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Banche e assicurazioni, perché l’impegno ESG conta nella scelta del partner

Le policy ESG sono sempre più centrali nella gestione del business, soprattutto in vista della deadline del 2024 che potrebbe escludere dal credito le aziende prive di rating di sostenibilità. Ecco, dunque, perché è cruciale iniziare a pensarci, partendo dai propri fornitori

Pubblicato il 12 Giu 2023

Immagine di Julia Ardaran da Shutterstock

Il pugno dell’Europa nei confronti del greenwashing si fa sempre più duro. E nella severa corsa verso i target ambientali e sociali che l’Unione si è data, resta sempre meno spazio per operazioni aziendali di facciata e di comodo. A meno che non si voglia rischiare di trovarsi a bocca asciutta nei rapporti con il mondo del credito.

Per il Banking & Insurance la partita è cruciale. Dal 2024, in uno scenario che negli anni successivi andrà a coinvolgere tutte le realtà imprenditoriali, il comparto dovrà sottostare ai nuovi obblighi di rendicontazione e di valutazione delle imprese da finanziare. Rispettando così le nuove prescrizioni che mirano a comunicare a consumatori e investitori quanto il modello di business sia realmente in linea con i criteri ESG, ovvero la valutazione della sostenibilità ambientale, della responsabilità sociale e dei principi di governance inclusiva. «Il rischio? Le imprese potrebbero trovarsi del tutto escluse dall’accesso ai finanziamenti», chiarisce Carolina Cortellini, founder e Ceo di Microdata Group, realtà che realizza in full outsourcing soluzioni per la gestione completa dei processi di business di front-end e back office di importanti gruppi bancari, assicurativi e finanziari, oltre che aziende dei settori GDO, farmaceutico e utilities.

Insomma: in futuro risulterà sempre più strategico per un’impresa – grande o piccola che sia – dare conto in modo oggettivo del proprio contributo alla transizione sostenibile e non solo, fornendo dati e informazioni di qualità, accessibili, verificabili e comparabili. E allora, perché non muoversi d’anticipo, iniziando fin da subito a ragionare anche sulla propria supply chain?

Per Microdata Group, il quesito è centrale. E lo è a tal punto che, fin da tempi non sospetti, l’azienda lavora sulle policy di sostenibilità per fornire ai clienti una proposta di valore che vada oltre il semplice servizio di qualità. «Sono temi ai quali bisogna credere già in partenza – spiega la Ceo -, ma che nel tempo, una volta coltivati, possono rivelarsi preziosissimi alleati non solo della competitività aziendale, ma anche della propria immagine nei confronti del mondo e del mercato».

Azioni concrete vs di facciata: una sfida fra opposti

Il concetto è semplice. In un contesto internazionale che identifica i criteri ESG come sempre più centrali, addirittura vincolanti, di un qualunque percorso di business, la lungimiranza di un’azienda si gioca anche e soprattutto sulla sua capacità di avvalersi di fornitori attenti e sensibili a queste tematiche. Un’attenzione non del tutto accademica, se consideriamo che già oggi gli istituti di credito e gli intermediari finanziari stanno introducendo e integrando i fattori ESG nella valutazione del rischio.

Il punto cruciale è essere in grado di mettere in atto azioni concrete e sostanziali, allontanando il rischio di limitarsi a semplici operazioni di facciata o, peggio, a deleterie mosse di greenwashing. Solo una linea d’azione virtuosa può infatti valere il confronto con la rigorosità dei controlli di rating, mettendo l’impresa in condizioni di affrontare serenamente l’appuntamento con il 2024.

L’autorevole voce del “Global Outlook for Banking and Financial Markets 2022” di IBM Institute for Business Value spiega ad esempio che, fra i principali imperativi del settore, emerge la cosiddetta Sostenibilità fattibile. Il trend cruciale, spiegano gli analisti, è infatti «trovare modelli di sostenibilità praticabili per consentire agli istituti finanziari di avviare iniziative che soddisfino le aspettative del mercato, i requisiti normativi e gli obiettivi etici aziendali, il tutto con un rapporto costi-benefici accettabile».

Un pain, questo, confermato con ancor maggior vigore nell’edizione 2023 del report, secondo cui «le preoccupazioni ambientali hanno portato a nuove, seppur necessarie, restrizioni alle attività commerciali ed economiche. Se da un lato le banche possono essere parte integrante della soluzione di sostenibilità e trovare nuove opportunità di guadagno, dall’altro sono esposte a nuovi rischi e a complessi requisiti di conformità. Dovranno navigare in questo settore con grande attenzione, non solo per la loro attività ma anche per il pianeta.

