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Internet of Things, il presente e il futuro delle tecnologie

Secondo la recente analisi Visual Networking Index Forecast ( 2011 – 2016) di Cisco, il traffico Internet salirà nel 2016 a 1,3 zettabyte (cioè 1.300…

Pubblicato il 07 Giu 2012

Secondo la recente analisi Visual Networking Index Forecast (
2011 – 2016) di Cisco, il traffico Internet salirà nel
2016 a 1,3 zettabyte (cioè 1.300 miliardi di GB), una cifra
impressionante.

E una spinta significativa arriverà dagli oggetti
“intelligenti” che potranno collegarsi alla Rete e
dalle connessioni M2M
(Machine-to-Machine).

Ma come funziona l’architettura di rete dell’Internet
of Things? Quali sono le tecnologie che ci stanno dietro?

Architettura di rete a 3 livelli

Gli analisi dell’Osservatorio Internet of Things del
Politecnico di Milano individuano un’architettura di rete a
3 livelli:

• Interfaccia con il mondo fisico. A questo livello troviamo
i nodi sensore (tag o unità sensoriali) che interagiscono con
l’ambiente fornendo un codice identificativo, acquisendo
informazioni o comandando un attuatore. Questi nodi sono
sprovvisti di alimentazione (tag passivi) o alimentati da
batteria (unità sensoriali e attuatori) e sono generalmente
caratterizzati da una ridotta capacità di elaborazione e
memoria. Sono inoltre dotati di meccanismi di comunicazione
(wired o wireless) per comunicare con le unità del secondo
livello.

• Mediazione. Questo è il secondo livello di cui fanno
parte i lettori di tag RfiD e i gateway. Il loro compito è di
raccogliere le informazioni dai nodi di primo livello per
veicolarle ai centri di controllo (terzolivello). Di conseguenza
sono dotati di una maggiore capacità di elaborazione e memoria.

• Centro di controllo. Al terzo livello troviamo i sistemi
di acquisizione centrale e le sale operative. Il compito dei
centri di controllo è di ricevere le informazioni dalle unità
di secondo livello per le successive fasi di memorizzazione,
elaborazione e la messa in fruibilità dei dati.

Il problema degli standard

Al contrario dei tag e dei lettori RfiD, dove l’offerta
tecnologica è consolidata, i nodi sensore e i gateway non
rispettano ancora degli standard né in termini di hardware (Mica
Motes, Sunspot, Jennic, ecc.), né di software (Tiny OS, SOS,
Mantis, Contiki, FreeRTOS e via dicendo), né di middleware (Tiny
DB, GSN, DNS, SWORD, eccetera).

Decisamente migliore è la situazione al terzo livello dove le
unità si basano su architetture consolidate (server e database).

La mancanza di standardizzazione nelle unità dei primi
due livelli ha portato a un approccio che ottimizza la singola
applicazione
(ad esempio sotto il profilo energetico) a
scapito dell’astrazione dallo specifico problema
applicativo (utile a una più ampia classe di applicazioni).

Di fatto, l’interoperabilità è gestita solo a livello di
dato, attraverso soluzioni con funzioni di gateway.

Questo approccio risulta evidente quando si analizzano i progetti
studiati dall’Osservatorio Internet of Things. Ad esempio,
in ambito Smart Home & Building l’interconnessione fra
le unità di livello 1 e 2 è piuttosto variegata, usando sia
protocolli radio (IEEE 802.15.4, ZWave, Bluetooth, UWB) che
tecnologie cablate (Power Line Communication).

Il punto è che le informazioni acquisite da unità
appartenenti a reti differenti possono essere scambiate e
condivise solo dopo essere state raccolte, eventualmente tradotte
e infine rese disponibili dai rispettivi centri di
controllo
. In questo scenario, spiegano i ricercatori
del Politecnico di Milano, i diversi dispositivi
dell’Internet of Things arrivano raramente a condividere lo
standard di comunicazione e il protocollo applicativo, non
essendo quindi in grado di comunicare e cooperare direttamente.

Le soluzioni

Per spingere ulteriormente un’evoluzione nel modo in cui di
progettano le reti per l’IOT, bisogna passare da un
approccio verticale (progettazione ad-hoc di hardware, software,
comunicazione e applicazione) a un approccio orizzontale
(progettazione di applicazioni sfruttando reti di sensori che
sono interoperabili tra loro a livello di dispositivo).

Il livello di “mediazione” svolto tradizionalmente
dai dispositivi gateway dovrà essere sempre più svolto dagli
oggetti stessi, che richiederanno hardware e software con
maggiore complessità e capacità prestazionale e caratterizzati
quindi da una maggiore efficienza energetica (fondamentale per
garantire la sostenibilità e la qualità del servizio della
futura Internet of Things).

I gruppi promotori per la standardizzazione

L’aspetto chiave sarà quindi la standardizzazione dei
protocolli di comunicazione e applicativi tra i dispositivi. In
questo senso si segnalano i lavori della ZigBee Alliance, per la
definizione e promozione dello standard ZigBee, e della IPSO
Alliance, per la definizione dello standard 6LoWPAN.

La prima raccoglie importanti fornitori di sistemi dedicati, di
moduli radio, di microprocessori/microcontrollori, di
elettrodomestici e di sistemi di domotica, con l’obiettivo
di definire profili applicativi condivisi da tutti i dispositivi
che cooperano alla realizzazione di un determinato servizio.

Obiettivo della 6LoWPAN è di usare sui dispositivi fisici gli
stessi standard di comunicazione dell’Internet classico
IPv6+TCP. Secondo questo approccio le unità fisiche saranno
gestibile e accessibili sulla falsa riga di un server Web.

Esistono già soluzioni ibride in cui l’approccio ZigBee
sfrutta primitive di comunicazione 6LowPAN.

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