Interviste

CFO, l’evoluzione della specie: da “data cruncher” a motore del cambiamento

Il Chief Financial è il manager con la più ampia visione di business e tecnologie: lo dimostra per esempio il suo ruolo nelle “due diligence”, spiega Vittorio Biassoni, CFO e CIO di Doppel Farmaceutici. «Abbiamo tempi compressi e dobbiamo sempre sapere cosa sta succedendo: il digitale deve darci velocità e visibilità»

Pubblicato il 01 Feb 2017

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«Ho una lunga esperienza. Ho iniziato come controller, poi mi sono specializzato in amministrazione, bilancio e fisco, fino a diventare CFO. Ho sempre lavorato nel settore farmaceutico tranne una breve parentesi in Sisal, ho visto una continua evoluzione del ruolo del Chief Financial Officer negli ultimi decenni: da “capo contabile”, “data cruncher”, certificatore dei dati contabili, oggi ha un ruolo molto strategico. Ha perso un po’ di “technicalities” e deve capire molto più di business. Prima analizzavamo i dati e li consegnavamo, oggi li analizziamo insieme agli altri manager responsabili di business line e all’Amministratore Delegato, partecipando direttamente al processo di decisione strategica».

L’intervento di Vittorio Biassoni, Chief Financial Officer e CIO di Doppel Farmaceutici, ha riscosso grande interesse al convegno “Finance 4.0 – Come trasformare le sfide in opportunità” organizzato da CapGemini e SAP all’Università Cattolica di Milano, ed è un’altra conferma “dal campo” dell’evoluzione del ruolo del CFO nell’era digitale, certificata sia dalle analisi dei principali osservatori internazionali dell’area Finance aziendale, sia da altre testimonianze di CFO italiani.

A margine del convegno, abbiamo approfondito con Biassoni questi temi e il loro impatto sulla quotidianltà del suo lavoro. In carriera Vittorio Biassoni è stato Finance e Administration Director in Schwarz Farma e Gruppo Formenti-Grunenthal, e Controller in Ciba-Geigy, Plasmon e Sisal, Dal 2013 è in Doppel, azienda nata nel 1995 dall’imprenditoria privata come spinoff di una multinazionale farmaceutica, e un anno fa acquisita da un fondo inglese, che ha dato il via a una “seconda fase” della storia dell’azienda. Inoltre è vicepresidente Andaf (Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari) per la Lombardia.

Può raccontare qualche dettaglio sulla azienda per cui lavora?

Doppel produce farmaceutici per conto terzi: siamo ciò che si definisce una CDMO (Contract Development and Manufacturing Organization). Abbiamo 100 clienti, tra cui grandi multinazionali come Bayer, Sanofi, Pfizer, Glaxo, a cui offriamo un full service fino al confezionamento, ma esclusa la distribuzione. Produciamo quasi 100 milioni di unità all’anno in due stabilimenti, a Rozzano (Milano) e Cortemaggiore (Piacenza), con fatturato intorno a 85 milioni di euro e circa 500 persone, in gran parte in produzione: la funzione Finance ne comprende sette.

Come si evidenzia l’evoluzione del ruolo del CFO in questo contesto?

Una prova è il ruolo che ho avuto in questa acquisizione. Durante la “due diligence” sono stato interpellato da tutti gli specialisti mandati dall’acquirente: dai legali agli ingegneri dell’ambiente, della produzione e della qualità, oltre ovviamente alla parte Finance. Ma è una situazione generale: oggi un compratore si rivolge al CFO dell’azienda che sta valutando perché è quello che ha la più ampia visione d’insieme, e che conosce più profondamente il business. Il CFO è un protagonista chiave del cambiamento aziendale, in un certo senso ne è il motore, perché vede l’investimento sia dal punto di vista finanziario, sia da quello del business. Se mi chiedono di finanziare una nuova linea di produzione, devo capire perché serve. Se una linea ha problemi di rendimenti e rischia di creare una criticità con un cliente, devo poter capire cosa succede in stabilimento.

