Innovazione digitale nel retail italiano in lenta accelerazione. Il 91% dei top retailer nel 2017 ha investito in soluzioni a supporto della customer experience sul punto vendita nel seguente ordine: al primo posto chioschi, totem e touchpoint (30%), seguiti da modalità di pagamento innovative (23%), digital signage e vetrine intelligenti (19%) e, infine, sistemi per accettazione couponing e loyalty (14%). A livello di back-end nel corso del 2016 si è continuato ad efficientare i processi interni come CRM (16%), Demand, Inventory e Distribution Planning e sistemi ERP (12%), tracciabilità RFID (10%) e soluzioni per l’automazione del magazzino (9%).
L’eCommerce in Italia pesa ancora in modo ridotto: si parla di un 4% (in Usa è il 13%). I negozi fisici stanno capendo che le Dot Com possono non essere antagonisti ma canali di servizio alternativi e complementari, trasformandosi in una preziosa opportunità di ingaggio e di offerta per qualsiasi tipo di business. A bloccare gli investimenti, in realtà, sono le prospettive di ritorno poco certe, i costi elevati, la mancanza di competenze interne adeguate e la scarsa conoscenza delle innovazioni digitali presenti sul mercato.
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Sono questi, in estrema sintesi, alcuni dei numeri più significativi presentati nell’edizione 2017 della ricerca condotta dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano.
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Innovazione digitale nel Retail italiano
![Valentina Pontiggia, Direttore dell'Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano](https://d2sr9p9v571tfz.cloudfront.net/upload/images/11_2016/valentina-pontiggia-direttore-161123155236.jpg)
“In un contesto internazionale di domanda complessivamente stagnante – ha spiegato Valentina Pontiggia, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano – e di incertezza sulle prospettive di ripresa internazionale, nonché di crescita dell’e-commerce trainata dai pure player internazionali e di emergenza di modelli di business very low cost, il futuro delle imprese tradizionali operanti nel Retail del nostro Paese appare legato alla loro capacità di individuare con chiarezza target e strategie, muovendosi allo stesso tempo sul piano dell’efficienza e su quella della bontà del servizio offerto al cliente consumatore. Sono sostanzialmente gli stessi problemi che stanno affrontando i retail tradizionali di tutte le economie avanzate, con la differenza che la distribuzione italiana è caratterizzata da una elevatissima frammentazione e da realtà per la maggior parte piccole o piccolissime”.
Il Retail 4.0 rimane ancora un concetto più che un ipotesi di progetto. I casi studiati raccontano una miscellanea di Proof of Concept, idee e sperimentazioni misurate con indicatori diversi a seconda della tipologia di prodotti venduti ma anche della geografia.
Se la matrice della distribuzione italiana è di essere fondamentalmente una serie di microimprese è vero anche che i negozianti grandi e piccoli sono consapevoli di quanto siano cambiati i consumatori, su quello che cercano e su quello che vogliono e non vogliono (ad esempio fare la fila in cassa). La competizione, dunque, non si gioca più solo sui prezzi e sui prodotti ma su un concetto più ampio di esperienza declinato su diversi touch point fisici e digitali.
Il 92% dei medio-piccoli retailer ha investito soprattutto nell’ottica di migliorare la customer experience in the store. 8 su 10 hanno installato sistemi di cassa evoluti e Mobile POS, 7 su 10 pubblicizzano la propria attività commerciale tramite un canale innovativo (sistemi di pubblicità via web, email, Sms o Social Network), 2 su 10 hanno attivato sistemi promozionali via Sms o coupon digitali, 2 su 10 hanno adottato sistemi di sales force automation e 2 su 10 ha attivato sistemi di loyalty (tramite carta dotata di banda magnetica o codice a barre).
L’83% degli intervistati ha sviluppato anche almeno un’innovazione digitale nei processi di back-end. 8 rispondenti su 10 adottano sistemi di comunicazione con i fornitori tramite email o sistemi web, 3 su 10 emettono fatture e bolle elettroniche e 3 su 10 utilizzano sistemi gestionali per il demand planning e distribution planning basati su supporti elettronici.
