Risorse umane

Intesa Sanpaolo innova la Formazione con gli strumenti 2.0

Un Social Network per arricchire l’esperienza  di formazione, farla durare nel tempo  al di là del momento formale del corso in aula e amplificare la socialità, con l’obiettivo  di favorire l’apprendimento informale generato dagli scambi di esperienze fra le persone e far germogliare le idee. Il responsabile della Formazione Roberto Battaglia racconta l’innovativa esperienza della banca, che sta ottenendo un riscontro molto incoraggiante

Pubblicato il 28 Mar 2011

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Fare formazione non significa solo “riempire le menti”, ma soprattutto “accendere dei fuochi”, ovvero accompagnare e alimentare i processi di innovazione dell’azienda. Per far questo, sono necessari metodi didattici innovativi, che superino il concetto tradizionale di corso in aula, per creare un’esperienza di apprendimento più ricca, attraverso strumenti a supporto dell’informal learning e la creazione di un network di conoscenza tra le persone.E in quest’ottica, le tecnologie digitali possono svolgere un ruolo chiave.

Parte da queste evidenze l’esperienza di Intesa Sanpaolo, nata nel 2007 dalla fusione di Banca Intesa e Sanpaolo IMI, che con quasi 6 mila sportelli e 11 milioni di clienti in Italia è una delle principali banche del Paese. Da un paio d’anni, Intesa Sanpaolo ha accelerato l’introduzione di strumenti innovativi a supporto delle attività di formazione, adottando in particolare un social network e altri strumenti 2.0, ridisegnando in quest’ottica l’intero processo.

Artefice del cambiamento è Roberto Battaglia, a capo di uno staff di oltre 130 professionisti al servizio di 100 mila dipendenti a livello globale, in Italia e all’estero. Il servizio gestisce una notevole mole di attività, grazie anche al supporto di 2.000 formatori interni e numerosi specialisti esterni: basti pensare che, complessivamente, in un anno vengono erogate oltre 1 milione di giornate di formazione.

Qual è – in linea generale – l’approccio seguito da Intesa Sanpaolo nella progettazione di un percorso formativo e come sta cambiando nel tempo?

Dalla fusione del 2007, che ha portato a far convergere diversi approcci e culture differenti, abbiamo cercato di far evolvere la figura del progettista della formazione in quello che oggi chiamiamo “learning experience designer”. Dall’organizzazione di tanti singoli eventi di formazione, stiamo passando progressivamente a disegnare e mettere a disposizione esperienze di apprendimento integrate e coinvolgenti. Ciò implica una sfida sul piano progettuale e realizzativo solo apparentemente semplice da affrontare: significa riorientare delle professionalità consolidate nel tempo. Bisogna mettersi nei panni di un collega e ideare diversi fotogrammi di un film che cambia in continuazione e che ci porta a introdurre variabili tradizionalmente non considerate dalla formazione.
È molto importante per noi garantire l’assoluta omogeneità del processo, dall’individuazione del bisogno fino al delivery e alla valutazione. Per questo, in genere disegniamo internamente i progetti e solo in seguito demandiamo ai partner esterni l’esecuzione.

Quali sono, oltre all’aula, i canali utilizzati?

I canali di distribuzione sono molteplici. Oltre alla classica aula – che rappresenta uno dei territori su cui stiamo lavorando molto per ripensarne la logica – utilizziamo in modo massiccio l’eLearning, la formazione a distanza, soprattutto per attività che hanno carattere tecnico. Abbiamo poi un canale televisivo interno, dove lavorano producer che traducono in format i bisogni. Inoltre, esiste una radio per le filiali, a scopo informativo, che stiamo portando su internet, e un canale podcast. C’è poi il Social Network, con blog e wiki, che noi consideriamo un meta canale, che attraversa tutti gli altri: ad oggi sono già 15 mila le persone che utilizzano questo strumento. Il punto di ingresso per tutte le offerte formative – corsi in aula, e-learning, corporate-tv, community online, radio/podcast – è rappresentato dal portale dedicato alla formazione. Da qui, tutte le offerte formative possono essere consultate dagli utenti attraverso motori di ricerca evoluti e mappe interattive suddivise per aree tematiche. L’homepage è caratterizzata da servizi personalizzati come il libretto formativo, l’agenda delle attività in corso e la “wishlist” attraverso cui le persone sono responsabilizzate nel definire autonomamente un piano di formazione, che viene poi proposto e approvato dai responsabili.

Qual è in particolare il ruolo del Social Network?

