Scenari

Fashion, per essere “fast” e multicanale occorre una supply chain Fit-for-Purpose

L’avvento del mobile e del digitale, l’eCommerce e la domanda dai Paesi emergenti richiedono modelli di business basati su catene di fornitura resistenti per sopportare gli “urti”, agili per rispondere ai cambiamenti improvvisi, flessibili per permettere personalizzazioni, ed efficienti per proteggere i margini. I responsi del report “Fashion Unleashed” di DHL

Pubblicato il 26 Nov 2013

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Ripensare la supply chain per rispondere ai rapidi cambiamenti del mercato e agli imprevedibili comportamenti di acquisto dei consumatori. E’ quanto stanno facendo i big del mondo del fashion secondo “Fashion unleashed”, il report realizzato da Lisa Harrington di lharrington Group per conto di DHL. Internet, le tecnologie digitali, le comunicazioni mobili e la crescente disponibilità di spesa di alcuni Paesi emergenti sono alcuni dei fattori che contribuiscono alla volatilità e alla complessità di un settore sotto pressione sui margini, che assiste alla frammentazione dei canali di vendita, alla crescita della domanda di servizi, e a un sempre più breve ciclo di vita dei prodotti.

A tutto questo bisogna aggiungere i cambiamenti demografici, la rapida crescita dei mercati emergenti e quello della classe media mondiale. Un quadro che descrive un mercato molto competitivo «dove Internet ha alzato la posta in gioco in modo esponenziale. Ora la concorrenza può arrivare da qualsiasi parte del mondo». Il report si basa su un’indagine che ha coinvolto senior executive del settore, e su alcune tavolte rotonde tra manager delle imprese leader mondiali del fashion, Per il 32% degli intervistati i maggiori rischi arrivano dall’erosione dei margini, ma preoccupano molto (15%) gli improvvisi cambiamenti della domanda, e quelli che riguardano il flusso dei prodotti (19%).

Anche i canali di vendita continuano a evolvere. In Cina, per esempio, gli acquisti via Internet all’estero sono ormai molto comuni, e secondo PayPal il valore totale degli acquisti all’estero dei sei principali mercati passerà da 105 miliardi a 307 entro il 2018. Se prima si gestivano separatamente il canale di vendita tradizionale e quello online, oggi si sta tendendo a una gestione unica.

Intanto il business model di Zara si è meritato la qualifica di “big bang disruptor”. Il retailer spagnolo ha disegnato una nuova supply chain che gli permette di impiegare solo quattro settimane dal disegno della collezione fino ai negozi, per un totale di venti collezioni l’anno, contro le sei dei player tradizionali. Il successo dei fast fashion player si basa su prezzi convenienti, una supply chain che recepisce quasi in tempo reale i segnali che arrivano dai negozi, include fornitori e produzione locale, e rimanda “al più tardi” le differenziazioni fra i vari prodotti, accorcia il ciclo dal design al negozio, instillando nei clienti la percezione che quel certo vestito la prossima settimana potrebbe non esserci più.

Il mondo è completamente cambiato e per adattarsi e sopravvivere, è l’analisi del report, rivenditori e produttori devono creare e gestire catene di fornitura “adatte allo scopo” (Fit-for-Purpose). Ciò significa che devono essere in grado di servire i mercati di tutto il mondo con una catena di approvvigionamento abbastanza resistente per sopportare gli “urti”, abbastanza agile per rispondere rapidamente ai cambiamenti improvvisi, abbastanza flessibile da personalizzare prodotti e abbastanza efficiente per proteggere i margini. I benefici di una implementazione di successo del concetto di multicanale/omnichannel, conclude il report, sono noti: aumento del fatturato, riduzione dei costi, maggiore agilità e reattività al mercato, migliore visibilità di inventario in qualsiasi stadio della catena di fornitura, riduzione delle scorte, maggiore disponibilità di prodotto, riduzione del mark-down, maggiore velocità della rotazione dell’inventario e una migliore riconoscibilità del marchio con una migliore esperienza per il cliente.

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