intervista

La comunicazione dell’era digitale? Sempre al servizio del marchio

La rivoluzione digitale parte dalle competenze e dal superamento dei sili. Realtà aumentata, schermi tondi, voice recognition e 5G sono la nuova frontiera del marketing, ma sempre nel rispetto del brand. Il COO Italy di Wunderman Thompson, Cesare Malescia, ci ha parlato di digital consolidation e della centralità del data scientist nelle organizzazioni di oggi

Pubblicato il 28 Mag 2019

comunicazione dell'era digitale

Trasformazione digitale e utilizzo dei dati si coniugano con la creatività e la valorizzazione dei brand: per Wunderman Thompson è questa la comunicazione nell’era digitale, dei social e della realtà aumentata. La nuova agenzia nasce dalla fusione delle attività di J. Walter Thompson, storico player del mercato internazionale della pubblicità, con quelle di Wunderman, che ha competenze prettamente digitali. Cesare Malescia, ex direttore del dipartimento digitale di J. Walter Thompson e oggi Chief of operations di Wunderman Thompson Italy, ci spiega come si uniscono “creatività, dati e tecnologia”, il motto con cui si presenta la nuova agenzia.

Che cosa significa digitale per lei?

Innanzitutto, per Wunderman Thompson la tecnologia è un mezzo per un fine. Per me il digitale si divide in due aree, il soft digital, di cui fa parte, per esempio, la comunicazione sui social, e l’hard digital, che si riferisce alle piattaforme tecnologiche. Wunderman Thompson si occupa di entrambe, ma il comune denominatore resta la costruzione del valore del marchio: non a caso, siamo l’agenzia creativa col più alto numero di brand planner. Schermi flessibili, interazione vocale, 5G, applicazioni di realtà aumentata e virtuale hanno un enorme impatto sui brand e la comunicazione nel prossimo futuro, ma per noi va tutto coniugato con l’immagine e le finalità del brand. Questo vuol dire fare comunicazione nell’era digitale.

La fusione con Wunderman esalta comunque il ruolo del digitale e dei dati nella vostra organizzazione…

Sì, mette l’accento sull’analisi dei dati. Ma il nostro gruppo non entra certo oggi nel digitale: abbiamo compiuto un percorso di avvicinamento che è durato dieci anni ed è stato realizzato organicamente. Abbiamo intuito che l’utilizzo delle tecnologie digitali era la direzione in cui andava il mercato e abbiamo gestito la trasformazione, preparando l’ambiente necessario per integrare le nuove attività basate sull’analisi dei dati. Questo si traduce in vantaggio competitivo nella proposta al cliente.

Servono anni per la trasformazione digitale?

Noi abbiamo attuato la trasformazione organicamente; delle acquisizioni solitamente rendono il processo più veloce. Ma la trasformazione organica e graduale, ci ha permesso di costruire la giusta cultura e la mentalità proiettata al digitale è quello che veramente fa la differenza. Ora siamo già alla fase successiva, quella della digital consolidation.

Come si caratterizza questo consolidamento?

Il digitale non è più un fatto isolato. Non è relegato a un dipartimento dove lavorano i nativi digitali, ma permea l’intera organizzazione e le competenze di tutti. Possiamo considerarlo come la corrente elettrica: non ci pensiamo più, è la base per fare tutto e la usiamo tutti. Per noi non ha nemmeno più senso parlare di canali digitali: i canali sono tutti integrati e, il valore della comunicazione e l’esperienza finale, devono rimanere uguali qualunque sia il punto di contatto col brand. In Wunderman Thompson, cultura e processi organizzativi sono già proiettati verso questa nuova fase della digital consolidation. Non abbiamo nemmeno più il Digital Officer: lo abbiamo trasformato nel Chief of operations, che ha un ruolo trasversale in tutta l’azienda, capace di interfacciarsi con l’organizzazione interna e al tempo stesso curare l’offerta verso l’esterno. E di relazionarsi direttamente col CEO.

Discorso diverso per il Data Scientist. Quanto conta oggi?

Il Data Scientist o Analyst è imprescindibile in un mondo in cui la personalizzazione dei prodotti e servizi è diventato un must per le aziende per essere rilevanti per i loro clienti e per i consumatori. Purtroppo in Italia c’è difficoltà a trovare figure con la giusta formazione in questo ambito, ma il Data Scientist serve in tutte le organizzazioni ed è molto richiesto. Lo stesso vale per l’esperto di customer experience, fondamentale nel mondo multicanale. Ha un’importanza apicale per catturare i trend e risolvere i problemi dell’interfaccia con l’utente.

Le imprese italiane sono pronte per una società dove il digitale è pervasivo come la corrente elettrica?

I nostri clienti stanno compiendo tutti il percorso che li porta a superare i sili interni all’organizzazione e le imprese italiane, che avevano accumulato ritardi su questo cammino, stanno velocemente bruciando le tappe. La spinta al cambiamento arriva dai consumatori: anche per loro il digitale è sempre più pervasivo, li fornisce di nuovi strumenti e li porta a esigere livelli di servizio e di customer experience senza compromessi.

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