Ci siamo resi conto che l’apprendimento delle persone avviene solo per il 30% nel momento formale, mentre per il 70% deriva da informal learning: dalla prossimità, dallo scambio, dalla conversazione. Noi ci vogliamo occupare di quel 70%, facendo in modo che le conversazioni vengano riconosciute e capitalizzate: qui la tecnologia, e in particolare il Social Network, può svolgere un ruolo chiave abilitante. Le persone quando escono dall’aula continuano a generare inconsapevolmente conoscenza, se i contatti permangono. Non basta però acquistare una piattaforma di community management perchè si inneschi questo processo. E così abbiamo disegnato un protocollo informativo, chiamato “aula+”, in cui “più” dà l’idea di un’aula potenziata. Abbiamo messo intorno al momento didattico tradizionale una grande quantità di stimoli di apprendimento correlati tra di loro e disegnati in modo adeguato che hanno la finalità di potenziare l’esperienza, produrre più apprendimento, farlo durare nel tempo, amplificare la socialità e lasciare alle persone il compito di riusare questo materiale in modo che diventi parte del loro lavoro quotidiano, superando il fossato che c’è tra il momento del lavoro e il momento d’aula. Le idee possono germogliare se accompagnate adeguatamente anche facilitando il superamento delle abitudini e delle prassi consolidate.

Ci può fare qualche esempio di servizio pensato per arricchire l’esperienza in aula?

Si comincia dall’invito al corso, una mail in cui abbiamo inserito un bottone “clicca qui e vieni a conoscere il tuo docente”: si tratta di una pillola video in cui il docente presenta se stesso e il corso. Per attivare la socialità, abbiamo creato sul Social Network anche una sezione in cui si possono conoscere i compagni di viaggio, cioè i colleghi che si incontreranno in aula. Alle volte realizziamo anche delle mini survey per cogliere la consapevolezza sui temi di cui parleremo. In questo modo, si trasferisce ai discenti più conoscenza su cosa si farà in aula e si orienta il docente verso le aspettative e il livello di quell’aula; così ogni lezione sarà diversa dalla precedente.

Che impatto hanno avuto queste novità sulla lezione in aula?

Si cerca di ottimizzare il tempo d’aula, per ottenere la massima efficacia. Proiettare le slide diventa meno importante, perché il Social Network può consentire di guidare le attività didattiche in aula e soprattutto valorizzare le conversazioni prodotte, come per esempio osservazioni significative che arricchiscono la lezione, nuove idee da diffondere. Il docente arricchisce quindi il proprio ruolo. In questo la tecnologia aiuta a costruire le fasi successive, per continuare le conversazioni oltre quel momento e condividerle con le persone che in futuro frequenteranno quell’aula, che appartengono a una grande comunità che sta condividendo un percorso.

Qual è il riscontro che avete avuto dalle persone coinvolte?

Il livello di ritorno che le persone esprimono è molto elevato, perchè risponde in modo più efficace alle loro aspettative: imparare ed esprimersi con libertà, divertirsi nel senso di essere coinvolte, confrontarsi con gli altri, perchè la socialità è un grande vettore di apprendimento. La valutazione dei benefici è per noi un punto molto importante. Per questo abbiamo creato anche un centro di competenza dedicato alla misurazione dell’efficacia dei servizi offerti. In particolare, oltre alle classiche metriche di valutazione – livello di gradimento, di apprendimento, di applicazione sul job, ROI -, ne stiamo introducendo di nuove (ad esempio la Social Network Analysis) per valutare le interazioni tra le persone e misurare l’accrescimento del capitale relazionale e di conoscenza.
Le persone apprezzano il fatto che da meri consumatori di un servizio, vengono considerati produttori di formazione. Ogni persona nel quotidiano produce degli artefatti di apprendimento, spesso senza considerare che essi hanno un valore che va al di là del singolo evento o esperienza. La produzione dei contenuti formativi può essere guidata anche dalle proposte delle stesse persone (ad esempio all’interno della sezione del nostro portale: “cosa vuoi insegnarci?”). Un modo per realizzare una vera una “coda lunga della formazione”.

Quali sono invece le principali resistenze?

Non ce ne sono di particolamente critiche. Inizialmente l’introduzione di nuove tecnologie può comportare qualche scetticismo perché il loro uso spesso non è la parte prevalente del nostro lavoro. Si è portati a pensare che questi nuovi media siano adatti solo ai giovani “nativi digitali”. Non è ovviamente così. Per questo la sfida per noi è disegnare modalità di ingaggio ed esperienze a tutto tondo che aiutino le persone ad entrare in queste nuove logiche senza disagi. Lo scopo è far diventare la tecnologia un elemento abilitante, talora impercettibile, a supporto del processo di apprendimento. E non una nuova procedura da imparare.

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