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Chiesi Farmaceutici: un “comitato a tre” per governare la trasformazione digitale

Il Group CIO Umberto Stefani racconta i progetti nelle aree acquisti, produzione, marketing, e ricerca e sviluppo, e la recente istituzione di un “triumvirato” formato dai responsabili marketing, IT e ricerca per coordinare e monitorare le iniziative di innovazione

Pubblicato il 29 Apr 2016

Chiesi-farmaceutici

Un “comitato a tre” per definire un piano di “digital transformation” di lungo periodo e i progetti per declinarlo nelle varie funzioni aziendali – marketing, vendite, ricerca, eccetera – coordinandoli e monitorandoli. Questa la recentissima scelta di Chiesi Farmaceutici per governare la trasformazione digitale in azienda, come ci ha raccontato il Group CIO Umberto Stefani, che del comitato è uno dei componenti insieme ai responsabili del marketing e della ricerca e sviluppo.

Chiesi è una multinazionale italiana di proprietà della famiglia Chiesi, quotata in Borsa, che nel 2015 ha fatturato quasi 1,5 miliardi di euro, di cui il 20% in Italia e l’80% all’estero, con circa 4300 dipendenti nel mondo, spiega Stefani. «L’azienda si sta espandendo ogni anno, nel 2015 siamo cresciuti intorno al 9% e il piano strategico prevede di arrivare nel 2020 a 2 miliardi con sola crescita organica, senza contare possibili acquisizioni soprattutto negli USA e in paesi emergenti come Brasile, Cina e Russia. Abbiamo impianti produttivi in Italia, Francia e Brasile, e stiamo valutando di costruirne uno in Turchia».

Le aree terapeutiche di riferimento sono il respiratorio («dove competiamo con le multinazionali globali, come Glaxo, Novartis, Astrazeneca»), e la neonatologia («abbiamo un prodotto salvavita che facilita la respirazione dei bambini prematuri che è leader mondiale nel suo mercato»). In ricerca e sviluppo Chiesi investe oltre il 20% del fatturato («più di 300 milioni l’anno»), e due terzi delle sue entrate vengono da farmaci sviluppati e prodotti internamente.

“Esportazione” del sistema ERP in corso

La “spina dorsale” della digitalizzazione di Chiesi è il sistema informativo SAP, avviato nel 2013 in Italia e poi “esportato” nelle filiali in Francia, UK, Germania, Spagna e Brasile. «Quest’anno il piano è di estenderlo a Polonia, Austria e Stati Uniti, completando così la copertura con SAP di tutti i principali processi – contabilità, controllo gestione, acquisti, vendite, produzione e magazzini – nei Paesi da dove viene la gran parte del fatturato».

In questo momento sono diverse le aree aziendali in cui le soluzioni digitali portano più valore in Chiesi, continua Stefani. «Partendo da un’area “tradizionale”, abbiamo digitalizzato completamente la gestione degli acquisti: non gira più un solo pezzo di carta. Possiamo approvare una richiesta d’acquisto da uno smartphone, potendo leggere tutti i relativi documenti. Da quando siamo andati live con SAP le stampe su carta si sono ridotte del 30% da un giorno all’altro».

Altre aree di digitalizzazione sono lo “smart working” («il posto di lavoro diventa sempre più virtuale, e le nostre persone possono accedere ai sistemi aziendali ovunque si trovino, e utilizzare sistemi di condivisione, collaborazione, video conferenza, messaging»), e la produzione: «Già qualche anno fa abbiamo implementato un MES (Manufacturing Execution System) integrato con l’automazione di linea, che produce un batch record elettronico con tutta la storia del lotto di produzione lungo la supply chain».

In generale l’obiettivo è azzerare la carta in azienda, «e non è così lontano – sottolinea Stefani -. Avvicinandoci poi all’accezione più tipica della digital transformation, altri due ambiti su cui stiamo lavorando sono marketing e vendite, e ricerca e sviluppo».

