Oggi le aziende che investono nella Customer Experience si trovano davanti a una doppia sfida: costruire una relazione coerente su tutti i canali e sfruttare in modo efficace le tecnologie di marketing, spesso eterogenee e frammentate. A complicare il quadro, il ritmo accelerato dell’innovazione spinto dall’Intelligenza Artificiale, che promette maggiore efficienza, ma impone anche nuove scelte strategiche. È quanto è emerso con forza durante una delle tavole rotonde nel corso del convegno “MarTech reloaded: come l’AI sta trasformando le tecnologie per l’Omnichannel Customer Experience”, promosso dal Politecnico di Milano.
Un confronto a più voci che ha coinvolto professionisti e provider tecnologici – tra cui Giuliana Dusi, Chief Marketing Officer di GMDE, Matia Rosa, Regional Sales Manager di Tinext, Elisabetta Sacilotto, Sales Director di Medallia Italia e Michela Zaninello, Account Manager di OMEGA3C – e che ha messo al centro il nodo cruciale: trasformare la promessa dell’omnicanalità in un reale vantaggio competitivo richiede molto più di una buona tecnologia. Serve una cultura dell’integrazione.
Indice degli argomenti
Integrazione e governance: il doppio scoglio della trasformazione
Secondo Michela Zaninello, Account Manager di OMEGA3C, la sfida più diffusa tra le aziende riguarda l’integrazione dei sistemi e la frammentazione dei dati: «Spesso le piattaforme in uso non comunicano tra loro, oppure lo fanno in modo non fluido. Manca una mappatura strategica delle tecnologie presenti e dei gap da colmare». Da qui, la necessità di progettare architetture flessibili, in grado di creare ponti – anche tramite API – tra le varie componenti per favorire l’unificazione e l’attivazione dei dati in tempo reale.
Ma l’ostacolo non è solo tecnico. La vera complessità, sottolinea Zaninello, risiede nella governance: «Allineare marketing, IT e Customer Operations è fondamentale. Serve una visione end-to-end, ownership condivise e tavoli di lavoro interfunzionali che non siano estemporanei, ma integrati nella struttura aziendale».
In questo scenario, l’AI può rappresentare un acceleratore, ma solo se le aziende sono pronte a valorizzare le informazioni già disponibili e ad agire con agilità rispetto ai segnali del mercato. Non basta più raccogliere dati: occorre rendere questi dati attivabili, fruibili da più stakeholder, aggiornati in tempo reale e utilizzabili in modo differenziato a seconda degli obiettivi.
CDP e omnicanalità: il nodo strategico per attivare i dati cliente
Tra le tecnologie strategiche per abilitare una Customer Experience omnicanale, la Customer Data Platform (CDP) rappresenta uno snodo centrale. Ma nonostante le sue potenzialità, l’adozione è ancora limitata, come osserva Matia Rosa, Regional Sales Manager di Tinext: «Non mi stupisce che solo il 35% delle aziende la utilizzi realmente. All’inizio anch’io faticavo a distinguerla dal CRM. Ma la CDP non è una semplice estensione: è il cuore pulsante di ogni strategia data-driven».
Per superare le barriere all’adozione – che vanno ben oltre il budget – Rosa suggerisce quattro best practice. La prima è partire dai KPI: «Capire esattamente quali metriche si vogliono migliorare, che sia la conversione o la retention, è fondamentale». La seconda è iniziare per gradi: non serve integrare tutto subito, ma focalizzarsi su singoli use case e crescere progressivamente. La terza riguarda la costruzione di team trasversali, capaci di far dialogare marketing, IT e operations. Infine, la qualità del dato: «La CDP amplifica ciò che riceve. Senza un’attenta attività di data cleaning, rischia di diventare un megafono per il rumore».
Due i settori in cui Rosa ha visto i maggiori benefici: il retail, dove l’integrazione tra canale fisico e digitale è cruciale, e l’hospitality, con progetti che seguono il cliente dal booking online all’esperienza in loco, fino al post-soggiorno.
