Nuove competenze

Studi professionali, le PMI chiedono supporto per crescere e digitalizzarsi

I professionisti sono ancora molto concentrati su servizi tradizionali e adempimenti indispensabili, mentre le aziende sentono la necessità di avere al fianco interlocutori capaci di fornire pareri, strumenti e informazioni a sostegno delle decisioni sul proprio sviluppo. L’analisi dell’Osservatorio ICT & Professionisti del Politecnico di Milano

Pubblicato il 04 Mag 2015

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Con la diffusione delle tecnologie digitali emerge un nuovo profilo del Professionista, cambia la percezione della sua figura. Oltre alla pura specializzazione tecnico-normativa, oggi il tessuto di micro e piccole imprese, che carratterizza il nostro Paese, avrebbe difficoltà gestionali se non ricorresse sistematicamente al supporto degli studi professionali, spostando la visione da “verticale” a “orizzontale”. È, quindi, necessario esaltarne il “sapere gestionale”, perché da lì si innesca il processo di “contaminazione” verso la piccola imprenditoria. L’hanno capito per primi i clienti, che chiedono ai professionisti più impulso allo sviluppo aziendale.

A porsi l’obiettivo di dare un significativo contributo nell’inquadrare la rinnovata percerzione delle professioni è stata la seconda edizione dell’Osservatorio ICT & Professionisti della School of Management del Politecnico di Milano, che ha coinvolto con una survey un campione di 376 micro imprese e PMI, per cogliere i cambiamenti in atto e conoscere la loro opinione sui professionisti utilizzati.

Se da un lato le imprese sono soddisfatte delle prestazioni degli studi studio per i servizi ricevuti (81%), dall’altro però non si sentono adeguatamente supportate (48%), in particolare rispetto all’esigenza di ricevere “maggiori consigli per lo sviluppo aziendale” (41%) e di avere “informazioni sull’andamento aziendale in anticipo” rispetto al manifestarsi di eventi come i pagamenti e l’andamento della gestione economico-finanziaria (34%). In termini di servizi su cui vorrebbero contare gli imprenditori, emergono il controllo di gestione (63%), la consulenza finanziaria (61%), la conformità normativa sui processi aziendali (60%), la consulenza economica (58%) e la consulenza e formazione tecnica (58%). Una chiara differenza rispetto all’offerta dei professionisti.

E in effetti lo scollamento tra offerta “law driven”di cui avevamo parlato in un altro articolo e domanda “market oriented” si fa sentire, anche se le imprese nel 47% dei casi sono disposte a investire per rendere più informatizzata la relazione con i professionisti.

«Per i professionisti la cura della relazione e la capacità propositiva diventano una carta vincente per migliorare la qualità percepita da parte dei clienti – spiega Claudio Rorato, il Responsabile della ricerca dell’Osservatorio – e tra queste leve c’è anche quella tecnologica, auspicata per rendere più efficiente la gestione della relazione professionale. Se i professionisti appaiono ancora molto concentrati sui servizi tradizionali, sugli adempimenti indispensabili, le aziende clienti invece li considerano dovuti e sentono la necessità di avere al fianco professionisti in grado di sostenerle con pareri, strumenti, informazioni che le aiutino a decidere».

Da tutto ciò emerge come sia in atto un progressivo cambiamento volto a integrare l’offerta agli occhi del cliente e migliorare l’efficienza interna. A questo livello giocano un ruolo di primo piano le tecnologie digitali, sia per l’impulso che deriva dalla normativa – ad esempio l’obbligo di fatturazione elettronica verso la PA e il processo civile telematico – sia per il processo culturale di alfabetizzazione digitale che lentamente si sta mettendo in moto, soprattutto in termini di porre le basi per un vantaggio competitivo duraturo nel tempo.

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