Tecnologie

Creatività e analisi dei dati: un binomio possibile per le aziende del Fashion

Nel settore della moda, il legame tra gli uffici stile e la filiera produttiva deve essere costantemente rafforzato. Un aiuto arriva da tecnologie di deep learning e algoritmi specifici, che permettono di prevedere le performance delle vendite o di ottimizzare l’intera supply chain. Maurizio Sanarico, Chief Data Scientist di SDG Group, spiega concretamente in che modo questo possa avvenire

Pubblicato il 15 Dic 2021

Immagine di CatwalkPhotos da Shutterstock

Nel mondo del Fashion creatività e analisi dei dati rappresentano un connubio non solo possibile, ma necessario. In apparenza, si tratta di ambiti antitetici, poiché creatività e design si presuppone che nascano come scintilla che intende indirizzare il gusto dei clienti, mentre tutte le fasi di produzione, alla cui ottimizzazione contribuisce un’analisi dei dati puntuale ed efficace, seguono le logiche proprie del mercato.

Maurizio Sanarico, Chief Data Scientist di SDG Group, azienda con la quale ha seguito e segue tuttora progetti di Business Analytics, Corporate Performance Management e Advanced Business Solutions per conto di brand del lusso e della moda, ricorda casi emblematici in cui i direttori creativi di noti brand di moda sono stati in grado di riportare i marchi alla gloria del passato, trasformandoli in imprese fiorenti e profittevoli. Ma anche il più geniale degli stilisti non può prescindere dai processi tipici di un’attività manifatturiera: dalla pianificazione nell’approvvigionamento dei materiali alla gestione della produzione, interna o esterna che sia, fino alla logistica e all’assortimento dei punti vendita.

Il ruolo dell’algoritmo nelle aziende del Fashion

«La particolarità del Fashion – sottolinea Sanarico – è costituita dalle collezioni e dalla loro unicità. Infatti, per capire qualcosa dello storico, bisogna passare dal singolo prodotto a delle caratteristiche comuni tra i prodotti. È ovvio che sui prodotti più venduti, sugli evergreen, questo problema non si pone, perché c’è una buona probabilità che si venderanno così come è avvenuto in precedenza. Invece, per tutto quello che è nuovo nelle collezioni occorre predisporre dei modelli che sfruttino metodi e tecnologie avanzate utilizzate in modo creativo, ad esempio, in analogia con il deep learning che riesce a predire bene, nonostante un apparente “overfitting”, grazie alla capacità di identificare la soluzione migliore tra miliardi di parametri mediante quello che viene definito induction bias».

Nel campo della moda, questo si traduce nel riuscire a capire, quando si cominciano a ricevere ordini a inizio campagna, se il cliente da cui provengono è rappresentativo o meno, vale a dire se un numero limitato di ordini da determinati clienti funge da induction bias. Infatti, i clienti che hanno una particolare rappresentatività storica consentono di ridurre l’insieme delle possibili combinazioni di attributi che definiscono i prodotti alto-vendenti, aiutando l’azienda a comprendere quali saranno i prodotti che andranno meglio. «Questo sistema – dice Maurizio Sanarico – ci ha portato ad esempio a prevedere con largo anticipo e con un margine di errore minimo i prodotti che avrebbero avuto le performance migliori su qualche migliaio di clienti wholesale».

Presidiare la supply chain e l’assortimento dei negozi

L’analisi dei dati nel Fashion può fare in modo che il lavoro degli uffici stile trovi il giusto canale di vendita se si focalizza anche sulla logistica e la supply chain.

Nei negozi che hanno un assortimento molto vasto, perfino il buyer più competente potrebbe essere messo in difficoltà rispetto a tanti prodotti da riassortire. «Siamo riusciti a ridurre le mancate vendite dell’11% per una catena di negozi retail di proprietà di una casa di moda, coniugando la capacità predittiva con la capacità dell’azienda di rifornire rapidamente i propri negozi. Chiaramente – tiene a precisare Sanarico – il guadagno dell’inizio poi si stabilizza. Per questo, oltre a migliorare l’allocazione di assortimento e riassortimento, bisogna fare in modo di ridurlo già in fase di produzione. La parte algoritmica è importantissima, ma è fondamentale anche verificare come si incastra nei processi aziendali, nei tempi di attraversamento della produzione, nelle dinamiche con cui vengono ordinati i materiali e così via».

Tutte queste fasi nel Fashion sono soggette alla complessità di una catena di approvvigionamento che vede molte aziende cooperare in qualità di contoterzisti e subfornitori, diverse delle quali sono state costrette a chiudere o a ridurre la produzione l’anno scorso a causa del Covid-19. Senza dimenticare che uno dei fenomeni più vasti che la pandemia ha innescato nell’universo produttivo è stato lo shortage di materia prima a livello globale, con situazioni drammatiche ad esempio nella componentistica elettronica. Questo fenomeno, nella filiera del tessile-abbigliamento, ha portato in alcuni casi a un aumento dei costi che hanno superato il 100% su base annuale.

Le 3 sfide che il settore moda deve affrontare

In un tale scenario, il binomio tra creatività e analisi dei dati del Fashion deve tenere conto di alcuni trend che Maurizio Sanarico, all’interno di FashionTech, network che valuta startup tecnologiche che operano nel comparto, sintetizza in tre macro tendenze: «Anzitutto oggi c’è il tema dell’omnichannel, cioè di come gestire una canalità onnicomprensiva che comporta dei cambiamenti radicali nei modelli di business e una forte digitalizzazione con componenti analitiche rilevanti. In secondo luogo, c’è una parte importante che guarda all’economia sostenibile, a come fare cioè per evitare gli sprechi. Un’azienda canadese, Tengiva, ha sviluppato una sorta di marketplace con cui fungere da collettore di tutti i magazzini del mondo che conservano tessuti non utilizzati. L’ultima tendenza è quella della fabbrica intelligente e si concentra sul miglioramento della produzione dalla fase di design a quella di realizzazione dei capi e degli accessori con strumenti sempre più sofisticati che mettano insieme, appunto, creatività e produzione».

Questi tre argomenti non esauriscono le sfide che il settore della moda è chiamato ad affrontare, ma permettono di tracciare la rotta sulla quale il Fashion deve proseguire la sua strada, se vuole continuare a essere competitivo. In questa strada gli algoritmi e l’analisi dei dati sono ingredienti sempre più determinanti, a patto che trovino un terreno fertile formato da nuovi modelli organizzativi, dotazione tecnologica evoluta e immancabile genialità del reparto stile.

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