PIM e DAM: gestire il contenuto è strategico quanto conoscere il cliente
La Customer Experience non si gioca solo sul terreno del dato comportamentale. Come ricorda Giuliana Dusi, Responsabile Marketing di GMDE, anche la gestione coerente e fluida delle informazioni di prodotto è un tassello decisivo. «Le aziende faticano a gestire contenuti duplicati, asset sparsi su file server e fogli Excel, assenza di controllo sulle versioni. Il Product Information Management (PIM) e il Digital Asset Management (DAM) risolvono esattamente questo: creano ordine e coerenza, risparmiando tempo e riducendo gli errori».
Ma le sfide non mancano. La principale? L’integrazione: «Molti sistemi non sono nativamente predisposti per dialogare con l’esterno. Serve un approccio API-first». Inoltre, l’adozione di PIM e DAM è ancora bassa, complice l’illusione che soluzioni “manuali” siano sufficienti, nonostante gli alti costi nascosti in termini di inefficienza.
L’Intelligenza Artificiale come leva per moltiplicare il valore dei dati
L’AI, in particolare nelle sue declinazioni generative e predittive, si rivela oggi un fattore abilitante trasversale. Secondo Dusi, ci sono tre ambiti in cui il suo contributo è già visibile.
Il primo è l’arricchimento automatico dei contenuti: «Da una scheda tecnica posso generare descrizioni marketing, SEO, multilingua. Per chi gestisce migliaia di SKU (Stock Keeping Unit), il risparmio è enorme». Il secondo riguarda la classificazione automatica degli asset digitali nel DAM, grazie al riconoscimento immagini. Il terzo, forse il più strategico, è la personalizzazione dinamica omnicanale, che consente di fornire contenuti pertinenti per ogni persona e touchpoint, sia in B2C che in B2B.
Due esempi concreti lo dimostrano. Il primo è quello di Scame Parre, che ha ridotto da sei a due mesi il tempo di produzione delle descrizioni prodotto, liberando risorse per espandersi in nuovi mercati. Il secondo è il FAI, che ha arricchito un imponente archivio di immagini grazie al tagging automatico, migliorando l’accessibilità dei contenuti per partner, team interni e sistemi conversazionali.
Insight, DXP e agenti AI: verso una Customer Experience predittiva
La raccolta e l’analisi degli insight in tempo reale è un altro ambito in cui l’AI sta portando benefici tangibili. Sempre Matia Rosa ha spiegato come, grazie all’integrazione dell’AI nelle Digital Experience Platform (DXP), sia oggi possibile passare dal marketing di target al marketing di contesto: «Osservando cosa il cliente fa in tempo reale, si possono proporre contenuti iperpersonalizzati. Non solo più segmentazione, ma conversazioni pertinenti, costruite mentre l’utente naviga».
Una sfida che in passato era frenata dalla difficoltà di produrre contenuti su larga scala. Ma l’AI Generativa consente oggi anche alle aziende meno strutturate di moltiplicare le varianti creative, aprendo le porte a esperienze veramente personalizzate.
I chatbot, a loro volta, si sono evoluti in veri agenti intelligenti: venditori, assistenti, guide. Il loro ruolo non è solo operativo, ma anche strategico, perché ogni conversazione diventa una miniera di insight: «Nel nostro lavoro con un cliente del settore assicurativo, l’AI ha aiutato l’utente a orientarsi nella scelta di prodotti complessi, raccogliendo allo stesso tempo dati preziosi per affinare le proposte future».
Voice of Customer e fidelizzazione: la CX come asset misurabile
Il contributo dell’AI alla Customer Experience non si esaurisce nella fase di engagement. Anche l’ascolto sistematico del cliente e la capacità di agire sui feedback in tempo reale sono oggi potenziati dalle tecnologie intelligenti. Lo ha spiegato Elisabetta Sacilotto, Sales Director di Medallia: «Le piattaforme di Voice of Customer si arricchiscono con strumenti di AI capaci di analizzare il sentiment, suggerire azioni, automatizzare risposte o percorsi di caring. E tutto questo si traduce in una maggiore efficacia, ma anche in un miglioramento dell’efficienza operativa».
L’AI, infatti, consente di generare insight utili per tutte le funzioni aziendali, alimentare programmi di coaching personalizzati per gli agenti e, soprattutto, di creare una relazione più duratura e rilevante con il cliente, agendo sul Customer Lifetime Value.