Lo studio

Agroalimentare, tanta innovazione digitale nel segno della sostenibilità. Polimi: raddoppiate le startup

Il settore agrifood è in trasformazione, alla ricerca di nuove soluzioni per ridurre gli sprechi e adottare modelli di economia circolare che puntano alla sostenibilità sociale e ambientale. La spinta viene soprattutto dalle nuove aziende hi-tech: ne sono state censite 835 nel mondo, solo poche in Italia. Si afferma la “filiera corta” e cresce l’attenzione al packaging

Pubblicato il 07 Giu 2019

agroalimentare

L’attenzione mediatica non è forte come quella raccolta dall’ambientalista Greta Thunberg, ma nel settore agroalimentare (agrifood) c’è una piccola rivoluzione in atto, che sta portando ad affermarsi nuovi modelli circolari e sostenibili in tutto il mondo. L’innovazione digitale è il motore di questo cambiamento, e in particolare il lavoro delle giovani startup hi tech, che continuano a portare sul mercato nuove proposte per ridurre lo spreco di cibo, aumentare la collaborazione nella filiere, valorizzare le eccedenze alimentari, promuovere un utilizzo più efficiente dell’acqua, far crescere l’economia circolare e sviluppare modelli di business “sostenibili”.

Lo rivela la seconda ricerca dell’Osservatorio Food Sustainability della School of Management del Politecnico di Milano ha censito nel mondo 835 startup agrifood che perseguono questi e altri obiettivi di sostenibilità sociale, ambientale e economica. I Paesi con la più alta densità sono Israele  Svizzera e Indonesia, mentre l’Italia è molto in fondo alla classifica, con 63 startup agrifood e 16 sostenibili (il 25%), che offrono soprattutto soluzioni di agricoltura di precisione e piattaforme per gestire le eccedenze, ridurre gli sprechi e promuovere i prodotti locali.

«Nel 2018 il sistema agroalimentare ha vissuto un grande fermento innovativo come risposta alla necessità di ridurre lo spreco di cibo, una delle sfide più sentite a cui sia le startup sia attori consolidati stanno cercando di trovare soluzioni – afferma Alessandro Perego, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale e Responsabile scientifico dell’Osservatorio -. Sono raddoppiate le startup sostenibili, che propongono modelli di business circolari per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile, mentre si diffondono nuove modalità di collaborazione a tutti i livelli della filiera e l’innovazione coinvolge processi della supply chain prima d’ora soltanto sfiorati, come ad esempio il packaging. Nel confronto internazionale, il mercato italiano appare fermo, ma anche in Italia non mancano casi di successo e spunti di innovazione che fanno ben sperare per il futuro».

La filiera agroalimentare si accorcia

Nella filiera agroalimentare si assiste a una riconfigurazione legata all’economia circolare, spiega  Raffaella Cagliano, Responsabile scientifico dell’Osservatorio «soluzioni innovative nella prevenzione e gestione delle eccedenze alimentari migliorano le previsioni, limitano la sovrapproduzione e permettono una maggiore preservazione degli alimenti». Si affermano modelli di prossimità, con aziende che scommettono sempre più su un modello di filiera corta sostenibile.

«Le soluzioni innovative sviluppate dalle startup sono orientate prevalentemente a passare a sistemi di produzione più sostenibili e resilienti e favorire modelli di consumo responsabili, ottimizzando l’utilizzo delle risorse e minimizzando gli sprechi – commenta Paola Garrone, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability -. La conferma dei fornitori di servizi e di tecnologia quali principali promotori di innovazione sostenibile lungo la filiera evidenzia ancora una volta l’importanza della tecnologia come fattore che permette o facilita l’implementazione di nuove soluzioni per far fronte alle sfide di sostenibilità».