Come vede l’evoluzione del rapporto tra CFO e CIO?

L’IT nasce storicamente nella direzione amministrativa, con compiti per la maggior parte di elaborazione dati. Poi si evolve ed esce dalla direzione amministrativa, ma oggi lo vedo di nuovo insieme al CFO, che come ho detto ha un ruolo molto più strategico, focalizzato su tutti i fattori critici di successo dell’azienda: è assolutamente cruciale che abbia nella propria sfera d’azione il motore delle tecnologie. Il CFO può guidare nel modo migliore il contributo del CIO, che si è un po’ impoverito rispetto al momento d’oro in cui aveva il “potere assoluto dei dati”, e oggi non è in grado secondo me di interpretare la complessità crescente del business.

È per questo che lei ricopre anche la carica di CIO in Doppel?

L’azienda ha scelto di avere un IT manager, e non un CIO, perché ritiene che il CFO debba sapere di tecnologia. Senza esagerare ovviamente: in passato ho anche cercato di scrivere codice, e questo è eccessivo. Però uno nel mio ruolo deve saper capire di tecnologia, oltre che di business. L’IT manager ha un ambito soprattutto operativo, nell’implementazione, e segue la parte più tecnica delle tecnologie, quella della manutenzione, del networking.

Quale supporto possono dare le tecnologie digitali al suo lavoro?

Hanno grande utilità e grandissime potenzialità, sia per il modello di business di Doppel che per me come CFO in particolare. Doppel è una società terzista, e i terzisti devono saper fare le cose molto bene, con alti livelli di qualità e in tempi veloci. Ma devono anche saper cambiare, e quindi capire, e rispondere, in tempi rapidi. Gli ordini dei nostri clienti non superano i 90 giorni come tempi di consegna. Sono tempi molto compressi, dobbiamo avere sempre la visibilità di ciò che succede. Non possiamo trovarci con le linee vuote perché all’improvviso realizziamo che non abbiamo ordini. La tecnologia ci deve supportare in tutto questo, nel senso che deve darci questa visibilità e deve permetterci di essere così veloci.

E questo si riflette anche sull’area Finance e sul CFO. Sono disposto a rinunciare a un pochino di analiticità, a favore di una maggior tempestività. Devo poter rispondere velocemente se mi chiedono quale costo ha un certo stabilimento, quanto rende un certo cliente, quanto rende la ricerca, o un prodotto. I conti economici prima erano semestrali, ma in vista dell’acquisizione siamo passati a una base mensile: questo è stato cruciale durante la due diligence. Siamo arrivati a mettere a punto un sistema di balanced scorecard. Contrariamente alle convinzioni di molti, si può fare anche per una media azienda. Un adeguato sistema di dashboarding direzionale supporta il nuovo ruolo del CFO, ma è importante anche definire un modello di controllo che consenta una tempestiva e corretta presa di decisioni. Il controllo non è una cosa del Finance, è una cosa che riguarda tutta l’azienda.

A proposito di visibilità, quali sono le tecnologie più utili secondo il suo punto di vista?

Proprio per arrivare a una visione globale di tutti i processi abbiamo scelto di adottare un sistema ERP potenziato con tecnologia in-memory. Io vengo da un ERP transazionale classico, e posso dire che questo è un vero cambio di marcia. Già a fine anni ‘90 avevamo la business intelligence, ma oggi è alta tecnologia, molto più solida. Un potente motore di “consegna” dell’informazione in tempo reale. Le scorecard sono pur sempre degli indicatori. Occorre capire cosa li determina, e velocemente. Prendiamo l’andamento delle rese di una linea di produzione. Se questo indice inizia ad andare male, scoprirlo dopo un mese non serve a niente: da un lato abbiamo avuto linee inefficienti, dall’altro non abbiamo consegnato al cliente nei tempi previsti.

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