Formazione

L’ingegneria gestionale del PoliMi compie 40 anni: storia di successo di una professione che non c’era

Un po’ tecnico e un po’ economista, a suo agio nella complessità, orientato all’innovazione, da sempre ricercato e apprezzato dalle aziende: è l’ingegnere gestionale, figura nata dalla visione lungimirante di un gruppo di docenti del Politecnico di Milano che ha saputo anticipare il futuro del lavoro. Umberto Bertelè, tra i fondatori del corso, ne racconta le origini e l’evoluzione, descritte in una mostra permanente da poco inaugurata

Pubblicato il 11 Gen 2023

ingegneria gestionale

Verso la fine degli Anni 80 il Politecnico di Milano si trovò ad affrontare un’inattesa circostanza: l’esplosione improvvisa delle iscrizioni al corso di laurea in ingegneria gestionale, nato solo pochi anni prima per iniziativa di un lungimirante gruppo di docenti (si chiamava allora “ingegneria delle tecnologie industriali ad indirizzo economico organizzativo”). Un successo superiore alle più rosee previsioni, che l’ateneo affrontò rapidamente reclutando professori, internamente e all’esterno, e organizzando il dipartimento per gestire al meglio il boom di matricole, che per anni studiarono su appunti e dispense, perché la materia era nuova e di libri di testo ufficiali ce n’erano ancora pochi.

Oggi, la figura professionale dell’ingegnere gestionale del PoliMi, profondamente innovativa ai tempi in cui è stata concepita, è universalmente riconosciuta e apprezzata, non solo in Italia ma anche all’estero. Una conferma che quell’intuizione era corretta, e che di questa nuova figura l’economia italiana aveva davvero necessità, per affrontare le sfide dell’innovazione tecnologica e del digitale che sarebbero esplose poco dopo, ma non solo.

“La crescita tumultuosa continuò anche negli anni successivi – racconta Umberto Bertelè, Professore emerito di Strategia (nella foto d’apertura con il rettore Resta), fondatore del corso insieme, tra gli altri, a Francesco Brioschi, Armando Brandolese, Adriano De Maio, Francesco Jovane, Renato Wegner -. La serietà dell’ingegnere unita alla competenza economica creava una nuova figura ibrida che iniziò ad affascinare, anche se i detrattori non mancavano. L’idea era quella di creare un ingegnere dell’innovazione, un manager che unisse la comprensione delle tecnologie e la conoscenza di tematiche organizzative e gestionali. Una figura universitaria con conoscenze che, in passato, richiedevano una laurea in ingegneria e un MBA (Master in Business Administration) in una business school”.

Oggi frequentano il corso più di 2800 studenti del corso triennale e 1800 al Master of Science, di cui il 22% internazionali e il 28% di ragazze (percentuale che sale al 35% alla laurea specialistica).

La riforma universitaria che ha diviso il corso quinquennale in due parti (3+2 anni) ne ha modificato la struttura, con un proliferare di indirizzi. Oggi, inoltre, l’accesso è a numero programmato, con il test all’ingresso e la selezione per regole per la magistrale. Ma non è cambiato l’obiettivo iniziale: formare un professionista adatto a operare nelle situazioni ove “le variabili tecnologiche risultino dinamicamente interconnesse con quelle economiche, ambientali istituzionali e sociali”. Una figura in perfetta sintonia con l’attuale contesto di mercato, volatile, complesso e in costante trasformazione.

Una storia che nasce negli anni 60

Le origini e l’evoluzione del percorso formativo e della ricerca associata a questo ambito di studio sono raccontate in una mostra permanente da poco inaugurata, “Made in Polimi – Storie di Ingegneria Gestionale”, con un percorso espositivo che offre una prospettiva temporale di quasi 60 anni. La mostra, curata nell’allestimento da Lola Ottolini, ne ripercorre le fasi più significative in cinque pannelli multimediali: corso di laurea, dipartimento, osservatori, graduate school.

La cerimonia di inaugurazione di “Made in Polimi – Storie di Ingegneria Gestionale”

