La readiness, la capacità per l’azienda di reagire prontamente e in modo efficace ai cambiamenti, anche quelli che avvengono in modo molto rapido, è un requisito essenziale per il business. Questo è particolarmente vero oggi. La pandemia da Covid-19 ha accelerato ulteriormente le dinamiche decisionali e operative in azienda. La gestione dell’emergenza impone cambiamenti continui alle aziende, da realizzare in tempi brevissimi, spesso nell’ordine di pochi giorni o, addirittura, ore. Al di là della congiuntura, però, è cambiato il concetto stesso di business, che mai come ora deve essere agile e resiliente. La conseguenza è che anche le fasi progettuali inevitabilmente si accorciano.
Agile e cloud per un project management più moderno
Nel project management, il tradizionale metodo Waterfall si rivela spesso inefficace nel supportare le esigenze di iniziative dal timing sempre più serrato e dalla complessità crescente. Ecco perché un numero sempre maggiore di aziende e system integrator adotta metodologie Agile. Proprio come ha fatto la tech company Qintesi, che utilizza il framework Scrum per accelerare la delivery dei progetti basati su tecnologie SAP e Google Cloud [EB3] garantendo anche una migliore aderenza dei deliverables alle richieste dei clienti. «La tecnologia cambia e si evolve molto rapidamente – spiega Giovanni Caglioni, Partner di Qintesi –. Rispetto a qualche anno fa, tutto è cambiato. Con il cloud e i modelli As A Service è possibile attivare qualsiasi tipo di risorsa con pochi click del mouse, in tempi brevissimi, senza più dover acquistare e installare hardware come in passato. Ora è possibile rispondere in modo efficace alle esigenze dei clienti attraverso progetti snelli, che si concludono rapidamente e rispondono a criteri di qualità e precisione dei risultati».
Giovanni Caglioni
Partner di Qintesi
Pro e contro del metodo Agile
Il “Chaos Report 2019” di Standish Group evidenzia alcuni dati interessanti: il tasso di successo di un progetto gestito con metodologia Agile è quasi il doppio (42%) rispetto a quello di iniziative gestite con una metodologia Waterfall (26%). Anche le differenze rispetto al rischio di fallimento dei progetti sono sostanziali: ben il 21% dei progetti gestiti con una metodologia di project management tradizionale fallisce, contro un 8% di quelli che seguono un percorso Agile. Ma qual è il segreto di questi risultati? «Nella metodologia di project management Agile – spiega il manager – l’attività di sviluppo software avviene in chiave iterativa. I requisiti sono incrementali e si lavora di volta in volta su un software che, seppure incompleto, è comunque testabile dal cliente, che potrà segnalare difformità e problemi». Siccome gli sviluppi si susseguono costantemente, la funzionalità] implementata non potrà che essere sempre aggiornata. A questo corrispondono chiaramente costi di maintenance più bassi, meno disservizi e meno richieste di cambiamenti. Agilità e problem solving sono realizzati attraverso un’organizzazione del team sicuramente meno strutturata rispetto a quanto avviene nel project management tradizionale, con flussi di lavoro non sempre lineari.
I pilastri dell’Agile
Rilasci veloci, multidisciplinarietà dell’approccio, focus sui risultati più che sulle procedure sono le principali caratteristiche dell’Agile. Volendo riassumere in una checklist gli elementi salienti della metodologia, possiamo individuarne 7:
1. Soggetti
«Due sono le figure essenziali di un progetto gestito in modalità Agile – spiega Fabio Faravelli, Head of Unit Analytics & Data Platform di Qintesi –. Il Product Owner, generalmente un referente del Cliente che raccoglie i requisiti, li formalizza in funzionalità da implementare e li ordina per priorità, andando ad alimentare il “product backlog”, e lo Scrum Master, il facilitatore che organizza il team e favorisce lo scambio di informazioni tra i suoi membri».
Fabio Faravelli
Head of Unit Analytics & Data Platform di QINTESI
2. Team dedicati
Nell’approccio Waterfall accade che spesso, per rispettare le scadenze, è necessario coinvolgere più persone anche per brevi periodi di tempo, che comunque vanno adeguatamente formate sull’ambito di implementazione. «Nella progettazione Agile, invece – osserva Faravelli –, l’organizzazione in team ristretti e dedicati già di per sé migliora la qualità del lavoro e la produttività delle persone coinvolte del progetto. Un aspetto da non trascurare, però, è la formazione, sulla quale investiamo molto. I nostri partner e consulenti sono aggiornati sull’utilizzo degli strumenti informatici che permettono di gestire la pianificazione, la documentazione, il testing ed i rilasci, senza trascurare lo sviluppo delle soft skills, che sono altrettanto importanti».
