L'impatto della digital transformation

Noci, PoliMI: «Il futuro del Marketing? Analisi real time, rilevazioni biometriche e nuovi modelli di segmentazione»

Ora che i dati sono la nuova materia prima delle imprese, la marketing machine diventerà il nuovo pilastro delle imprese e sostituirà la centralità della produzione, grazie alle tecnologie digitali. Ecco, secondo il docente del Politecnico, quali sono le nuove sfide dei Marketer per vincere la battaglia della rilevanza, dell’attenzione e dell’ingaggio

Pubblicato il 13 Ott 2016

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«Competence, people e networks sono gli elementi su cui costruire il futuro del sistema di impresa». È questa la vera essenza della digital transformation per Giuliano Noci, Professore ordinario di Marketing al Politecnico di Milano. «Dobbiamo renderci conto che le imprese sono sempre meno asset fisici e sempre più asset immateriali. Ed è un bene, visto che gli asset fisici si deprezzano, tendono all’obsolescenza tecnologica, mentre il capitale umano e l’informazione mantengono uno straordinario valore in termini di potenziale. Il problema, però, è che molte aziende ancora non lo hanno compreso». Noci è intervenuto come relatore e moderatore a Change the Game, l’evento organizzato il 5 ottobre a Milano da Noovle – gruppo specializzato nella consulenza ICT e Cloud computing e tra i top premium partner a livello globale di Google Cloud – in occasione del quale imprenditori e innovatori – oltre a una nutrita schiera di top manager di Mountain View – si sono confrontati sui temi della disruption. In particolare, il contributo di Noci ha approfondito il modo in cui analisi dei dati e nuovi paradigmi organizzativi possono sostenere l’evoluzione del business in funzione di ciò che ormai è diventato l’elemento centrale della catena del valore: il consumatore. «O meglio ancora: la relazione con la persona».

Essere rilevanti significa imparare a conoscere il cliente. Oltre i Big Data!

«Gli analytics avranno un ruolo chiave nei processi operativi e decisionale delle imprese», continua Noci. «Ma non è questione di big data! Al di là del fatto che i big data sono a disposizione da quando Esselunga ha introdotto la Fidaty card, con un impatto per il momento modesto, quando si tratta di informazione, ‘big’ significa prima di tutto entropia. È quindi la capacità di trasformare giacimenti di dati in informazioni utili per le decisioni di business ciò che può generare vero vantaggio competitivo.

Senza mai dimenticare che in questa deriva tecnologica il consumatore è e sarà sempre di più al centro di tutto. Si calcola che con lo sviluppo dell’Internet of Things, nel 2020, avremo a disposizione

venti miliardi di dispositivi connessi. Il punto focale non sarà il traffico prodotto dai device, ma il modo in cui questa enorme mole di informazioni verrà trasformata in qualcosa di utile per gli individui. In quest’ottica avrebbe più senso parlare di Internet of Me, oppure di Internet of People». D’altra parte non ci si può basare solo sui dati prodotti dalle interazioni tradizionali, servono nuove rilevazioni e nuove discipline per studiarle e comprenderle, a partire dal biomarketing.

«Utilizzare wearable per compiere rilevazioni biometriche è una delle sfide chiave per affermare modelli di segmentazione che vadano al di là dell’approccio sociodemografico, con strumenti funzionali ad accompagnare il consumatore in customer journey personalizzate e a costruire nuove esperienze basate sul concetto di real time marketing». Vincere la battaglia della rilevanza, dell’attenzione e dell’ingaggio significa infatti sviluppare la  capacità di lavorare sempre più in presa diretta nell’analisi del processo di acquisto, combinando contenuto («Non dimentichiamo che i media sono importanti, ma sono prima di ogni altra cosa infrastrutture nate per veicolare contenuti!»), contesto e canale, coinvolgendo attraverso l’interazione con il cliente tutti i touch point aziendali.

Alla ricerca di nuovi paradigmi e modelli di business

Per Noci i dati sono la vera nuova materia prima delle imprese, rispetto alla quale però non è sufficiente operare una trasformazione da input a output. «Bisogna saper trasformare bene i dati», rilancia il professore. «Un’attenta gestione del dato ci deve portare a riflettere su nuovi modelli di business, su nuove interazioni col cliente, su nuovi processi. Io credo anzi che la marketing machine diventerà il nuovo pilastro delle imprese, e sostituirà la centralità della produzione con sistemi di intelligence, modellistica e tecnologia capaci di abilitare meccanismi di raccolta e interpretazione dei dati funzionali allo sviluppo di processi decisionali efficaci. Con l’introduzione di paradigmi in cui il cliente è davvero al centro delle attività aziendali, la competizione non sarà più tra singole organizzazioni, ma tra network di imprese, e verterà tutta sulla semplificazione dell’output».

Questo perché sta nascendo una differente visione del mondo, non una crisi come spesso viene rimarcato ma un cambiamento strutturale dei mercati e del modo di fare business. Bisogna riscrivere il sistema operativo, le regole del fare impresa e ambire a essere competitivi sfruttando il modo in cui stanno mutando anche gli assetti geopolitici in funzione delle trasformazioni che l’IT sta generando. «Le tecnologie digitali stanno cambiando per sempre – in maniera pervasiva e soprattutto rapidissima – i paradigmi di consumo e le modalità di distribuzione».

Un esempio? Noci pensa al mercato dell’automotive, che tra vetture connesse e veicoli autonomi  sviluppati in collaborazione con gli OTT sta per affrontare la trasformazione più significativa da quando Henry Ford introdusse la catena di montaggio. «Le case automobilistiche non venderanno più automobili», dice Noci, «venderanno servizi di utilizzo dell’automobile in chiave contestuale, e l’auto sarà un pretesto attraverso cui proporre nuovi servizi aggregati. Come Politecnico stiamo sostenendo un grosso investimento per accompagnare i costruttori lungo questa rivoluzione, che presuppone la volontà di muovere dalla prospettiva che ha da sempre caratterizzato l’industria (e che si è accentuata negli ultimi trent’anni con la globalizzazione), quella di scalable efficiency,  al concetto di scalable learning, ovvero alla capacità di processare la materia prima dei dati per portare consistenza e rilevanza sul piano della multicanalità».

Una trasformazione prima di tutto culturale

L’ultimo elemento sottolineato da Noci è quello del coinvolgimento della C-suite, ovvero del top management delle imprese: per affermare all’interno dell’organizzazione una vera cultura orientata alla centralità del cliente e della trasformazione delle informazioni bisogna ampliare le competenze tecnologiche oltre l’orizzonte della divisione IT. «La tecnologia è solo una faccia della medaglia della digital transformation», chiosa Noci. «Smettiamo di parlare di Internet enabled company: Internet ormai è un abilitatore di base, come lo è la corrente elettrica. È una spina dorsale imprescindibile di tutte le strategie e i processi aziendali. Non si tratta più di una serie di attività che attengono al comparto tecnico, è un fenomeno di cambiamento che coinvolge in primis il board. Per fortuna, si tratta di una consapevolezza che sta diffondendosi anche in Italia».

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