Marketing e Vendite, il problema multicanalità

Nel primo campo il tema più scottante è la multicanalità, cioè associare ai canali più tradizionali (come l’informatore medico-scientifico) quelli digitali: web site specifici, app, presentazioni su iPad con testi, video e immagini, videoconferenze con i medici, e così via. «Questi canali vengono sfruttati, ma per ora senza un coordinamento, anche a livello di singola iniziativa: se si fa una campagna di mailing, chi la gestisce mi dà i risultati di redemption di quella campagna, e la cosa finisce lì».

A questo punto, il passo successivo è il più difficile: riuscire a mettere insieme tutte le informazioni di ritorno di tutti i canali, e “leggerle” con algoritmi intelligenti che propongano come ottimizzare la comunicazione con lo specifico medico, in termini di contenuti e di canale. È più interessato alla sicurezza, all’efficacia, agli effetti collaterali del farmaco? E come raccontargli queste cose? Se è un appassionato del digitale preferirà magari vedere l’informatore in videoconferenza, o una presentazione video. Se usa malvolentieri l’email invece è meglio visitarlo di persona. «Ho parlato di passo difficile perché sul mercato al momento non c’è una soluzione matura di CRM per il farmaceutico che permetta di fare queste cose».

Ricerca e sviluppo, arricchire il prodotto con servizi attraverso l’IoT

Poi c’è l’area ricerca e sviluppo, dove l’obiettivo è andare oltre il prodotto, corredandolo di servizi. «Ci stiamo lavorando, siamo a livello di prototipi perché le problematiche sono tante e complesse, però l’internet of things può aiutarci a sviluppare la parte di servizi. Per esempio posso fornire al paziente attraverso un’app un servizio di notifiche push che gli ricorda di assumere il farmaco ai giusti orari. E inserendo dei sensori negli inalatori – un nostro laboratorio in Inghilterra sta sperimentando in questo campo – si può trasmettere via Bluetooth a un’app l’azione di utilizzo dell’inalatore da parte del paziente. In tal modo abbiamo l’informazione base che la terapia viene seguita, ma raccogliendo con i sensori altre informazioni collegate alla patologia – parliamo di asme e bronchiti, quindi la temperatura esterna, dove mi trovo, che tempo fa, il livello di umidità e inquinamento – possiamo usarle per migliorare l’efficacia del farmaco e il suo utilizzo».

Poi si può andare oltre in tanti modi, per esempio con un’app che mette il paziente in contatto diretto con il medico curante in tempo reale, «ma in generale l’obiettivo è dare qualcosa in più e di nuovo al paziente, migliorando l’utilizzo del farmaco, cosa che ovviamente ci aiuta a vendere di più, e ampliando il raggio d’azione ai temi alimentazione, salute, wellness, cosa che ci fa conoscere di più e ci permette di proporre servizi nuovi». Diverse questioni però restano da chiarire bene, come la gestione delle informazioni: «Non possiamo lavorare sui dati del singolo paziente “conoscendolo”, per cui va appurato come si possano raccogliere informazioni aggregate nel rispetto della privacy per capire come migliorare il prodotto in base al comportamento dei pazienti».

Finora in Chiesi non c’era un coordinamento per orchestrare i progetti di digitalizzazione, ma come anticipato c’è appena stato un importante cambiamento organizzativo: «È stato appena creato un comitato con il direttore marketing, il CIO – cioè io – e il responsabile ricerca e sviluppo, che è anche un rappresentante della proprietà, essendo membro della famiglia Chiesi».

Questo “triumvirato” ha l’obiettivo di definire un piano di digital transformation di lungo periodo e i progetti per declinarlo entro l’organizzazione nelle varie funzioni – Finance, Marketing, Vendite, Ricerca, eccetera – coordinandoli e monitorandoli.

«È sembrata la scelta migliore per garantire una coerenza tra la trasformazione digitale, gli obiettivi strategici dell’azienda, e ciò che c’è già in termini di sistemi, infrastrutture e processi. In tal modo si evitano fenomeni di “shadow IT” nelle funzioni, o il rischio di “organizzazioni parallele” che si muovano indipendentemente rispetto all’IT e anche rispetto alle funzioni di business, come potrebbe succedere istituendo figure di chief digital officer o innovation officer».

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