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McKinsey, la guida del CEO per competere attraverso l’HR

Per avere successo le imprese devono investire in strumenti di automazione e analytics, e integrarli nei processi HR per migliorare produttività, engagement e capacità di recruiting. Gli Executive diventano dei “Talent Value Leader” e aiutano l’AD a tradurre le decisioni sui talenti in creazione di valore

Pubblicato il 02 Ago 2017

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In un nuovo vademecum per i CEO di aziende che diventano più competitive grazie alle tecnologie digitali, la società di consulenza McKinsey illustra in un recente articolo come strumenti quali automazione dei processi e people analytics permettono al dipartimento Risorse Umane di trasformare il proprio ruolo per diventare protagonista della creazione del valore nell’organizzazione.

Fuori dal silo per diventare proattivi

È grazie alle tecnologie che un’azienda statunitense dell’healthcare, alle prese con un alto turnover e difficoltà ad assumere nuovi infermieri, è riuscita a ribaltare una crisi che impattava non solo la qualità delle cure ma i conti. Tramite gli HR è stata condotta un’analisi approfondita del personale infermieristico che ha correlato anzianità del servizio, stipendio e prestazioni e trovato gli incentivi giusti per fermare l’emorragia di talenti e attrarre nuovo staff. Il cambio di marcia ha permesso di aumentare la produttività di 100 milioni di dollari. “La direzione HR deve uscire fuori dal silo e abbracciare un ruolo strategico, non limitarsi a rispondere passivamente alle necessità dell’azienda ma usare il talento per creare valore”, scrivono gli analisti McKinsey.

HR nell’era dei dati: questione di talento

Per rinnovare le Risorse Umane non ci sono scorciatoie: occorre sfruttare a pieno il potere di automazione e analisi dei dati. Quattro le aree su cui le organizzazioni devono concentrarsi: competenze, people analytics, trasformazione della direzione HR in “generatore di valore”, riduzione delle attività HR non-core.

In particolare, il ripensamento del ruolo degli HR vuol dire che i suoi executive devono diventare dei “Talent Value Leader” (TVL), che aiutano il CEO a collegare le decisioni sui talenti con la creazione di valore e si rendono direttamente responsabili delle prestazioni del personale. Questo obiettivo viene raggiunto usando strumenti di data analytics che catturano la crescita o la carenza di skill, l’engagement, il turnover. Quanto alle competenze, le organizzazioni possono guardare ad altri dipartimenti interni per coprire il ruolo di Talent Value Leader, come ha fatto Google, dove Eileen Naughton, Managing Director and Vice President of Sales and Operations in UK e Irlanda, è passata alla gestione delle People Operations. Pepsico ha messo nei ruoli strategici degli HR figure provenienti dalle direzioni ingegneria, tecnologia e gestione dei processi, già abituate all’uso degli analytics.

Gli analytics devono essere “embedded”

I dati chiave da analizzare sono ovviamente quelli che descrivono competenze e attitudini delle persone, i people analytics. La piena integrazione di questi strumenti di analisi nei processi quotidiani permette di far leva su algoritmi che dai dati estraggono conoscenza basata sui fatti, hanno capacità predittiva e guidano le decisioni: non solo come assumere e motivare i talenti, ma anche come pianificare la sostituzione di figure chiave prossime alla pensione. L’intera business performance ne risulta rafforzata: per esempio, un’azienda della ristorazione veloce ha usato tecniche di data mining per studiare le caratteristiche del suo staff e ha ottenuto sia un miglioramento del servizio per i clienti sia un impatto positivo sui risultati finanziari. Il McKinsey Global Institute ha stimato che le aziende che usano un portafoglio diversificato di soluzioni di analytics per HR hanno l’opportunità di incrementare i margini di profitto di 275 punti di qui al 2025, grazie a aumenti della produttività, risparmi nel recruiting e nelle attività di formazione, riduzione del turnover, coinvolgimento del personale.

Più automazione per ridurre le operazioni non-core

Altro punto chiave per gli HR 2.0 è limitare le attività non strategiche. McKinsey rieleva che tipicamente nelle Risorse Umane il 60% del tempo e del personale viene dedicato a transazioni e attività operative, mentre le direzioni HR più innovative impiegano meno del 40% del loro tempo in questi compiti per dedicarsi a attività a valore aggiunto come il miglioramento della employee experience e gli incentivi alla produttività. Per questo, oltre che in tecnologie e professionisti degli analytics, le organizzazioni devono investire in strumenti come automazione dei processi (Robotic process automation, RPA), workflow intelligenti, agenti cognitivi e elaborazione del linguaggio naturale per chat completamente automatizzate.

Il paradigma dell’agility per la direzione HR

Tutti questi elementi insieme costruiscono una funzione HR di nuova generazione, che McKinsey descrive con un solo aggettivo: “agile”. Una banca europea è riuscita a trasformare la propria funzione HR, prima separata dal resto del business e poco reattiva di fronte alle esigenze aziendali, proprio applicando uno schema “flow to the work”, che fa leva sulle risorse specializzate e automatizza le operazioni non-core: ora la direzione HR della banca è capace di allinearsi con le strategie, trovare i talenti e mantenere alta la motivazione del personale grazie a un ristretto gruppo di value leaders che guida professionisti HR multi-skill. La performance aziendale migliora e intanto si riducono i costi: dopo un anno il budget HR è diminuito del 25% ma l’obiettivo è arrivare a una riduzione del 40% in tre anni.

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