3. Timeboxing
Il progetto si articola in iterazioni (Sprint) della durata media di 3-4 settimane. All’inizio dello Sprint il team individua l’elenco delle funzionalità da implementare, attingendole dal product backlog (in ordine di importanza), e si pianificano le attività necessarie. Ogni giorno, le persone coinvolte nel progetto si confrontano nel corso di un meeting della durata brevissima – generalmente 15 minuti – durante il quale si evidenziano le criticità e i problemi.
4. Consegne frequenti
«La metodologia Waterfall – sottolinea Caglioni – si basa su una sequenza cadenzata di macro-rilasci, per cui non è possibile passare alla fase successiva senza aver concluso quella precedente. I progetti Agile si caratterizzano, invece, per i rilasci frequenti di versioni intermedie del software. In questo modo ci si tutela contro il rischio di ritardi nella consegna del progetto e si lavora con il cliente avendo a disposizione del materiale già in parte utilizzabile e testabile». Il cliente sarà in grado quindi di evidenziare di volta in volta carenze e anomalie che potranno facilmente essere risolte dal team.
5. Coinvolgimento diretto del cliente
L’interazione continua del cliente con il team è garantita dalla disponibilità di tool software che permettono di gestire con un unico strumento tutto il workflow, i task, il timing e gli eventuali problemi in tempo reale e in modo automatizzato.
6. Possibilità di cambiare obiettivi e tecnologie “in corsa”
In un panorama di business come quello attuale, molto dinamico e in continua evoluzione, sarebbe impensabile gestire i progetti IT congelando le ipotesi iniziali per tutta la durata del progetto. L’evoluzione tecnologica, poi, porta a continui miglioramenti e introduce nuove funzionalità che possono essere sfruttate da subito nei progetti. La metodologia Agile è meno formale e “ingessata” rispetto al tradizionale approccio Waterfall: l’approccio iterativo tipico dell’Agile permette al cliente di cambiare idea in corsa e aggiustare il tiro, magari definendo nuovi obiettivi che potranno essere supportati da tecnologie e applicazioni inizialmente non contemplate.
7. Focus sulle esigenze di business
«In un progetto gestito in modalità Agile – tiene a precisare Caglioni – il consulente lavora insieme al personale delle linee di business e parla la sua stessa lingua. I momenti di confronto sono diversi. Il ciclo di iterazione, termina con la Sprint Review, ovvero la verifica del raggiungimento effettivo degli obiettivi dello sprint. La Retrospettiva è un altro momento centrale della metodologia Agile. A intervalli regolari, il team si confronta e le lessons learned serviranno a indirizzare in modo ancora più efficace i passi successivi, per garantire che la funzionalità implementata soddisfi le esigenze di business e i requisiti di qualità identificati.
L’importanza del change management
Un aspetto che non può essere trascurato nell’ambito di una progettazione Agile è, poi, il Change Management. «La struttura organizzativa – conclude Caglioni –, deve essere riplasmata sulle esigenze del progetto. Noi in Qintesi, abbiamo affiancato alle Unit (strutture organizzative nelle quale risiedono le nostre competenze) altre strutture permanenti: ogni anno vengono definiti i QI-Innovation Labs, veri e propri laboratori in cui si progettano, sviluppano e verificano le soluzioni più innovative finalizzate a migliorare i processi dei Clienti.»
«In particolare all’interno del Gruppo Qintesi è stata sviluppata una metodologia proprietaria relativa alla migliore gestione del personale (gruppi di progetto o utenti) in modalità smart working – conclude Alessandro Bosio, Presidente di BF Partners, azienda appartenente al Network di Qintesi e Vicepresidente Assoconsult Confindustria – basata sulla risoluzione di tematiche quali l’efficienza nella gestione degli spazi e flessibilità, la valutazione delle performance del personale nel breve periodo, l’individuazione delle nuove relazioni sociali instauratasi nell’organizzazione (sociogramma) e il coinvolgimento e la comunicazione con il personale a distanza con maggior frequenza».
Alessandro Bosio
Presidente di BF Partners, azienda appartenente al Network di Qintesi e Vicepresidente Assoconsult Confindustria