Convergenza tra punto vendita tradizionale e Dot Com
L’impatto del fattore e-commerce e della smartphone experience degli shopper sta favorendo una comprensione più ampia rispetto alle nuove opportunità di servizio: lo sviluppo dell’approccio omnicanale, infatti, è considerato prioritario dei top retailer italiani. Il punto di partenza è ragionare su come sfruttare l’interazione digitale per ottenere più informazioni ed erogare più servizi (oltre che prodotti). Secondo i ricercatori dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail, la quasi totalità dei primi 300 retailer tradizionali per fatturato operanti in Italia utilizza i canali digitali per supportare le fasi di pre-sale o post-sale o per abilitare la vendita. Più precisamente, il 95% dei retailer (era l’88% nel 2016) è presente sia online sia su mobile, mentre il 4% è presente solo online (era il 10% nel 2016). Per quanto riguarda l’online, il 31% dei top retailer (era il 35% nel 2016) ha sviluppato un sito istituzionale per supportare il pre e post-vendita e il 68% (era il 64% nel 2016) ha un sito eCommerce.
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In merito al Mobile, il 31% del campione (era il 24% nel 2016) ha un’iniziativa, App o Mobile site, per offrire funzionalità nel pre e post-vendita e il 64% (era il 55% nel 2016) ha un’iniziativa di Mobile Commerce. Le differenze tra comparti merceologici sono significative: mentre nell’Editoria, nell’Informatica ed elettronica e nell’Abbigliamento oltre l’80% delle iniziative utilizza i canali digitali per vendere, nell’Alimentare solo il 30% dei top retailer è attivo con un sito eCommerce.
La percezione degli analisti è che il mondo del commercio al dettaglio sia di fronte a un momento di forte discontinuità dove le strategie di imprese tradizionali e Dot Com convergono sempre più.
La nuova sfida? Capire e governare l’innovazione
Il negozio come punto di contatto consente di giocare sul fattore tempo, reinterpretato attraverso formule di ingaggio diversificate: corsi di cucina, laboratori di trucco e cosmetica, spettacoli musciali, caffetterie dotate di Wi-fi ed estensione degli orari d’apertura 24 ore al giorno e 7 giorni su 7. Molta attenzione è rivolta alle innovazioni digitali capaci di rendere l’esperienza in negozio sempre più emozionante come, ad esempio, l’uso della realtà aumentata e virtuale ma anche di postazioni interattive insolite, che mixano gamification a un’infotaiment più spinto come, ad esempio, la prova freddo di un piumino attraverso uno speciale camerino ipercondizionato.
Il problema è che al momento non esiste un modello di riferimento riconosciuto come sicuramente vincente, il che rende più difficile le scelte per chi è determinato a innovare o per chi ha bisogno di avere certezze rispetto agli investimenti da intraprendere. Più chiari gli obiettivi tecnologici associati alla gestione delle attività di magazzino e di inventario, dove logistica e sicurezza procedono in tandem così come è chiaro il valore di un uso evoluto delle analitiche e della Business Intelligence.
La difficoltà è di coniugare tradizione e tecnologia all’interno di strategie che vanno ridisegnate tenendo conto di diversi aspetti gestionali, dalla possibilità di mappare e tracciare non solo i flussi delle merci ma anche i comportamenti di acquisto, alle abilità di rilasciare applicazioni e servizi in modalità continua e integrata, coordinando i diversi touch point della relazione e del business. Tutto questo richiede diverse competenze e diverse capacità in termini di risorse umane e materiali.
“Curiosità e apertura culturale al cambiamento non si riflettono ancora in un livello di investimento appropriato – ha concluso Pontiggia -: solo il 42% dei grandi retailer considera l’innovazione un fattore critico di successo l’adozione delle tecnologie digitali e presenta una chiara e ben definita strategia digitale. Il 46% denuncia l’assenza di un disegno strategico di innovazione (il 44% lo sta però definendo) o la presenza di un Top Management che sottovaluta il potenziale del digitale e perciò non vuole essere coinvolto in tali decisioni (12%). Un quadro non roseo, ma che speriamo possa cambiare soprattutto grazie all’integrazione nel vertice aziendale di figure orientate all’innovazione”.
In generale, la spesa in digitale dei top retailer rimane inadeguata: pur registrando una crescita interessante, passando dal 18% del totale degli investimenti annuali nel 2016 al 20% nel 2017, fa registrare un valore ancora inferiore a un punto percentuale del fatturato.