Interviste

Andaf, «ecco come sta cambiando il mestiere di CFO con la rivoluzione digitale»

Roberto Mannozzi di Ferrovie dello Stato, presidente dell’associazione direttori amministrativi e finanziari, spiega le sfide per il responsabile della funzione Finance oggi in Italia: «Occorre trasformarsi da disciplinati garanti dei numeri a manager in grado di gestire l’enorme volume di dati che arrivano da tutte le aree di business»

Pubblicato il 05 Mag 2016

Daniele Lazzarin

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Roberto Mannozzi, Direttore Centrale Amministrazione, Bilancio e Fiscale del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, è da poche settimane Presidente di Andaf, l’associazione nazionale direttori amministrativi e finanziari, che con 1700 soci è la principale realtà italiana di rappresentanza di CFO (Chief Financial Officer) e manager dell’area Finance. A Mannozzi abbiamo chiesto come stanno cambiando la figura del CFO e il suo ruolo in azienda alla luce della trasformazione digitale.

Quali sono le principali sfide oggi per un CFO, in particolare in Italia?

È in corso una metamorfosi della figura del CFO, sempre più spesso al fianco dell’amministratore delegato per supportare scelte di investimento e di business oculate, soprattutto in un periodo di prolungata penuria di risorse da investire. Il ruolo del CFO non può essere più visto né vissuto come uomo dei bilanci o dei numeri a consuntivo. In un mondo sempre più “data driven”, la sfida è trasformarsi da disciplinati garanti dei numeri a manager in grado di gestire l’enorme volume di dati e informazioni che arrivano da tutte le aree di business, di estrapolare gli indicatori più utili per sintetizzare le tendenze e monitorare l’avanzamento delle attività rispetto agli obiettivi.

In particolare c’è un problema di capacità di valutare non più solo i classici beni materiali ma anche gli asset “intangibili”, che incidono sempre più sul valore di mercato delle aziende. Occorre trovare regole e standard condivisi anche a livello internazionale per associare dei KPI agli asset intangibili. Dobbiamo essere in grado di dare un valore a questo capitale umano, di immagine, di marchio, di conoscenze, e di comunicarlo in report di facile lettura. Altrimenti paradossalmente il rischio è di scoraggiare gli investimenti in questi campi perché non si è in grado di valutarne i ritorni, se non in casi eccezionali come per esempio le acquisizioni, in cui si calcola il valore di avviamento, che è un tipico intangibile.

Quindi l’esigenza di lavorare su analytics e Big Data porta il CFO a cambiare impostazione e competenze, e a cercare nuovi tipi di collaboratori. Non solo esperti di principi e norme contabili, ma anche ingegneri informatici e data analyst, fino a ieri fuori dall’orbita del mondo finance.

Come le tecnologie digitali possono supportare il CFO di fronte a tutte queste sfide?

Per gestire gli enormi volumi di dati e informazioni di cui parlavo non si può fare a meno delle piattaforme tecnologiche, e in particolare delle soluzioni Cloud, che hanno vantaggi molto evidenti dal punto di vista del CFO.

Il Cloud lo vivo giornalmente in azienda e nelle discussioni in ambito Andaf: a volte emerge ancora il timore per la sicurezza del dato che viene esternalizzato. È importante porsi questi problemi, ma è importante anche superarli, oggi ci sono garanzie e d’altra parte non si può pretendere di gestire tutte le tecnologie e i dati entro l’azienda. Sempre di più sarà necessario far leva su integrazioni orizzontali con l’esterno, su organizzazioni a rete in cui all’occorrenza “pescare” le risorse e competenze che occorrono per un certo progetto.

Quali sono i progetti di soluzioni digitali in cui è coinvolto come CFO di Ferrovie dello Stato?

Soprattutto in Trenitalia negli ultimi anni abbiamo fatto investimenti molto significativi nella gestione dei Big Data per il CRM, per conoscere sempre meglio i clienti e disegnare prodotti che ne anticipino le esigenze. Poi in ambito mobile il personale sui treni e quello che opera sulla rete ferroviaria sono ormai dotati di palmari per accelerare e semplificare le attività. Mentre per la manutenzione dei materiali rotabili stiamo portando avanti un progetto molto innovativo per sostituire gli interventi fissati a scadenze con quelli basati su analisi predittive. I nostri treni sono pieni di sensori sui componenti più a rischio di usura che treno per treno ci indicano lo stato reale, in modo da gestire in modo molto più mirato e sicuro gli interventi.

Nei grandi progetti di trasformazione digitale che ruolo ha il CFO rispetto al CIO e alla funzione ICT?

Soprattutto in aziende già di una certa dimensione, e con attività e management internazionali, proprio per l’evoluzione del CFO verso il ruolo di “braccio destro” del CEO nelle scelte strategiche, succede spesso che per l’importanza di questi progetti di trasformazione digitale l’area ICT tenda a finire nell’orbita del CFO. Poi tutto va pesato sulle dimensioni dell’azienda. Tra i soci Andaf ci sono molti responsabili finance di piccole e medie imprese, a volte l’area AFC (Amministrazione, finanza e controllo, ndr) è affidata a “capi contabili” senza le competenze necessarie per gestire progetti di questa portata. In generale però nelle medie e grandi aziende italiane la tendenza è vedere nel CFO la figura manageriale in grado di farsi interprete delle esigenze di tutte le linee di business, sintetizzando gli elementi che dalle LOB e dal mondo esterno arrivano, e mettendo il top management in grado di proiettare in avanti il business dell’azienda.

Al di là del CIO, come cambia il rapporto del CFO con gli altri C-level?

Con le LOB (line of business, ndr) deve esserci uno scambio continuo, occorre una crescita di cultura manageriale di tutta l’azienda per superare la logica a silos funzionali. E deve crearsi un rapporto molto stretto tra CEO e CFO, ma non perché il CFO dev’essere più importante degli altri, ma semplicemente perché per il bene dell’azienda la trasformazione va guidata da chi è abituato a raccogliere e sintetizzare i dati. E questa impostazione deve essere capita e accettata dalle LOB: solo così le loro esigenze possono essere inserite nella giusta prospettiva nelle priorità strategiche dell’azienda.

In questo quadro di grande evoluzione nel Finance aziendale, che obiettivi si pone Andaf?

L’obiettivo principale è sostenere la crescita culturale dei nostri soci: Andaf ne ha oltre 1700, più dell’80% sono responsabili amministrativi, CFO e dirigenti o quadri nell’area AFC, poi ci sono anche professionisti dell’area fiscale aziendale, e in misura minoritaria di società di consulenza o di revisione. Abbiamo 12 sezioni territoriali e 6 comitati tecnici sulle principali aree dell’AFC: finance reporting standard, fiscale, corporate governance e compliance, corporate finance, ICT, e pianificazione e controllo.

A livello internazionale Andaf fa parte di Iafei, associazione dei financial executive di tutto il mondo, esclusi gli USA. Fausto Cosi, che ho sostituito nel marzo scorso come presidente di Andaf, è stato eletto presidente di Iafei. Andaf è socio fondatore di vari organismi come Oic (organismo italiano di contabilità), e fa parte di gruppi di lavoro per esempio di Consob e Borsa Italiana. Tra le attività principali ci sono la formazione – con corsi a Milano e Roma, e master post universitari con la Liuc di Castellanza e le Università di Pisa, Bologna, Udine, e Partenope di Napoli – e gli eventi professionali. Abbiamo un congresso nazionale annuale – il prossimo sarà in ottobre a Taormina – e almeno tre forum annuali, dedicati al fiscale, al bilancio, e alla pianificazione e controllo.

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