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Catena del freddo: cos’è, in quali campi viene usata e che cosa c’entra con il vaccino anti-Covid

Da elemento chiave per assicurare che prodotti farmaceutici delicati, come i vaccini, raggiungano gli ambulatori senza alterazioni, ad asset strategico per il Made in Italy per il settore agroalimentare: ecco come funzionano le supply chain a basse temperature. La sfida per la filiera dedicata al vaccino anti-Covid non sarà solo logistica, ma anche informatica

Pubblicato il 07 Gen 2021

Catena del freddo

L’emergenza sanitaria sta ridefinendo i ruoli di molte filiere, e tra queste la catena del freddo è destinata a giocare un ruolo determinante nel contrastare la pandemia attraverso la distribuzione dei vaccini anti-Covid. Affinché risultino davvero efficaci, però, le supply chain coinvolte in questa operazione devono rispondere a una serie di requisiti molto stringenti. Si tende a dire che la forza di una catena è quella del suo anello più debole. Per garantire che tutto proceda per il meglio bisognerà quindi andare alla ricerca delle performance degli elementi più vulnerabili di un processo che inevitabilmente coinvolgerà numerose aziende che operano in diversi Paesi. Le tecnologie e le competenze, per fortuna, non mancano: la sfida più grande sarà riuscire a integrarle e orchestrarle, non solo sul piano logistico ma anche su quello informatico. Vediamo dunque quali sono le prospettive per i prossimi mesi, dopo aver definito cos’è la catena del freddo, come funziona e in quali ambiti viene attualmente usata.

Cos’è la catena del freddo

La catena del freddo comprende tutti i soggetti, i mezzi e i dispositivi che lavorando in sinergia all’interno di una filiera integrata consentono di realizzare un sistema di trasporto efficiente in grado di garantire la conservazione delle merci entro un determinato intervallo di temperature. Non parliamo quindi solo di “frigoriferi”, ma anche di professionalità, veicoli, hub di interscambio, magazzini e poli logistici opportunamente attrezzati, oltre che di hardware specifici per la distribuzione lungo l’ultimo miglio. A questo bisogna poi aggiungere le componenti digitali e di connettività, che negli ultimi anni hanno permesso di fare un notevole passo avanti rispetto alla capacità di monitorare l’effettivo stato di funzionamento dei singoli impianti, di valutare il modo in cui vengono gestite le varie fasi del processo e, non ultimo, di identificare in maniera univoca colli di bottiglia e guasti. La combinazione tra sensoristica, connettività e data analysis ha dato vita anche nella catena del freddo ad applicazioni IoT (Internet of Things), grazie alle quali gli attori della filiera possono controllare, pianificare e – sempre più spesso – prevedere in modo accurato l’andamento di una spedizione.

Quali sono i rischi causati dall’interruzione della catena del freddo?

Tipicamente, una catena del freddo deve essere in grado di mantenere prodotti surgelati a una temperatura inferiore ai -18 °C, meglio ancora se costante, attraverso tutte le fasi che portano gli stock dallo stabilimento di produzione al punto vendita. Lo scongelamento, anche parziale, e l’eventuale ricongelamento, provocano infatti non solo la riduzione della durata dei prodotti, ma anche il loro deterioramento, in quanto la rottura della catena del freddo avviene con modalità molto diverse da quelle che contraddistinguono la surgelazione iniziale. Questo è determinato dal fatto che le variazioni di stato possono favorire lo sviluppo di microrganismi, che riescono a sopravvivere e a proliferare anche a temperature molto basse.

Come funziona la catena del freddo

Il protocollo deve essere rispettato rigorosamente durante una serie di operazioni che avvengono in luoghi molto diversi tra loro: come ricorda Iias (Istituto Italiano Alimenti Surgelati), il primo passaggio riguarda il carico della merce nella sede del produttore su mezzi di trasporto appositi, che saranno adibiti anche allo scarico del prodotto nel luogo di distribuzione. C’è poi il trasporto del prodotto, contenuto nei cartoni, sulle pedane, il trasporto dei cartoni, lo stoccaggio nelle celle frigorifere intermedie e, infine, l’esposizione nei banchi di vendita. Tutto deve avvenire nell’ambito di un ecosistema sviluppato per controllare costantemente la temperatura per ciascuna fase. Nelle celle di stoccaggio gli strumenti di registrazione automatica misurano a intervalli regolari la temperatura dell’aria, e inviano poi le rilevazioni, corredate di ora e data della misurazione, a speciali repository che gli operatori devono poter mettere a disposizione degli enti controllori per determinati periodi di tempo, a seconda dei termini minimi di conservazione che cambiano da prodotto a prodotto. Sui mezzi di trasporto la temperatura è registrata automaticamente ogni cinque minuti se il viaggio ha una durata inferiore alle 24 ore, oppure ogni 20 minuti se il viaggio è più lungo. Anche una volta arrivato al banco o all’armadio frigorifero, il prodotto deve sottostare a regole – oltre che temperature – molto rigide: i display, aperti o chiusi che siano, hanno una soglia massima di carico che deve essere chiaramente indicata. A costo di risultare ripetitivi, sottolineiamo che anche qui la temperatura va costantemente monitorata.

In quali settori viene impiegata

Come accennato, e come noto, la catena del freddo viene impiegata principalmente in due settori: quello sanitario e quello agroalimentare.