Conseguenza? Carolina Cortellini spiega che «le politiche ESG stanno orientando sempre di più le scelte strategiche delle imprese», con una crescente attenzione anche al posizionamento dei fornitori.

«C’è molta sensibilità su questo tema – spiega -, anche perché, a loro volta, le aziende devono dimostrare di avvalersi di fornitori e partner orientati alla sostenibilità per non essere penalizzate nel rating. Devono, insomma, dimostrare che la sostenibilità non è solo interna all’azienda, ma che viene presidiata tutta la catena di fornitura. In questo senso impattano soprattutto le scelte di carattere energetico e di salvaguardia ambientale, ma anche le strategie di tipo Human, dalle iniziative di inclusione a quelle di formazione e welfare».

Antenne dritte, dunque, in ambito Finance, nei confronti dell’intera supply chain: «Sono sempre più numerose le aziende del comparto, che si attivano per avere informazioni in merito alle policy ESG dei fornitori: pongono domande, avanzano richieste, chiarimenti» puntualizza Andrea Crestani, Compliance manager di Microdata Group. «In fondo il D-Day del 2024 è imminente: davanti alla prospettiva di ottenere un accesso al credito più costoso, in un contesto di linee guida e standard attualmente vario e in continua evoluzione, intraprendere azioni sulla catena di fornitura diventa cruciale. Un primo passo verso un mercato sempre più sostenibile».

La chiave? Evitare di pensare all’immediato tornaconto

Lungimiranza: è dunque questo l’atteggiamento giusto con cui prepararsi alle novità normative del futuro? Per la Ceo di Microdata Group Carolina Cortellini, «assumere una vision che si fondi su un orizzonte temporale di lungo termine, evitando di pensare solo all’immediato tornaconto», in questo senso, può essere la chiave del successo. «Scalare i rating ESG significa assumere una posizione privilegiata nei confronti del mercato”, fa notare la Ceo. «L’equazione è semplice: se hai un rating alto, si assume una posizione di vantaggio nei confronti del mercato, dei competitor e una migliore percezione da parte dei consumatori».

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L’impegno ESG di Microdata

Microdata Group, in questo senso, traccia la strada da anni, forte di una sensibilità innata sul fronte sustainability e di importanti successi sul fronte delle certificazioni e delle valutazioni di rating ESG. Qualche esempio: il Gruppo, che dal 2021 è certificato ISO 14001 per il Sistema di Gestione Ambientale, conta una popolazione aziendale composta per il 72% da donne e pone particolare attenzione al gender pay gap. Anche il tema welfare rappresenta un punto cardine dei rating ESG: il “Welfare & Family Program” di Microdata, recentemente premiato da UnipolSai all’interno del contest “L’Italia che verrà” prevede, fra i vari servizi, una polizza sanitaria con pacchetto maternità, una banca ore solidali, uno sconto spesa del 10% e un supporto psicologico erogato internamente. A ciò, si aggiungono la scelta di edifici aziendali costruiti secondo criteri di comfort e di efficienza energetica e l’impegno a favore del territorio in qualità di membro del CRIT (Crescita, Relazione, Innovazione Territorio) di Cremona. E questo solo per restare sulla superficie. «Ci auguriamo che il nostro approccio risulti un esempio di quanto la messa in atto di una responsabilità aziendale e individuale produca un valore tangibile, in termini organizzativi, finanziari e di rating». Insomma, «aziende con rating ESG virtuosi, anche in virtù di scelte corporate sui partner, possono ottenere un ritorno importante delle loro azioni. Queste policy infatti fanno bene all’ambiente, alla borsa, al bilancio, ma anche e soprattutto alle aziende stesse. E pensarci fin da ora può rivelarsi decisivo.» sostiene Cortellini.

La speranza, conclude la Ceo, è che la deadline del 2024 rappresenti non una barriera, ma uno stimolo. «Mi auguro che il vincolo aiuti a dirottare le scelte verso investimenti che abbiano a cuore queste politiche – chiarisce -, ampliando la vision aziendale verso un concetto di sostenibilità come elemento strutturale e imprescindibile del business». Ma soddisfare un auspicio simile richiede un mindset che rappresenta di per sé una sfida: pensare all’ESG come a un valore reale a lungo termine, e non come pura apparenza o “salvacondotto”. Ed è qui che si gioca la partita.

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