Intervista

I costi del Cloud e le opportunità del leasing: suggerimenti per i CFO

Flessibilità, scalabilità e controllo della spesa. Le prerogative del cloud che possono aiutare le imprese a ottimizzare il budget IT valgono solo se si individua un partner in grado di personalizzare l’offerta e se si costruisce una governance accurata coinvolgendo tutte le business unit che iniziano la transizione. Parla Vincenzo Maletta, Head of Sales di Aruba Enterprise

Pubblicato il 02 Mar 2021

concept di cfo che sceglie il cloud

Qual è il nuovo ruolo del CFO in azienda alla luce del fenomeno della cloudification? E quali strumenti offre il mercato per rendere più agevole la transizione verso il modello as-a-service? Ma soprattutto: passare al Cloud vuol dire sempre e comunque tenere sotto controllo i costi dell’IT? Vincenzo Maletta, Head of Sales di Aruba Enterprise (la divisione per aziende e PA del più grande Cloud provider italiano e leader nei servizi di data center), risponde ad alcune delle domande che oggi tutti i responsabili finanziari dovrebbero porsi prima di calcolare il budget da assegnare all’innovazione digitale.

Cloud vs on-premise: quali sono i vantaggi dell’approccio cloud dal punto di vista del CFO?

Flessibilità e scalabilità sono le parole d’ordine di un approccio che consente di evitare investimenti capex pur riuscendo a garantire l’esercizio e l’innovazione delle tecnologie digitali in azienda. Puntare sull’opex vuol dire accedere a un vero e proprio pagamento rateizzato del servizio, e questo dal punto di vista della redazione del bilancio rappresenta un grande vantaggio per le aziende non focalizzate sull’Ebitda, come le quotate e quelle detenute da fondi di investimento. In secondo luogo, il Cloud permette all’IT di allinearsi tempestivamente alle strategie di business, che ormai mutano nell’arco di sei, massimo 12 mesi, e alla sempre più rapida trasformazione degli scenari di riferimento. Adottando l’ottica as-a-service, inoltre, vi è la facoltà di andare incontro anche a cambiamenti repentini sul piano dimensionale, sia che le attività incrementino, sia che malauguratamente il business rallenti. L’idea di scalabilità, d’altra parte, è strettamente correlata alla logica del pay-per-use: con il Cloud si utilizzano solo le risorse che servono, quando servono. Non c’è quindi più bisogno di doversi attrezzare in modo conservativo. Questo aspetto, insieme all’esternalizzazione di tutte le operazioni connesse alla gestione e alla manutenzione dell’infrastruttura, alla data protection e all’abbattimento delle spese energetiche, consente di lavorare in efficienza rispetto ai costi interni.

Cloud e gestione finanziaria: quali nuove sfide pone questa tecnologia e che raccomandazioni si sente di fare ai CFO?

Alcune organizzazioni IT, soprattutto se in ristrettezze di budget, passano al Cloud per ridurre i costi operativi. Questo avviene però solamente se si procede con un’accurata pianificazione e quando ci sono strumenti adeguati per la supervisione dei costi. In molto casi però la maggior parte dei team interni all’azienda continua a controllare il provisioning durante la migrazione, il che può portare a una sicurezza illusoria e a uno scarso controllo su eventuali costi aggiuntivi che si potrebbero venire a sostenere dopo aver ottenuto l’accesso a un servizio Cloud. Se vogliono raggiungere un’ottimizzazione dei costi trasparente, i CFO devono quindi dialogare con tutte le Business Unit interne per esplorare la reale domanda di servizi Cloud e valutare tutte le opportunità per ridurre la spesa. È poi importante gestire i fornitori per evitare lock-in contrattuali o tecnologici, implementando eventualmente anche un piano per cambiare provider nel momento in cui i costi o i rischi superano il valore del servizio. Infine, suggerisco di identificare e affrontare le anomalie di budget e contabilità, quindi ricontrollare i casi aziendali e i piani di migrazione per realizzare e riconoscere ogni risparmio sui costi previsto.