In ambito sanitario, la catena del freddo è indispensabile per assicurare che prodotti farmaceutici delicati, a partire per l’appunto dai vaccini, raggiungano gli ambulatori senza il rischio di alterazioni che li renderebbero inutilizzabili. «Nel settore Healthcare i prodotti e i volumi gestiti a temperature più stringenti (2°- 8°, e sotto zero) sono in crescita da diversi anni e questo trend è confermato anche nel 2020», sottolinea Damiano Frosi, Direttore dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano. «Introdurre tecnologie che consentano di tracciare e controllare fino alla consegna le condizioni del prodotto – afferma – vorrebbe dire garantire il consumatore e combattere i mercati paralleli che penalizzano anche cibo e moda».

Rispetto al mondo dell’agroalimentare, questa particolare forma di supply chain rappresenta uno strumento straordinario per garantire la distribuzione di cibo di qualità anche in aree geografiche molto distanti dal luogo di produzione. In questo senso la catena del freddo è, per esempio, un asset strategico del Made in Italy.

Ci sono aziende che si sono rese già conto di quanto la tracciabilità della filiera lungo la catena del freddo pesi nella differenziazione di un’offerta, e hanno per questo sviluppato sistemi – per il momento si tratta soprattutto di progetti pilota – di tracking basati sulla Blockchain. Bofrost Italia, per esempio, ha applicato la soluzione EY OpsChain Traceability per tracciare le filiere produttive dei merluzzi e dei carciofi surgelati: grazie alla Blockchain pubblica di Ethereum, ciascuno degli attori che compongono queste due catene del freddo può registrare le informazioni relative alle operazioni di competenza in modo sicuro e inalterabile, fornendo a distributori e consumatori una mappatura chiara di tutte le operazioni svolte per preservare la qualità dei prodotti.

Usare una catena del freddo per la conservazione del vaccino anti-Covid

Arrivando alla stretta attualità, dovrebbe ora risultare chiaro perché la catena del freddo sarà alla base delle strategie di conservazione e distribuzione del vaccino anti-Covid. O, per meglio dire, dei vaccini anti-Covid. Infatti, oltre al vaccino Pfizer-Biontech, in corso di somministrazione, a breve dovrebbe entrare in gioco anche quello di Moderna, a cui dovrebbero presto aggiungersene altri. Entrambi i vaccini sono stati sintetizzati sfruttando una nuova tecnologia basata sull’utilizzo di filamenti di mRna contenuti all’interno di particelle lipidiche. Una tecnologia che però determina una precisa controindicazione: il siero si degrada a temperatura ambiente. Più nello specifico, per risultare efficace il vaccino Pfizer-Biontech deve essere conservato a 70 gradi sottozero, mentre quello Moderna dovrebbe reggere sei mesi fino a -20 °C, che è lo standard della maggior parte dei frigoriferi presenti negli ospedali e nelle farmacie. La rivista New Scientist, d’altra parte, riporta che l’Imperial College di Londra e i laboratori CureVac, con sede a Tubinga, stanno lavorando ad altri vaccini usando la medesima tecnica sperimentata per i farmaci anti-Covid. Questi prodotti però sarebbero in grado di resistere per mesi dentro un normale frigorifero alla temperatura di 4 °C e potrebbero dare il la a una nuova generazione di vaccini anti-Covid che richiedono una catena del freddo a minori prestazioni. «La distribuzione del vaccino viene considerata da molti la sfida logistica del secolo: la consegna su scala globale di miliardi di dosi garantendo il rispetto di condizioni stringenti in termini di temperatura. Ci auguriamo che questa sfida possa anche rappresentare un boost di innovazione tecnologica e di processo per tutte le filiere della logistica», aggiunge Damiano Frosi.

Il nuovo scenario: gli attacchi informatici

A prescindere dalle specifiche dei prodotti, la catena del freddo che servirà a distribuire il vaccino anti-Covid non dovrà però essere resiliente solo sul piano dell’isolamento termico. Dove si crea valore, infatti, si generano anche occasioni di profitto per i cyber-criminali, e una notizia recente getta un’ombra sulle supply chain che non dispongono di sistemi di sicurezza informatica adeguati ai tempi che corrono: secondo Ibm, gli hacker si starebbero preparando ad azioni mirate per attaccare la catena del freddo necessaria a garantire la conservazione dei vaccini durante la fase di distribuzione. Stando alle notizie trapelate, sarebbe già stata coinvolta Haier Biomedical, vittima di una campagna di phishing condotta via e-mail che puntava a raccogliere informazioni sugli aspetti logistici della conservazione e sulla consegna dei vaccini. Il phishing potrebbe d’altra parte essere la meno sofisticata delle tecniche di attacco. I sistemi IoT e le reti di comunicazione integrate tra i vari attori della filiera, moltiplicando in modo esponenziale i touch point delle catene del freddo, rischiano di essere delle potenziali porte d’accesso per i cyber-criminali più esperti, che potrebbero sfruttarle per lanciare iniziative DDoS (Distributed Denial of Service), con effetti devastanti per lotti così delicati. Ecco che garantire il corretto funzionamento della catena del freddo vuol dire anche adottare sistemi di tracking e misure di cyber-security all’altezza della situazione.

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