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Osservatorio Smart Working 2023: in Italia 3,6 milioni di persone lavorano da remoto

Si procede verso un consolidamento del modello di lavoro diffuso con il Covid-19, destinato a crescere ulteriormente nel 2024. Le grandi imprese guidano l’adozione, mentre le PMI e la PA mostrano una crescita più lenta. Le aziende mature ottengono benefici in termini di attrazione dei talenti e work-life balance. Tuttavia, è necessario prestare attenzione alla gestione dei team e alla riorganizzazione degli spazi

Pubblicato il 07 Nov 2023

Osservatorio Smart Working 2023

Lo Smart Working in Italia si consolida e torna a crescere nonostante le previsioni di una sua riduzione. Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano – presentati durante il convegno durante il convegno “Rimettere a fuoco lo Smart Working: necessità, convenzione o scelta consapevole?” – nel 2023 i lavoratori da remoto nel nostro Paese si assestano a quota 3,585 milioni, registrando una leggera crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022 e un aumento deciso (+541%) rispetto al periodo pre-Covid. Si stima inoltre che nel 2024 il numero di smart worker in Italia raggiungerà i 3,65 milioni.

Nelle grandi imprese, il 96% delle realtà offre iniziative di lavoro da remoto con modelli strutturati e oltre un lavoratore su due (1,88 milioni di persone) svolge più o meno abitualmente le proprie mansioni in modalità smart. Il 20% delle organizzazioni si sta, inoltre, impegnando a estendere l’applicazione dello Smart Working anche a profili tecnici e operativi finora esclusi da questa possibilità.

Anche nelle PMI si è registrato un lieve aumento della penetrazione di questa modalità, che oggi è riguarda circa 570mila lavoratori, che rappresentano il 10% della platea potenziale. Il 56% delle aziende ha adottato il lavoro da remoto, spesso con modelli informali gestiti a livello di specifici team.

Al contrario, nelle microimprese e nelle Pubbliche Amministrazioni si è registrata una diminuzione dei remote worker. In quest’ultime, il 61% presenta però iniziative strutturate, soprattutto nelle realtà di maggiori dimensioni.

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Fonte: Osservatorio Smart Working 2023 School of Management del Politecnico di Milano

Come ha fatto presente Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working, «nel 2023 lo Smart Working in Italia torna a crescere, restano però numerose barriere a una sua applicazione matura. Troppo spesso lo Smart Working è considerato semplice lavoro da remoto o strumento di welfare e tutela dei lavoratori. È quindi necessario ‘rimettere a fuoco’ lo Smart Working, identificandolo per quello che è realmente, non un compromesso o un male necessario, nemmeno un diritto acquisto o un fine in sé, ma uno strumento di innovazione per ridisegnare la relazione tra lavoratori e organizzazione».

I vantaggi per il business (e l’ambiente)

Uno degli aspetti positivi dello Smart Working riguarda senza dubbio il suo impatto sull’ambiente. Grazie alla riduzione degli spostamenti e al minor utilizzo degli uffici, lavorare da remoto per due giorni a settimana permette di evitare l’emissione aggiuntiva di 480kg di CO2 ogni anno per ciascun collaboratore.

Inoltre, lo Smart Working ha influenzato il mercato immobiliare e contribuito a ridisegnare le città per come le abbiamo sempre concepite. Il 14% dei lavoratori da remoto ha deciso di cambiare casa, preferendo spesso zone periferiche o piccole città alla ricerca di uno stile di vita diverso. Questo cambiamento ha generato iniziative di Marketing territoriale e favorito lo sviluppo di nuovi servizi, come infrastrutture di connettività e spazi coworking. Inoltre, il 44% dei lavoratori da remoto ha già sperimentato il lavoro in luoghi diversi dalla propria casa, come spazi di coworking, altre sedi aziendali o altri luoghi della città.

Osservatorio Smart Working 2023: il ruolo della leadership

Ma c’è un aspetto da non sottovalutare. Non sempre il lavoro da remoto si traduce in modelli veramente “smart”. Solo i “veri” smart worker, ossia coloro che oltre a lavorare da remoto hanno la garanzia della flessibilità di orario e operano per obiettivi, presentano livelli di benessere ed engagement più alti rispetto ai lavoratori tradizionali che operano sempre in presenza. Al contrario, i lavoratori che svolgono semplicemente il proprio lavoro da remoto, senza autonomia e responsabilità, risultano meno ingaggiati.

