L’Italia è la patria della micro impresa: sono numerose le
aziende- anche se in diminuzione, per via della crisi- e sono
molto piccole.
È uno dei dati che emerge dalla quarta edizione di “Noi
Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui
viviamo”, un progetto dell’Istat (http://noi-italia.istat.it), che
rappresenta un quadro di diversi aspetti economici, sociali,
demografici e ambientali.
Il dato sulle imprese è aggiornato al 2009: ce ne sono circa 64
ogni mille abitanti, un valore nettamente superiore alla media
europea.
Di conseguenza, è ai massimi livelli europei il tasso di
imprenditorialità (il rapporto tra numero di lavoratori
indipendenti e totale dei lavoratori delle imprese): 32 per
cento. Aziende piccole, quindi, in prevalenza: in media, le
nostre hanno quattro addetti.
Questo valore ci colloca, al pari con il Portogallo, al penultimo
posto nella graduatoria Ue27 per dimensione media di impresa. Nel
Mezzogiorno le imprese sono più piccole, mediamente , e con un
più alto tasso di turn over (nascite e morti).
Nel Nord-ovest predomina la grande industria; nel Nord-est le
piccole e medie imprese industriali; nel Centro le grandi imprese
dei servizi.
Valore aggiunto e IT
Altra brutta notizia: siamo nella fascia bassa della graduatoria
UE anche per competitività delle imprese: 112,5 euro di valore
aggiunto ogni 100 euro di costo del lavoro, per altro in calo tra
nel 2009 rispetto al 2008.
L’alta frammentarietà dell’industria italiana di
fatto incide negativamente sul grado di alfabetizzazione
informatica delle aziende. E ostacola le politiche di
innovazione.
Del resto, nemmeno lo Stato finora ha dato un esempio
sufficientemente forte in questo senso, a sostengo
dell’importanza dell’innovazione: secondo
l’Istat, in Italia la spesa per ricerca e sviluppo incide
per l’1,26% del PIL (anno 2009); valore lontano da quello
dei principali Paesi europei.