Prevenzione, riutilizzo, recupero: ridurre rifiuti ed eccedenze

Per valorizzare le eccedenze dell’agroalimentare ed eliminare gli sprechi si adotta un approccio di filiera ad ogni livello della cosiddetta Food Waste Hierarchy (FWH, la gerarchia di utilizzo delle eccedenze: prevenzione, riutilizzo-redistribuzione, riutilizzo per consumo animale, riciclo, recupero, smaltimento). La prevenzione è resa possibile da nuove tecnologie, come sistemi informativi e di analisi dei dati, soluzioni biochimiche e di controllo di parametri critici per la conservazione dei prodotti, e da collaborazioni lungo l’intera filiera con lo scopo di condividere competenze e risorse per l’applicazione delle innovazioni tecnologiche o la riconfigurazione dei processi.

Per la gestione delle eccedenze si ricorre a innovazioni tecnologiche e di processo che consentono di ridare valore ai prodotti, trasformandoli e indirizzandoli a nuovi mercati o consentendone la ridistribuzione a fini sociali.

Le singole imprese, invece, cercano di ottimizzare i processi e introdurre nuove soluzioni per ridurre lo spreco alimentare, sulla spinta della normativa, della necessità di diminuire i costi associati allo spreco di risorse e allo smaltimento dei rifiuti, di nuove opportunità di business e posizionamento sul mercato o per responsabilità sociale d’impresa. Le priorità per le aziende sono legate alla prevenzione e alla redistribuzione degli alimenti alle persone in stato di bisogno. A seguire si considerano le azioni relative al riciclo e quelle per la produzione di mangimi e concimi e infine per il recupero energetico, mantenendo come ultima opzione lo smaltimento in discarica.

«Le nuove tecnologie abilitano soluzioni innovative per la prevenzione e la gestione delle eccedenze alimentari, sia permettendo l’accesso alle informazioni sul prodotto per gestirne la destinazione d’uso, massimizzare la creazione di valore sostenibile e prevenire la generazione di eccedenze sia per l’attivazione di collaborazioni tra realtà molto diverse lungo la filiera e a livello di sistema», spiega Marco Melacini, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability.

Packaging agroalimentare, un modello per capire se è davvero sostenibile

Un imballaggio, spiega lo studio, si può considerare sostenibile quando preserva o migliora la sicurezza igienico-sanitaria degli alimenti, quando ha un limitato impatto ambientale e quando favorisce un ampio accesso al cibo che contiene e dei cambiamenti positivi nella comunità. L’Osservatorio ha elaborato un modello per caratterizzare gli impatti di sostenibilità di un food packaging rispetto alle sue tre dimensioni principali (conservazione ambientale, sicurezza alimentare, valore sociale). «Si tratta di uno strumento per le aziende che intendono valutare le soluzioni di packaging già in uso e un supporto alla progettazione di soluzioni alternative – spiega Barbara Del Curto, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability – ad esempio per realizzare una strategia di comunicazione e una narrativa omogenea legata al prodotto, attraverso informazioni di valore riportate sul packaging. Inoltre, fornisce alla Ricerca un metodo comune per l’analisi dei trend di innovazione sostenibile nel settore».

La supply chain si accorcia: ma la “filiera corta” non è sempre sostenibile

Il termine “filiera corta fa riferimento alla sola vicinanza geografica ed è usato come sinonimo di sostenibile, ma non sempre le due cose vanno di pari passo. L’Osservatorio ha proposto una classificazione di modelli di Short Food Supply Chain che considera anche altri aspetti che possono sostituirsi o aggiungersi alla vicinanza geografica, come la vicinanza relazionale e informativa. Da questa classificazione sono stati ricavati quattro modelli.

Fully Short Supply Chain: viene adottato da aziende che sfruttano tutti gli aspetti di prossimità geografica, relazionale e informativa per perseguire obiettivi di tutela dei piccoli produttori, promozione del territorio e difesa del patrimonio naturale e culturale.

Direct Supply Chain: tipico di supply chain estese geograficamente, come le coltivazioni di cacao e caffè, che fanno leva su prossimità relazionale e informativa per promuovere lo sviluppo dei piccoli produttori, la diffusione di conoscenze nei paesi in via di sviluppo, la preservazione delle specie animali e la riduzione dell’uso di prodotti chimici.

Traced Supply Chain: sono filiere che si sviluppano in un contesto geografico esteso e caratterizzate da numerosi stadi, che fanno leva su diverse soluzioni di tracciabilità per colmare la distanza sul piano informativo.

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