È importante, inoltre, sottolineare che i “veri” smart worker sono più soggetti a forme di tecnostress e overworking. Ed è qui che entra in gioco il tema della leadership: i lavoratori che hanno un capo veramente “smart”, che assegna obiettivi chiari, assicura feedback frequenti e costruttivi, promuove la crescita professionale dei suoi collaboratori e trasmette in modo efficace gli indirizzi strategici, si caratterizzano per livelli di benessere e prestazioni migliori rispetto a quelli che i cui superiori non presentano queste peculiarità.

«Un ruolo fondamentale nello Smart Working è giocato dai manager, che devono destreggiarsi tra esigenze potenzialmente contrastanti come assicurare benessere e flessibilità alle persone, tenere alta la motivazione e garantire i risultati aziendali. – ha commentato Fiorella Crespi, Direttrice dell’Osservatorio Smart Working -. Occorre fare formazione e coaching per migliorare le competenze manageriali rendendo i responsabili capaci di assegnare in modo chiaro gli obiettivi, supportare le persone nel perseguire quelli più sfidanti, fornire feedback frequenti e costruttivi, favorire la crescita professionale. Uno stile di leadership smart permette infatti di migliorare engagement, benessere e prestazioni delle persone».

Le iniziative mature di Smart Working in numeri

In Italia, le aziende che hanno implementato iniziative “mature” di Smart Working, focalizzate sui quattro pilastri fondamentali – policy organizzative, tecnologie, riorganizzazione degli spazi e comportamenti e stili di leadership – ottengono risultati migliori in termini di attrazione dei talenti, inclusività, coinvolgimento delle persone e work-life balance.

Secondo la ricerca, il 52% delle grandi imprese con progetti di Smart Working presenta una maturità su tutte le dimensioni, mentre questo valore scende al 16% per le Pubbliche Amministrazioni e al 15% per le PMI.

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Fonte: Osservatorio Smart Working 2023 School of Management del Politecnico di Milano

Per quanto riguarda le policy organizzative, la maggior parte delle grandi imprese offre autonomia e flessibilità nella scelta di luogo e orario di lavoro, nel rispetto di regole definite. Il 58% di esse ha linee guida e forme di “galateo” per l’esecuzione delle attività. Nelle PMI, invece, le policy sono spesso informali e riguardano principalmente il lavoro da remoto, senza considerare la flessibilità oraria o l’autonomia nella gestione delle attività.

In merito ai comportamenti e gli stili di leadership, il 59% delle grandi aziende private e il 20% delle Pubbliche Amministrazioni ha avviato iniziative di formazione per i manager e i collaboratori sulla gestione dei team da remoto.

Venendo alle tecnologie, in generale le organizzazioni si trovano a un buon livello di digitalizzazione, grazie all’accelerazione dovuta alla pandemia che ha favorito la crescita delle competenze in questo ambito.

Spostando, infine, il focus sulla riorganizzazione degli spazi, il livello di maturità è ancora limitato. Solo il 38% delle grandi imprese e il 13% delle Pubbliche Amministrazioni ha previsto attività di formazione su come utilizzare in modo corretto i diversi ambienti aziendali. Tuttavia, il 35% delle grandi imprese e il 18% delle Pubbliche Amministrazioni ha progetti in corso per la revisione degli spazi.

E nel futuro?

Sempre secondo i dati dell’Osservatorio, praticamente tutte le grandi imprese prevedono di mantenere lo Smart Working anche in futuro, con solo il 6% degli intervistati che si dichiara incerto riguardo a questa decisione. Tuttavia, nelle Pubbliche Amministrazioni si riscontra una maggiore incertezza, con il 20% che non sa come evolverà l’iniziativa di Smart Working, soprattutto nelle organizzazioni di dimensioni più piccole.

Le PMI seguono questa tendenza, con il 19% che non sa se la propria organizzazione contemplerà ancora in futuro – e come eventualmente lo farà – lo Smart Working. Complessivamente si prevede però un ulteriore aumento del numero di lavoratori coinvolti nel 2024, per una cifra stimata di 3,65 milioni di individui.

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