Quali sono le caratteristiche di un provider a cui è meglio prestare attenzione per avere risposte efficaci, anche sul piano contrattuale?

In Aruba Enterprise ci piace dire che non esiste un contratto per tutti i clienti: bisogna piuttosto creare il contratto giusto per ciascun cliente. Questo dal mio punto di vista significa prima di ogni altra cosa, definire un canone onnicomprensivo chiaro e controllabile, condividere con il cliente SLA e KPI e, in ultima analisi, offrire un accordo privo di lock-in tecnologico e aperto ad integrazioni, migrazioni, sviluppi. Siamo in grado di andare incontro agli SLA più stringenti, grazie alle nostre certificazioni: ANSI/TIA 942-B per la continuità dei servizi erogati o la certificazione di Cloud Service Provider accreditato da AgID, per l’erogazione dei servizi Cloud alla PA. Aggiungo che il nostro commitment agli SLA è tale che, contrariamente a molti dei nostri competitor, ancoriamo eventuali disservizi a delle penali, e ciò testimonia la fiducia che abbiamo nella resilienza delle nostre infrastrutture. Sappiamo bene però che la trattativa non è solo una questione di SLA: per andare incontro alle esigenze del cliente, cerchiamo di non imporre condizioni contrattuali standard, come tendono a fare ad esempio gli hyperscaler, ma di personalizzarle in base al business ed ai processi dell’azienda cliente con un approccio consulenziale e improntato sul confronto continuo.

Che strumenti finanziari si possono mettere a disposizione delle imprese per favorire la cloudification?

I trend di crescita che stiamo registrando dall’Osservatorio Aruba Enterprise ci confermano che il Cloud è un fenomeno irreversibile, ma non possiamo dimenticarci che esistono diverse aziende che hanno già fatto investimenti on premise, investimenti che vanno ammortizzati. Ecco perché, in sinergia con partner che si occupano di noleggio infrastrutturale e locazione operativa, abbiamo potenziato la nostra offerta per agevolare chi si trova in questa fase di transizione. I partner sono in grado di acquistare le strutture esistenti al valore residuo e rinoleggiarle ai clienti per periodi di tempo concordati. Un’operazione di lease back riesce ad accelerare la Cloud transformation rispetto a quella che può essere la timeline definita dall’ammortamento dei beni locativi, ma comporta anche altri vantaggi: le aziende dispongono immediatamente di un cash upfront da indirizzare a progetti core, oppure utile alla cosmesi di bilancio, senza contare che si garantiscono il refresh tecnologico delle strutture che continuano a utilizzare.

Su quali leve dovrebbero insistere i CFO per far parte, in azienda, della partita dell’esternalizzazione come componente strategica nello sviluppo del business?

Il responsabile finanziario è uno dei principali protagonisti dei progetti di trasformazione digitale. Non più, o non solo, per garantirne la copertura economica. CFO e CIO sono chiamati a sostenere uno a fianco all’altro, rispettivamente, i ruoli di orchestratore e abilitatore della trasformazione digitale. D’altra parte, per tutte le ragioni fin qui spiegate, oggi non esistono aziende con direzioni generali che non siano attente alla tematica della cloudification. Il CFO, dunque, non deve dare mai per scontata la roadmap IT. C’è ormai un parallelismo indissolubile: quanto più cresce il business, tanto più cresce il volume dei dati. Quindi il CFO ha bisogno di essere sempre al corrente degli sviluppi tecnologici così come del piano industriale per poter stanziare correttamente le risorse e colmare il delta tra le due dimensioni. Concludo dicendo che data l’importanza di mettere a budget i servizi ICT e innovarli anche nella logica di efficientamento dei costi e dell’efficacia produttiva, è assolutamente determinante prevedere una governance adeguata per avere la facoltà di utilizzare i capitali al momento giusto e senza doverli immobilizzare in modo preventivo.

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