digitalizzazione della PA

Nuovo Codice Appalti: «PMI e settore digitale sfavoriti dai requisiti spropositati»

Il parere di Assintel sulla imminente normativa che rivoluziona gare, lavori e servizi per la PA. «Positivo per la semplificazione e il graduale passaggio a procedure tutte digitali, ma i requisiti di fatto favoriscono le multinazionali: non ha senso per esempio chiedere gli investimenti in sicurezza del lavoro a una piccola impresa ICT»

Pubblicato il 31 Mar 2016

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Nuovo Codice Appalti approvato con riserva, perché penalizza i piccoli e medi fornitori e non tiene abbastanza conto delle peculiarità del settore ICT. Questo il parere di Assintel, l’associazione nazionale delle imprese dell’Information e Communication Technology, che insieme a Confcommercio ha seguito l’iter di approvazione della normativa, proponendo appunto una serie di emendamenti per valorizzare anche le micro e piccole imprese e le specificità del settore che rappresenta. «Alcuni di questi sono stati recepiti nel nuovo Codice, mentre altri non sono stati inseriti: un peccato, perché spesso buone idee sfumano per la mancanza di coraggio nell’adottare visioni pienamente innovative», commenta Assintel.

Come noto il nuovo Codice dei Contratti di Concessione e degli Appalti Pubblici modifica profondamente la normativa esistente, e nasce per recepire tre direttive comunitarie. Gli obiettivi in estrema sintesi sono di semplificazione del corpus legislativo, aumento di trasparenza, controllo e tracciabilità delle gare e dei lavori, lotta alla corruzione, e disincentivazione del criterio di scelta basato sul solo ribasso dei costi. Ha avuto nei giorni scorsi il primo via libera del Governo, e concluderà l’iter di valutazione parlamentare e promulgazione entro il 18 aprile, quando entrerà in vigore. «Si tratta di una grande occasione per semplificare e digitalizzare i processi d’acquisto della Pubblica Amministrazione, dando una sferzata di innovazione e trasparenza a un meccanismo spesso farraginoso e dispendioso», commenta Assintel, il cui bilancio per ora è appunto “positivo con riserva”.

Positivo per la semplificazione normativa (217 articoli invece dei 660 del vecchio codice), il rafforzamento del ruolo di Governance dell’ANAC, l’istituzione della Cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

E, almeno sulla carta, anche per il maggior peso attribuito alla qualità del progetto oggetto dell’appalto, che coniuga l’aspetto economico con quello della qualità tecnica e dei tempi certi. «E infine positivo per il graduale passaggio a procedure interamente gestite in maniera digitale, con conseguente riduzione degli oneri amministrativi e aumento della trasparenza».

«Digitalizzare una banca dati non è come costruire una galleria»

Ma come accennato ci sono anche delle critiche, espresse direttamente dal Presidente di Assintel Giorgio Rapari: «L’ICT non viene valorizzato come settore con peculiarità specifiche, ma è assimilato agli altri settori economici tradizionali. Vengono chieste garanzie spropositate per la natura del servizio e del rischio connesso, come se digitalizzare una banca dati per esempio fosse simile a costruire una galleria. Chiediamo che le garanzie vengano rese proporzionali, in modo da permettere l’accesso alle gare anche alle PMI, che ora de facto ne sono escluse a vantaggio di poche multinazionali, che poi sono costrette a subappaltare alle stesse PMI innescando il meccanismo perverso del downpricing delle tariffe».

Anche le tempistiche di assegnazione sono un fattore critico che va sistemato: «I servizi ICT sono per definizione a rischio obsolescenza, tanto che spesso si rischia di implementare un servizio ormai vecchio acquistato mesi o addirittura anni prima al prezzo di un servizio all’avanguardia».

Ma penalizza le PMI anche l’obbligo di esplicitare nelle proprie offerte i costi connessi alla sicurezza, cosa che – sottolinea Rapari – non considera il fatto che

le PMI digitali hanno spesso attività meramente intellettuali, per cui parlare di investimenti in sicurezza del lavoro non ha senso rispetto ad un’industria manifatturiera. Altra criticità è il ruolo previsto per l’Agenzia per l’Italia digitale: pur essendo l‘Istituzione di riferimento per l’ICT nella PA, è in questo Codice quasi unicamente consultativo.

«Inoltre vedo forti criticità legate alle tempistiche di attuazione: è previsto ben un anno dalla data di entrata in vigore del codice per la definizione delle modalità di digitalizzazione delle procedure di tutti i contratti pubblici. E più in generale, su molti aspetti il nuovo codice tende a rinviare da 6 mesi a un anno una serie di decisioni (per esempio la definizione dei requisiti di qualificazione di direttori tecnici ed esecutori dei lavori, i decreti attuativi vari, eccetera), con conseguente congelamento di molte delle attività previste nel contesto dei bandi di gara».

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