Intervista

Hybrid work: tecnologie, competenze e processi del lavoro che cambia

Giampiero Savorelli, Amministratore Delegato di HP Italy, spiega in che modo si stanno trasformando le modalità attraverso cui i dipendenti interagiscono con le aziende e quali sono gli orientamenti delle organizzazioni per rendere più agili le nuove forme di collaborazione

Pubblicato il 03 Lug 2023

Immagine di 4 PM production da Shutterstock

L’hybrid work non va visto come una fase di passaggio in attesa di trovare un nuovo modello di lavoro, ma presumibilmente è la forma di collaborazione destinata a diventare imperante in futuro. Tra gli studi che lo attestano, si può segnalare una recente ricerca di IDC che analizza qual è la propensione delle aziende a investire in tecnologie e servizi per aumentare la produttività delle persone e consentire nuove modalità di lavoro più agili.

«Il lavoro ibrido, un tempo ritenuto un mezzo temporaneo per consentire alle imprese di continuare le operazioni aziendali durante la pandemia – si legge nello studio -, è diventato un pilastro del panorama lavorativo globale».

Come la pandemia ha cambiato l’utilizzo della tecnologia

Anche se ormai ce la siamo lasciata alle spalle, la pandemia ha rappresentato comunque uno spartiacque che ha segnato profondamente un prima e un dopo. Giampiero Savorelli, Amministratore Delegato di HP Italy prende le mosse da che cosa abbia significato dal punto di vista della tecnologia, al netto ovviamente della sua drammaticità oggettiva e dei lutti che ha causato. «Il fatto che ci siamo ritrovati a dover lavorare da casa, ha generato due effetti. Anzitutto, una fortissima domanda di device, e di personal computer in particolare, perché tutti abbiamo avuto bisogno di un dispositivo per lavorare o per studiare» ricorda Savorelli.

L’utilizzo dei desktop come standard delle aziende, in sostanza, ha ceduto il passo all’impiego dei notebook su larga scala. Una situazione che è stata ancora più dirompente in Italia, dove storicamente la penetrazione di PC nelle case era più bassa rispetto ad altre nazioni, comprese quelle confinanti.

Il secondo effetto è stata un’accelerazione delle competenze digitali delle persone che è andata di pari passo con uno sforzo dei vendor nel ridisegnare l’esperienza d’uso dei dispositivi e delle applicazioni in un’ottica di maggiore automazione dei processi. Anche l’introduzione massiva dell’intelligenza artificiale (AI) si colloca in questo solco.

Tra AI e quiet keyboard, il cammino verso l’hybrid work

«Stiamo introducendo delle soluzioni basate sull’intelligenza artificiale che vanno a semplificare la vita dell’IT manager, perché prevedono eventuali guasti che potrebbero succedere. Questo ha un impatto importante sia sull’esperienza del cliente sia sui costi, in quanto intervenire in anticipo riduce i costi che bisognerebbe sostenere successivamente qualora il dispositivo non funzionasse» afferma Savorelli.

In merito alla User Experience, realtà come HP stanno investendo non soltanto nel design dei PC, rendendoli ad esempio più leggeri e maneggevoli, ma anche in quello delle stampanti, che restano comunque strumenti molto utilizzati in molte attività. A cui si aggiunge il miglioramento dei sistemi audio-video e perfino nelle tastiere.

Le cosiddette quiet keyboard, che non fanno rumore quando si digita, vanno proprio in questa direzione.

In pratica, tutte queste innovazioni sono tese a favorire sempre di più la dimensione ibrida del lavoro, in cui nell’arco della settimana si alternano momenti da remoto con altri in presenza svolti negli uffici dell’azienda. Quindi, tra remote working e office, una via di mezzo che giustifica gli sforzi delle organizzazioni perché i dipendenti spendano almeno una parte delle loro mansioni assieme agli altri colleghi in contesti formali e informali, tra cui attorno all’intramontabile macchinetta del caffè.

«Per quanto ci riguarda, le policy di HP sono molto flessibili, con una suddivisione mediamente di 3 giorni in ufficio e 2 giorni da remoto, a esclusione della forza vendita che è flessibili per definizione» esemplifica Savorelli.

Perché gli spazi dell’ufficio non saranno più gli stessi

La ricerca di IDC citata in apertura sostiene che le organizzazioni spenderanno nel 2023 quasi 1.000 miliardi di dollari per il futuro del lavoro e il 60% di questi investimenti riguarderà il ripensamento degli ambienti in cui si lavora.

«Siamo abituati a uffici dove il 60% dello spazio è occupato da scrivanie e il 40% da aree di comunicazione e collaborazione. Questo paradigma sarà completamente capovolto: per il 40% ci saranno postazioni fisse o desk, mentre per il 60% aree di collaborazione» commenta Savorelli. È una delle ragioni per cui l’anno scorso HP ha acquisito per 3,3 miliardi di dollari Plantronics, multinazionale americana presente con il marchio Poly nei settori della videoconferenza e della collaboration.

Una scelta che punta a ridefinire i modelli consueti con cui le persone interagiscono nelle sale meeting e nelle sale conferenze potenziando, anche grazie al ricorso all’intelligenza artificiale, la sensazione di maggiore fisicità seppure a distanza.

Senza dimenticare che la tecnologia oggi funge da attrattore e da leva di engagement, a patto, evidenzia Gartner, che le applicazioni di collaborazione visiva si distinguano davvero dalle riproduzioni tradizionali su una lavagna analogica. Ecco perché, insieme all’investimento in tecnologie, le organizzazioni non possono tralasciare l’investimento nelle competenze digitali dei loro dipendenti.

L’ideale, secondo l’AD di HP Italy, sarebbe un’omogeneità anagrafica con la compresenza di nativi digitali e persone con esperienza: «Steve Jobs diceva che i manager avrebbero dovuto circondarsi di giovani di talento più bravi di loro» rammenta a tal proposito Giampiero Savorelli.

Da asset aziendale a servizio, passando per la sicurezza dell’endpoint

Il cambiamento del mindset delle imprese, affinché la tecnologia risponda alle nuove modalità dettate dall’hybrid work, deve anche tenere conto del fatto che il dispositivo IT non è più un asset, ma va considerato come un servizio.

«Le aziende stanno capendo i vantaggi di passare da una logica transazionale, che consiste nel comprare l’hardware da mettere in bilancio come costo, a una logica Opex. HP storicamente ha proposto questo approccio nel mondo delle stampanti, ma adesso sta accelerando anche sui PC» sottolinea Savorelli.

Il manager aggiune che molte aziende, soprattutto di medie-grandi dimensioni, stanno ormai optando per l’acquisto di device as-a-service, un servizio che HP offre in collaborazione con i partner di canale, a cui se ne abbinano altri sul fronte della security dell’endpoint. Tra questi, Wolf Protect and Trace consente di proteggere i dati, localizzarli e, se necessario, cancellarli anche se il device non è collegato alla rete. Il che risolve alla radice i rischi di smarrimento o furto per chi opera in mobilità. Una soluzione, insieme alle altre, che viene incontro alle esigenze di un lavoro ibrido i cui strumenti devono essere all’insegna del dinamismo e dell’agilità, ma non per questo meno sicuri.

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