamica gli editori traggono profitto. Un processo a lungo basato sui cookie di terza parte che permettono di analizzare il comportamento attraverso diversi siti e nel tempo.

Dopo le recenti mosse dei principali browser questi cookie di terza parte non sopravviveranno per molto. Chrome ha annunciato che non li supporterà più a partire dal 2022. Se consideriamo il mondo dell’Open Internet, ovvero quella moltitudine di contenuti, informazioni e siti che compongono il web al di fuori dei walled garden, tale azione renderà sempre più difficile la misurazione e l’erogazione dei messaggi pubblicitari personalizzati basati sui comportamenti e sugli interessi dell’audience online in modo scalabile.

A rischio il level-playing field tra editori e OTT

La fine dei cookie di terza parte rischia di svalutare l’inventory degli editori mettendo seriamente in pericolo la loro capacità di operare in modo sostenibile. Sebbene le apparenti motivazioni che hanno guidato questa mossa possano essere considerate positive, in termini di attenzione alla protezione dei dati degli utenti – ispirata a normative come il GDPR – l’eliminazione dei cookie di terza parte in nome di una maggiore privacy creerà inevitabilmente un campo di gioco non paritario.

In questo scenario gli unici vincitori saranno, infatti, come sempre, solo le grandi aziende tecnologiche. Con la loro enorme quantità di dati di prima parte raccolta attraverso i login e i nostri account online i “walled garden” rafforzeranno ulteriormente le loro posizioni dominanti.

Senza cookie di terza parte più potere ai big tecnologici

Attualmente, in Italia, secondo i dati rilasciati dall’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano, nel 2020 già il 78% degli investimenti pubblicitari digitali avveniva all’interno di questi ecosistemi chiusi. Pur non producendo alcun contenuto, queste società traggono immensi profitti dalla distribuzione di contenuti realizzati dagli editori nell’Open Internet. Bloccare i cookie di terza parte significa per loro assumere un controllo sempre maggiore sulla spesa pubblicitaria.

Per ottenere un equilibrio di potere è quindi necessario trovare delle soluzioni alternative che permettano all’Open Internet di continuare a raggiungere gli utenti presentando messaggi profilati e rilevanti. Quantcast e altri player della industry della pubblicità online, incluse le associazioni quali IAB Tech Lab Project Rearc e W3C (World Wide Web Consortium), stanno lavorando attivamente per poter continuare ad operare in modo efficiente ed efficace.

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