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PMI e digitale: in Italia una su dieci è senza computer

Un’indagine CNA fotografa lo stato di adozione degli strumenti ICT e la diffusione della cultura del web: se le grandi aziende sono più sensibili al tema, le micro imprese sono ancora ai blocchi di partenza. «È necessario che il Governo realizzi un piano straordinario per colmare il gap delle imprese italiane», sottolinea Sergio Silvestrini, Segretario Generale della Confederazione

Pubblicato il 10 Ago 2015

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Può sembrare quasi anacronistico ma ancora oggi in Italia una PMI su dieci non è dotata di computer, una su cinque è priva di portatili e più della metà di esse non utilizza tablet. Sebbene l’utilizzo dello smartphone sia più diffuso interessa appena il 20%. Cionostante quasi il 95% delle piccole e medie aziende del nostro Paese reputa internet uno strumento di lavoro imprescindibile.

A rilevarlo è un’indagine della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa (Cna) condotta su un campione di 3.056 imprese, di cui l’85,3% ha 10 addetti, il 52,9% appartiene all’industria in senso stretto (25,7% manifattura e 27,2% edilizia – costruzioni e impiantistica), il 4,1% al settore dei trasporti e il restante 43% ai settori dei servizi (30,6% per la persona e 12,4% per le imprese).

Dalla ricerca è emerso che la dimensione aziendale influisce sul livello di utilizzo delle tecnologie di nuova generazione. Infatti, le aziende più grandi (con oltre 20 dipendenti) si dimostrano più attente al tema della digitalizzazione: ben il 98% di esse possiede un sito web. Questa percentuale si riduce di pari passo con la dimensione: si va dall’87% delle aziende con 10-20 dipendenti al 61% delle aziende fino a 9 addetti. Inoltre, le imprese manifatturiere con più di 20 addetti nel 44,4% dei casi utilizza strumenti digitali, mentre per le micro questo vale solo per il 26,2%.

La classe dimensionale, invece, sembrerebbe non influire sul commercio elettronico: ad essere attivo in questo segmento di mercato è infatti il 26,5% delle imprese del campione con differenze poco significative in base al numero di addetti. L’elemento strutturale è determinante quando si prendono in considerazione le aziende che operano come acquirenti o come venditori: infatti se da un lato le imprese che comprano online sono circa il 25% in tutte le classi dimensionali, nel caso delle vendite, ad aver colto l’opportunità di operare online è il 12% circa delle micro-imprese contro il 21% circa delle imprese con più di 20 addetti.

Un aspetto interessante analizzato dalla CNA è relativo alla cosiddetta “fabbricazione digitale”, che prevede l’utilizzo di strumenti di prototipazione, stampanti 3D, fresatrici e agliatrici laser. In questo ambito una quota significativa di micro-imprese manifatturiere utilizza gli strumenti digitali (26,2%), anche se è ancora lontana dal 44,4% delle imprese con più di 20 addetti. Nelle micro-imprese il dato è più basso e scende sotto il 15%.

Quali sono gli ostacoli sulla strada della digitalizzazione delle PMI?

Il maggiore vincolo per le piccole e medie imprese italiane è di natura finanziaria. Il punto dolente sono infatti i costi che spesso queste aziende, soprattutto le micro, non riescono a sostenere, come ad esempio quelli relativi al personale che si occupa della gestione del sito, ai consulenti esterni specializzati in ICT o ai corsi di aggiornamento e formazione. A darne conferma il dato rilevato dalla Cna che mostra come appena il 16% delle aziende con meno di 10 addetti ha svolto formazione in merito alle tecnologie ICT nell’ultimo anno, contro il 41% di quelle con più di 20 addetti. Magra consolazione quindi è il fatto che un’impresa su 5 abbia frequentato un fablab o un makerspace come luogo di confronto, approfondimento, progettazione e prototipazione. Per quanto riguarda, infine, il supporto di consulenti esterni ad avvalersene è solo il 35,4% delle aziende.

Ma i motivi finanziari non sono i soli. L’indagine ha messo in evidenza come a concorrere alla scarsa digitalizzazione delle PMI sia anche la Pubblica Amministrazione, rea di avere un livello di informatizzazione del tutto inadeguato rispetto alle necessità delle imprese, soprattutto rispetto alle pratiche burocratiche da effettuare online. A puntare il dito è, in particolare, il 53% del campione con meno di 10 dipendenti: in media, solo una micro-impresa su tre riesce a sbrigare più della metà delle pratiche per via telematica.

Proprio per questo secondo la Cna è necessario sensibilizzare gli organismi centrali, auspicando la costruzione e la realizzazione di un da parte del Governo di un piano straordinario per la digitalizzazione della micro e piccola impresa italiana. «Questa è l’unica soluzione – sottolinea Sergio Silvestrini, Segretario Generale della Confederazione – per incrementare i livelli di produttività e meglio posizionarci nei confronti dei competitor stranieri. Questo piano deve avere un tempo di realizzazione brevissimo per accelerare il più possibile il processo di digitalizzazione e colmare il gap digitale delle imprese italiane».

E il Cna propone una serie di interventi da attuare da qui ai prossimi due anni: «Il governo si deve impegnare per consentire alle micro-piccole imprese di avere un sito web, di essere attive nel commercio estero e di utilizzare, almeno un volta, strumenti di fabbricazione digitale – conclude Silvestrini -. L’obiettivo è passare rispettivamente dal 65% al 100%, dal 27% al 50% e dal 26% al 50%. Infine, sarebbe importante che le micro-piccole imprese svolgessero almeno la metà degli adempimenti burocratici via web, passando nel giro di due anni dal 24% al 50%».

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