In prima fila, partendo da sinistra, Alessandro Perego (direttore Dip. Ing. Gestionale, promotore dell'iniziativa), Lola Ottolini (docente di Architettura degli Interni, progettista dell’allestimento), Armando Brandolese (co-fondatore di Ingegneria Gestionale e membro del gruppo dei curatori), Umberto Bertelè (co-fondatore e coordinatore del gruppo dei curatori), Ferruccio Resta (rettore Politecnico di Milano). In seconda fila Emilio Bartezzaghi e Remigio Ruggeri, storici ordinari di Ing. Gestionale, membri del comitato dei curatori). Nascosto fra Perego e Bartezzaghi vi è infine Federico Bucci, prorettore e delegato alle Politiche Culturali del Politecnico, co-promotore dell’iniziativa).
La storia infatti prende origine nei primi Anni 60, con l’idea di creare sistemi e modelli per l’economia. Tra gli ingegneri elettronici e i sistemisti dell’ateneo milanese nacque infatti un primo gruppo di studiosi che prima si occupò di modelli economici e poi di organizzazione aziendale. D’altro lato, nell’area meccanica si iniziava a studiare la gestione della produzione e dell’impiantistica ad ampio spettro, ampliando l’area di competenza, tipica dell’ingegnere, della progettazione delle fabbriche, per estendersi, appunto, alla gestione. È dall’unione di questi due gruppi e da una serie di circostanze favorevoli che, nell’82, nasce al Politecnico il corso di laurea in ingegneria delle tecnologie industriali ad indirizzo economico organizzativo, a numero chiuso, fino appunto all’apertura a tutte le matricole e al conseguente boom di iscrizioni negli anni successivi, che portò anche al cambio di denominazione.

“Fortunatamente, la figura dell’ingegnere gestionale ha sempre avuto gran successo nel mondo del lavoro. Moltissimi hanno avviato una carriera nelle società di servizi e nella consulenza, maggiore di quanto ci aspettassimo all’inizio”, dice Bertelè.

La Graduate School of Management e gli Osservatori

Il corso di laurea è solo uno dei quattro tasselli che compongono l’ecosistema che si è sviluppato nel tempo intorno all’ingegneria gestionale. Al corso si aggiungono infatti il Dipartimento, gli Osservatori, e la PoliMi Graduate School of Management, (nuovo nome del consorzio MIP), di cui Bertelè è stato presidente 2004 al 2011.

Con la Graduate school il Politecnico ha consolidato negli anni una sinergica collaborazione con le migliori imprese italiane, secondo un modello molto utilizzato all’estero ma osteggiato da tanti in Italia, e che oggi appare una strada obbligata per accelerare l’innovazione nel sistema Paese, a partire proprio dalle nuove competenze che si rendono via via necessarie nel mondo del lavoro. “Una propensione che storicamente al Politecnico era forte, ma che poi nel tempo era andata svanendo – racconta Bertelè -. Abbiamo occupato un vuoto, siamo arrivati a collaborare con una quarantina di imprese”.

Gli MBA e master specialistici offerti dalla Graduate School oggi sono 38 e oltre 150 i programmi corporate. Alla sede di Milano Bovisa si è aggiunta quella dei Navigli, con nuove aule inaugurate nel settembre 2022, oltre a una presenza a Roma e nel Veneto.

Un tassello fondamentale è quello del Dipartimento (DIG), di recente dichiarato dal Ministero Dipartimento d’eccellenza (uno dei 3 del PoliMi e uno dei 180 italiani). Conta oggi 125 docenti, 300 collaboratori alla ricerca e 40 persone in amministrazione. Il suo ruolo nell’ecosistema è quello di promuovere la ricerca interna che è cresciuta nel tempo, in termini di riconoscimento a livello internazionale. Si producono infatti circa 200 articoli scientifici l’anno, pubblicati nelle più accreditate riviste, e vengono organizzati quasi 200 eventi l’anno, con 50mila partecipanti.

Infine, ma non certo per importanza, gli Osservatori Digital Innovation e gli Osservatori Energy & Strategy, due gruppi di ricerca molto affermati nel panorama italiano, in grado di coinvolgere oltre 680 imprese sponsor. Complessivamente oggi sono attivi oltre 60 osservatori e il gruppo di lavoro conta 170 persone, tra responsabili scientifici e staff.

Gli Osservatori Energy & Strategy, fondati da Vittorio Chiesa, Davide Chiaroni e Federico Frattini, studiano da tempo le applicazioni in Italia delle energie rinnovabili e seguono ad ampio spettro le tematiche ambientali .

Gli Osservatori Digital Innovation, fondati nel 99 da Bertelè con Andrea Rangone, sono focalizzati sui temi della trasformazione digitale. Cresciuti grazie al contributo determinante di Mariano Corso, Alessandro Perego e Raffaello Balocco, producono ricerche puntuali e affidabili che rappresentano da anni una bussola per tutti coloro che si occupano di innovazione nel nostro Paese.

“Gli Osservatori hanno un tratto di utilità sociale molto forte – afferma Bertelè, che mantiene il ruolo di chairman – . La divulgazione a largo spettro dei risultati delle ricerche su stampa e tv è fondamentale per creare un volano di conoscenza e cultura dell’innovazione nel Paese. È impressionante vedere che i temi digitali trattati all’inizio del 2000 sono tutti estremamente rilevanti oggi, come l’eCommerce, che fu il primo osservatorio”.

Foto di Matteo Bergamini, © Lab Immagine Design POLIMI 

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